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Reportage: I Campi Flegrei

tempo di lettura: 7 minuti

 

Il nome dei Campi Flegrei deriva dal greco “flègo” , che significa ardo, brucio a causa della forte attività vulcanica che caratterizza  questa vasta area che ancora contiene diversi crateri vulcanici dislocati su molte località nella provincia di Napoli. Nel 2003 quest’area è stata istituita dalla Regione Campania, Parco regionale dei Campi Flegrei e viene considerata ad alto rischio vulcanico e quindi monitorata costantemente dall’Osservatorio Vesuviano. Dal 2005 il suolo si è innalzato di 40 centimetri e dal 2012 il livello di criticità è passato da verde a giallo come zona altamente eruttiva. Le località che fanno parte dei Campi Flegrei sono: Bacoli, Cuma, Monte di Procida, Baia, il Monte Nuovo, Capo Miseno, Pozzuoli, Bagnoli, Fuorigrotta, Pianura, Agnano, Pisani e Soccavo i Camaldoli e Posillipo. In queste zone ci sono importanti segni tangibili di natura vulcanica ma queste stesse città sono ricche di aree archeologiche risalenti all’impero romano (circa 2000 anni fa), di paesaggi di valore naturalistico, di bellissime aree marine protette che nascondono i resti di affascinanti città sommerse del mare nostrum partenopeo ancora ricco di vita.  Come vedremo gli sconvolgimenti dovuti al vulcanesimo con il tempo hanno formato laghi, monti e zone termali ancora utilizzabili grazie ai fenomeni idrotermali nelle città di Baia, di Agnano e di Posillipo.

Golfo di Pozzuoli
Il cuore della continua attività vulcanica è nel Golfo di Pozzuoli. La caldera ha un diametro di 12 km e presenta, nella città di Pozzuoli, tante bocche eruttive dove tutt’ora si possono osservare manifestazioni gassose effusive nella zona della “Solfatara”. Questa caldera è racchiusa tra la collina di Posillipo, quella dei Camaldoli e la città di Quarto che confinano con Pozzuoli.  Il Vulcano Solfatara e’ un’oasi naturalistica che secondo gli antichi racchiudeva il mitico ingresso agli inferi. Esso comprende la Bocca Grande, dove una fumarola sotto forma di nube bianca sprigiona vapori sulfurei ad una temperatura di 160°,  le stufe Antiche, che hanno due ingressi a forma di volte, dette Purgatorio e  Inferno. Queste erano utilizzate come saune naturali e per inalazioni dei vapori sulfurei per la cura delle affezioni respiratorie. Inoltre abbiamo la Fangaia, che viene alimentata da piccole fumarole e da acqua termale che ribolle tra fango naturale alla temperatura di 140°; un area ottima per la cura dei reumatismi. Nell’area dei Campi Flegrei si ricordano due grandi eruzioni, l’Ignimbrite Campana e l’eruzione del Tufo Giallo Napoletano che avvennero rispettivamente 39.000 anni fa e 15.000 anni fa. L’Ignimbrite seppellì gran parte della Campania sotto una coltre di tufi che è ancora possibile vedere su una vasta area delle coste Campane e anche sotto il livello del mare in tutto il golfo di Napoli tra cui Posillipo, San Martino e Capodimonte. La collina di San Martino a Bacoli  è una cupola lavica ricoperta da prodotti piroclastici.  Riguardo l’area sommersa, le zone colpite da questo fenomeno sono il Banco di Pentapalummo ed il Banco di Miseno. Il Tufo Giallo Napoletano ebbe origine da depositi di magma che interessarono sia la vasta zona dei Campi Flegrei fino a spingersi ai rilievi dell’ Appennino. L’eruzione del tufo fu accompagnata dalla formazione di una caldera che terminò con lo sprofondamento di un’area dei Campi Flegrei e della baia di Pozzuoli. Infatti, è possibile visitare il Parco Sommerso del Ninfeo, nella località di Baia, a pochi passi dal porto. Volendo a Punta Epitaffio è visibile, in circa 6 metri d’acqua, un’area costituita da statue, mosaici, marmi e colonne risalenti al I° secolo che comprende  alcune stanze romane dell’imperatore Claudio dove sono state rinvenute molte statue. Esse sono custodite all’interno del Castello Aragonese di Baia. L’ultima eruzione nel Campi Flegrei avvenne nel 1538 con la distruzione del villaggio medievale di Tripergole e la nascita del Monte Nuovo, che si trova nei pressi del Lago Lucrino. Questo monte è un vulcano ancora attivo ma considerato in stato di quiescenza e fa parte di una delle decine di bocche della caldera.

