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Petizione OCEAN4FUTURE

Titolo : Impariamo a ridurre le plastiche in mare

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  Address: OCEAN4FUTURE

Le grandi navi da carico romane – parte III

Reading Time: 6 minutes

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE ROMANA
PERIODO: I SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Caligola, Gaio Giulio Cesare Germanico

 

Anche se la marina militare romana non ebbe mai la necessità di mettere in cantiere delle poliremi di rango superiore alla tipologia delle proprie normali unità combattenti, dimostratesi pienamente rispondenti per tutte le esigenze operative, la flotta mercantile dovette invece dotarsi di navi da carico di maggiori dimensioni. Questo a partire dal secolo di Augusto, per fronteggiare le aumentate esigenze di trasporto di ogni genere di beni in direzione di Roma.

Fra le storiche necessità vitali dell’Urbe permaneva sempre prioritaria quella dei rifornimenti di grano, che fin dall’inizio dell’epoca imperiale giungevano soprattutto dall’Egitto. Il servizio di trasporto sulla rotta da Alessandria verso l’Italia era principalmente assolto da una flotta di imponenti navi granarie, come quella Iside di cui ci è pervenuta un’entusiastica descrizione [70].

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prua di una delle navi di Nemi, museo di Nemi – photo credit andrea mucedola

Altre unità dotate di una rilevante capacità di carico erano le navi lapidarie [71], dalle strutture rinforzate per consentire l’imbarco di massi di marmo o granito, colonne, sculture ed altro materiale edilizio o decorativo estremamente pesante. Una lapidaria molto particolare fu quella, di anomale dimensioni, che Caligola fece appositamente costruire per trasportare a Roma la colossale statua di Giove Olimpio [72].

Ancor più grandi ed inconsuete furono le navi porta-obelischi, progettate di volta in volta per lo specifico carico da imbarcare. Il primo ad utilizzarle fu Augusto, che volle abbellire Roma con quattro grandi obelischi (oltre a molti altri più piccoli), il maggiore dei quali venne trasportato da una nave eccezionale. Lo stesso imperatore decise pertanto lasciarla a Pozzuoli, affinché essa fosse permanentemente esposta all’ammirazione di tutti [73].

Poco meno di mezzo secolo dopo, Caligola fece costruire una nave ancor più imponente per trasportare da Alessandria a Roma il grande obelisco (ed il suo possente basamento in granito) destinato al nuovo circo nel campo Vaticano. Questo gigantesco bastimento venne giudicato da Plinio il Vecchio il “più mirabile” fra quanti si fossero mai visti sui mari.

Il giovane imperatore volle dunque seguire l’esempio di suo bisnonno: ordinò che la sua nave venisse conservata a Pozzuoli [74], verosimilmente nello stesso sito lasciato libero dalla precedente porta-obelischi, che nel frattempo era stata distrutta da un incendio. In base ai dati forniti dalle fonti antiche e tenuto conto delle dimensioni dell’obelisco Vaticano e del suo piedistallo, è presumibile che la nave costruita da Caligola fosse dello stesso ordine di grandezza delle maggiori super-poliremi ellenistiche, avendo per contro una effettiva utilità.

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nave di Nemi, Museo delle navi di Nemi- photo credit andrea mucedola

Le navi di Nemi
Nel valutare le predette costruzioni navali abbiamo dovuto necessariamente affidarci ai pochi dati ricavabili dalle fonti antiche e da qualche correlabile evidenza archeologica [75]. Con le navi di Nemi abbiamo invece avuto la fortuna di poter osservare direttamente, misurare ed analizzare gli scafi di due gigantesche costruzioni navali risalenti al principato di Gaio Caligola.

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il ritrovamento di una grande ancora nel lago durante gli scavi, dal museo di Nemi – foto dal museo 

Fin da quando esse vennero messe a secco, negli anni Trenta, le due navi hanno evidenziato le numerose loro affinità con le maggiori poliremi ellenistiche, non per il remeggio ma per le dimensioni e per molte caratteristiche dell’architettura e dell’allestimento. In particolare, esse sono risultate paragonabili soprattutto con la Siracusia di Gerone II [76], ma il loro esame ha anche consentito di attribuire una più elevata credibilità all’antica descrizione delle due super-poliremi di Tolomeo IV (fermi restando i loro limiti) e di mettere un po’ meglio a fuoco i loro possibili dati tecnici [77].

