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livello elementare.
ARGOMENTO: MITI DEL MARE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Atlantide, miti
Discutendo in merito alla mitologia di ambito marino, la leggenda di Atlantide è sicuramente degna di menzione. Il primo a scriverne fu Platone, citandola nei Dialoghi.
A sua detta, nel VI secolo a.C. i sacerdoti di Sais 1 avrebbero narrato all’ateniese Solone 2 la «storia vera» di Atlantide, che sarebbe poi stata tramandata oralmente fino a lui. Il filosofo riportava che, quando gli dèi si spartirono la Terra, Atlantide, isola situata oltre le Colonne d’Ercole, venne assegnata a Poseidone e che su una collina dell’isola il dio avesse conosciuto Clito, innamorandosene perdutamente. Nel tentativo di proteggere la donna, l’immortale trasformò il colle in una fortezza, marcandone il perimetro attraverso tre fossati concentrici poi riempiti d’acqua. Proprio dall’unione di Poseidone e Clito derivarono gli Atlantidi, che fondarono la loro città a ridosso della pendice in cui era sorta l’abitazione della donna, includendovi anche i cinque anelli di terra e acqua. Sulla sommità collinare sorse il palazzo reale, con al centro uno sfarzoso tempio consacrato a Poseidone. Secondo la descrizione mitica, il tempio sarebbe apparso rivestito in argento, sorretto da colonne dorate e circondato da un muro dello stesso prezioso materiale. All’interno si sarebbe trovata la statua di culto, anch’essa d’oro (I. Petruzzi, 2014) 3.
Platone presentava quindi il racconto di una terra colma di risorse naturali: il legname, le pietre e i metalli preziosi sarebbero abbondati ad Atlantide, così come gli alberi da frutta, gli ortaggi e le erbe, in questo modo delineando al contempo l’immagine di una civiltà marinara straordinariamente prospera e padrona incontrastata del Mediterraneo fino all’Egitto ed all’Etruria. La rovina di Atlantide e della sua grandezza sarebbe stata la conseguenza della progressiva corruzione dei suoi abitanti, in principio puri e giusti, ma nel tempo divenuti avidi di potere, tanto da cercare di assoggettare le popolazioni vicine, finendo però con l’essere sconfitti dagli Ateniesi. Infine, la loro presunzione fu punita anche dagli dèi che condannarono l’intera isola al fondo del mare: « […] nel volgere di un giorno e di una brutta notte […] tutto in massa si sprofondò sottoterra, e l’isola Atlantide similmente ingoiata dal mare scomparve» (Platone, V-IV sec. a.C.). È interessante che il discepolo più famoso di Platone non credesse alla veridicità del racconto, affermando piuttosto: «L’uomo che l’ha sognata, l’ha anche fatta scomparire» e fu l’opinione di Aristotele ad avere maggior credibilità durante il Medio Evo cristiano; d’altronde, prendere in considerazione l’idea che potesse essere esistito un continente andato perduto novemila anni prima avrebbe causato un cortocircuito logico, poiché le Sacre Scritture datavano la creazione della Terra al 3.760 a.C.
Eppure, fino al giorno d’oggi su Atlantide sono stati scritti oltre ventimila libri e ben pochi tra questi contestano l’attendibilità del mito, proponendo al più ipotesi geografiche nel tentativo di identificare l’isola sommersa e svelarne finalmente il mistero. La rivalutazione del mito avvenne in Età Moderna: nell’ottobre 1492 Cristoforo Colombo dimostrò come oltre l’Oceano esistesse realmente una terra emersa e in seguito alla conquista spagnola fu rinvenuto il Codice Aubin4, che ben presto divenne un oggetto d’interesse fondamentale per qualsiasi studioso volesse tentare di ricostruire la tradizione culturale delle popolazioni indigene precolombiane.
Dall’interpretazione del codice emerse un’antica leggenda azteca, il cui inizio recitava: «Gli Uexotzincas, i Xochimilacas, i Cuitlahuacas, i Matlatzincas, i Malincalas abbandonarono Aztlan e vagarono senza meta […]». Il mito in questione ricopre tutt’oggi un ruolo estremamente importante per la memoria storica dell’attuale Messico e viene regolarmente insegnato nelle scuole dell’infanzia (al pari di come avviene nelle istituzioni scolastiche italiane per quanto riguarda la leggenda di Romolo e Remo): nell’Oceano Atlantico si sarebbe trovata un’isola, Aztlan, poi sprofondata negli abissi a causa di una terribile catastrofe naturale, che avrebbe costretto le antiche tribù autoctone alla fuga; i superstiti si sarebbero poi riuniti in una popolazione e per preservare la memoria delle origini avrebbero scelto di chiamarsi Aztechi, ovvero «Abitanti di Aztlan».