Il Castello Aragonese ospita il museo archeologico dei Campi Flegrei; sui suoi tre piani contiene tutti i resti dei ritrovamenti effettuati nell’area di Cuma, Rione Terra, Baia. Questo castello è stato costruito nel  1495 dagli Aragonesi su due crateri vulcanici chiamati Fondi di Baia, in un’importante posizione strategica costituito da tufo a picco sul mare, dove la vista predomina sul Golfo di Pozzuoli fino a Procida, Ischia e Cuma che consentiva di visionare le flotte nemiche in arrivo.

Il fenomeno del bradisismo ha avuto il suo picco tra gli anni 70 e 80 durante i quali, in particolare gli abitanti della zona di Pozzuoli, furono vittime di un fenomeno di sollevamento del suolo di circa 3.5 metri. La zona visibilmente colpita è il mercato di epoca romana (Macellum) chiamato Tempio di Serapide che è riemerso dal mare ad un’altezza di 3,5 mt. Il bradisismo ha generato nel corso di decenni, innalzamenti e abbassamenti della crosta terreste, infatti il Porto Giulio – Portus Julius, dedicato a Caio Giulio Cesare per volere di Ottaviano, fu  costruito nel 37 A.C. da Marco Vipsanio Agrippa facendo penetrare il mare presso il Lago Lucrino e si estendeva fino al lago D’averno come base portuale.

Quest’area attualmente risulta completamente sommersa e fu riscoperta nel 1956 grazie alle foto scattate dal pilota militare e subacqueo Raimondo Bucher. Porto Julius possedeva un molo costiero di 372 metri costituito da una lunga diga dove passava la via Herculea che partiva da Punta Epitaffio fino a raggiungere il lago Lucrino attraverso passaggi sotterranei; un esempio è la Grotta di Cocceio che tuttora parte dall’area archeologica di Cuma fino ad arrivare al Lago D’Averno.

Porto Julius, il Ninfeo Sommerso, Villa dei Pisoni, Villa a Protiro (vedi foto), la secca delle fumose fanno tutti parte del Parco Archeologico Sommerso di Baia a Bacoli dove possiamo ammirare riproduzioni di statue, colonne romane, pavimenti in mosaici e marmi perfettamente conservati; alcune stanze romane costituite da opus reticulatum sono presenti lungo la costa di Miseno e sulla costa di mare a Marechiaro in Posillipo. Alcune peschiere romane sommerse  sono visibili sotto l’isolotto della Gaiola nel Parco Archeologico del Pausilypon.

Un patrimonio culturale di archeologia
Tantissime sono le aree archeologiche presenti nei Campi Flegrei: il parco archeologico di Baia, gli scavi archeologici a Cuma, il Rione Terra a Pozzuoli, la tomba Agrippina nei pressi del molo Garibaldi a bacoli. Il parco archeologico di Baia è stata la residenza dei grandi imperatori romani che costruirono ville ed edifici termali sul piccolo golfo di Baia. Visitando questo parco è possibile ammirare varie sezioni così suddivise: il tempio di Mercurio, Settore della Sosandra, Piccole terme, il Tempio di Diana, Villa dell’Ambulatio, Settore di Venere.

Gli scavi archeologici di Cuma sono risalenti ai greci che hanno costruito intorno al 730 a.C. è possibile visitare: l’antro della Sibilla, il tempio di Apollo, il Tempio di Giove e la Crypta romana. Il Rione Terra non è altro che un settore urbanistico costituito sotto una rocca di tufo che si affaccia sul golfo di Pozzuoli, dove è possibile visitare degli edifici sotterranei di epoca romana sotto i palazzi settecenteschi fino a mostrare il Tempio di Augusto. La tomba di Agrippina è sita a Bacoli di fronte al molo di Marina Grande costituita da resti di una costruzione di epoca imperiale nel quale si distingue la forma da un odeion in età augustea o Giulio- Claudio. Agrippina era la madre di Nerone.