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una grande ancora, museo delle navi di Nemi- photo credit andrea mucedola

Circa le caratteristiche peculiari delle due navi lacustri di Caligola, è stata accertata un’accuratissima scelta dei legni più adatti alle sollecitazioni cui venivano sottoposte le varie componenti (senza risparmi e con un’oculata selezione dei tronchi e dei rami naturalmente dotati della necessaria curvatura e dell’appropriato orientamento delle fibre) ed è stato possibile individuare la disposizione, a grandi linee, delle sovrastrutture marmoree [78].

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un bronzo rinvenuto sui resti delle grandi navi di Nemi, Museo delle navi di Nemi – photo credit andrea mucedola

Per quanto concerne il complessivo apparato decorativo, sappiamo che nei secoli precedenti all’emersione delle navi esso era stato immaginato di una sontuosità sfrenata e ridondante, sulla scia della passione alessandrina per l’insolente ostentazione della ricchezza, come risulta dalle descrizioni delle poliremi regali di Tolomeo IV e Cleopatra. Gli elementi acquisiti sulle navi di Nemi e l’osservazione dei loro incantevoli bronzi ci mostrano un ben diverso stile: nonostante la presenza di sovrastrutture maestose, tutto ci parla di un insieme dallo splendore elegante ed estremamente raffinato [79]. Costruite su disegno di un faber navalis romano, probabilmente ostiense [80], le due navi di Caligola non vanno considerate una banale scimmiottatura orientaleggiante, ma una reale innovazione nell’ambito navale, da parte del giovane principe, per l’architettura, le tecnologie ed il design [81].

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ricostruzione della seconda nave di Nemi – Museo di Nemi – photo credit andrea mucedola

Sebbene la loro costruzione debba aver richiesto un lavoro di almeno un anno e mezzo o poco più (in un periodo grosso modo collocabile tra la seconda metà del 37 e l’inizio del 39 d.C.), con forte impatto nell’area – molto nota – del lago di Nemi, le fonti antiche di cui disponiamo non hanno riportato alcun cenno sull’esistenza di quelle due navi colossali [82]. Essendoci per contro pervenuta la notizia relativa alle deceres Liburnicae, dovremmo dedurne che queste ultime offrissero uno spettacolo ben più imponente ed ammirevole agli occhi dei contemporanei che ebbero occasione di vederle.

Fine parte III – continua
Domenico Carro

 

articolo parte del saggio dell’autore  DECERES LIBURNICAE (romaeterna.org)

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Note
[70] Lucian. nav. 5-9; cfr. Sen. epist. 77,1.
[71] La nostra conoscenza di queste navi proviene essenzialmente dalle notizie fornite dall’archeologia subacquea sui vari relitti rinvenuti.
[72] Una delle sette meraviglie del mondo, opera di Fidia. La nave venne costruita, ma fu colpita da un fulmine (Cass. Dio 59,28,3-4; Suet. Cal. 57).
[73] Plin. nat. 36,69-71; Vict. Obelisci magni. Si tratta dell’obelisco che ornò il Circo Massimo, venendo poi risistemato al centro di Piazza del Popolo da Domenico Fontana nel 1589.
[74] Plin. nat. 16,201-202 e 36,70. Anche questo obelisco venne nuovamente innalzato da Domenico Fontana, nel 1586, al centro di Piazza S. Pietro, a poche decine di metri dalla sua collocazione originaria.
[75] Ad esempio, gli obelischi trasportati e le impronte dei rostri delle deceremi.
[76] Ucelli 1950, pp. 260-261; Bonino 2003, p. 61.
[77] Bonino 2003, p. 111.
[78] Bonino 2003, pp. 31-32 e 136-138.
[79] la misura e il gusto di queste decorazioni fanno apparire un pò ‘barbaro’ tutto quello che di analogo ha prodotto l’età moderna, i suoi vascelli dalle poppe sovraccariche di sculture e dalle prue adorne di polene sempre vicine alla caricatura. (Janni 1996, p. 445)
[80] Bonino 2003, pp. 109 e 164.
[81] “le navi di Caligola sono probabilmente l’espressione massima del design italiano” (Avilia 2013, p. 119; vedi anche p. 121).
[82] Per la tempistica: Bonino 2003, pp. 82 e 145; per il silenzio delle fonti: Janni 1996, p. 440.

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Andrea Mucedola
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