I laghi dei Campi Flegrei    
Sono quattro laghi noti in epoche antiche e legati da leggende. Li conosciamo come Lago Lucrino, lago Miseno, Lago Fusaro e Lago d’Averno. Quest’ultimo si formò circa 4000 anni fa e gli fu dato questo nome dal greco Aornon (ovvero privo di uccelli), Averno è a tutti gli effetti un cratere vulcanico spento che veniva considerato dagli antichi romani l’ingresso agli inferi (come descritto anche dal poeta Virgilio). Questo lago è caratterizzato da acque dolci, cupe e ferme con  emissioni di idrogeno di solforato dovuto all’attività delle fumarole. Esse, a contatto con il freddo secco, fannp condensare in superficie l’idrogeno sprigionando l’odore dello zolfo che per i pesci è anossico. Questo lago raggiunge al centro una profondità di circa 34 metri e sulle sue sponde è possibile ammirare una sala termale del tempio di Apollo.

Non molto lontano incontriamo il lago di Lucrino, un bacino naturale che con il tempo si è chiuso. Il suo nome deriva dal latino lucrum (lucro, guadagno) per via degli allevamenti di pesci e ostriche che aveva fatto installare il senatore romano Sergio Orata intorno al 90 a.C. A causa del bradisismo discendente, che distrusse gli impianti, furono realizzate opere di restauro da Giulio Cesare  facendo  elevare l’istmo che separava il lago dal mare (via Herculea), opere che furono magnificate da Virgilio. Poco lontano il lago Fusaro che si formò con la chiusura del tratto di mare tra Torregaveta e Cuma; il suo nome è dato dalla frazione a cui appartiene; nell’antichità veniva chiamato Acherusio e vi fu fatto costruire da Ferdinando IV di Borbone un casino di caccia e pesca realizzato dal celebre Vanvitelli. Attualmente la Casina Vanvitelliana è legata alla terraferma da un ponte ma inizialmente si poteva raggiungere solo con le barchette a remi.

Anche questo lago veniva utilizzato per la coltivazione di pesci e ostriche. Oggi vi si coltivano i mitili, chiamati localmente cozze; all’interno della Casina è possibile ammirare alcuni ritratti di personaggi illustri che hanno visitato questo posto. In questo periodo sono in atto opere di bonifica e ripristino di una delle tre foci che collega il lago al mare di Cuma.

Per concludere questo rapido reportage dei Campi Flegrei, arriviamo al Lago Miseno che si trova nel comune di Bacoli, tra Monte di Procida e Capo Miseno. Il lago ha una profondità media tra i 2 e i 4 metri ed ha una barriera sabbiosa che lo divide dal mare. E’ comunque collegato ad esso da due foci sulla baia di Miseno e l’altra su Miliscola. Il suo nome si deve a Miseno, un trombettiere troiano che trovò la morte annegando tra i flutti. Dopo la distruzione di Troia, Enea e pochi scampati al terribile massacro presero il mare e raggiunsero dopo lungo andare sulle coste campane. Nell’Eneide Virgilio ci racconta che Enea, in memoria del suo valoroso ma sfortunato compagno, decise di dargli degna sepoltura sul Capo di un promontorio che da allora prese il nome di Miseno. In epoca romana questa zona veniva usata per le riparazioni delle navi e veniva chiamato Portus Misenum.

Sperando di avervi incuriosito per una visita in questi meravigliose località, ricche di storia e bellezze naturali, vi do appuntamento per un nuovo viaggio.

immagine in anteprima:  la solfatara dei campi Flegrei – autore Donald Reiskoffer File:Campi Flegrei.JPG – Wikimedia Commons

 

Immacolaimmacolata-mocciata Moccia
Reporter e fotografa 

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