Fu il filosofo inglese Francis Bacon 5 a suggerire come il Nuovo Mondo scoperto da Cristoforo Colombo potesse essere proprio il leggendario continente descritto nei dialoghi platonici, smuovendo l’opinione della comunità intellettuale al punto che tra il secolo XVI e il successivo molti cartografi, quali Guillaume Postel, Nicolas Sanson e John Dee (Fig. 1) 6, scelsero di indicare le Americhe con il nome di Atlantis.
Fig. 1: Indicazione di Atlantis (Atlantide), termine con cui John Dee designava il Nord America in una carta del 1580, 9-John-Dees-British-Empire-was-to-start-at-RODE.pdf (newporttowermuseum.com)
In questo contesto è possibile menzionare il lavoro del geografo Edward Wells 7 con A New Map of the Terraqueous Globe according to the Ancient Discoveries and most general Divisions of it into Continents and Oceans, un’opera cartografica (Fig. 2) risalente al XVIII secolo ed estremamente interessante per comprendere con maggiore chiarezza quanto l’opinione di Bacon avesse effettivamente influito nel tempo sul pensiero collettivo. Citando direttamente la traduzione della didascalia presente all’interno della carta: «Generalmente si suppone che questo Continente, con le Isole adiacenti, fosse sconosciuto nell’Antichità, sebbene non manchino coloro dell’idea che lo stesso continente altro non sia che l’Insula Atlantis degli Antichi» 8 (E. Wells, VIII secolo).
Fig. 2: Edward Wells, A New Map of the Terraqueous Globe according to the Ancient Discoveries and most general Divisions of it into Continents and Oceans, Oxford, XVIII secolo, https://www.raremaps.com/gallery/detail/73663/a-new-map-of-the-terraqueous-globe-according-to-the-ancient-wells
Difatti, prendendo in esempio un’altra carta Settecentesca, l’Atlantis Insula (Isola Atlantide) realizzata dal disegnatore Pierre Mortier 9 in base all’ideologia condivisa da Sanson (Fig. 3), si può osservare come alcuni intellettuali fossero ormai persuasi dall’idea che il Nord America corrispondesse in realtà all’antica Atlantide 10.
Fig. 3: Pierre Mortier, Atlantis Insula, Amsterdam, VIII secolo, fonte
Anche nella seconda metà del XIX secolo molti tra i più rinomati studiosi della cultura mesoamericana 11 continuarono a sostenere che Atlantide fosse collegata alle civiltà precolombiane di Maya e Aztechi. In questo ambito è sicuramente degna di nota la figura di Ignatius Loyola Donnelly 12, politico e saggista statunitense profondamente convinto della reale esistenza dell’isola perduta, tanto che intraprese numerosi viaggi per il mondo con il fine ultimo di raccogliere indizi che potessero supportare il proprio pensiero, reso pubblico nel 1882 all’interno dell’opera pseudo archeologica Atlantis: the Antediluvian World, in cui l’autore riassunse l’ascesa e la scomparsa del popolo atlantideo, accompagnando con grafici, illustrazioni e carte geografiche l’esposizione delle sue celebri tredici tesi sulla «storia vera» della civiltà sommersa: secondo Donnelly, «come rilevato dai [moderni] sondaggi in acque profonde» (Fig. 4), un tempo sarebbe esistita nell’Oceano Atlantico una grande isola, residuo del continente conosciuto dagli Antichi con il nome di Atlantide (Fig. 5) e descritto nella Bibbia quale Paradiso Terrestre; lì avrebbe avuto luogo il passaggio dell’Uomo dallo stato di barbarie alla prima forma di civiltà, nei secoli trasformatasi in una nazione popolosa e tecnologicamente avanzata, al punto che proprio dalla sua cultura si sarebbero tramandate l’arte della siderurgia e l’invenzione del primo alfabeto; inoltre, l’antico Egitto sarebbe stata la prima colonia degli Atlantidi, mentre l’alfabeto fenicio il diretto discendente dell’Atlantis 13; ma improvvisamente l’Oceano avrebbe fatto scomparire questa straordinaria civiltà e ogni sua testimonianza, sommergendo per intero l’isola di Atlantide in una «terribile convulsione della Natura» e solamente pochi uomini sarebbero riusciti a fuggire, navigando sulle proprie imbarcazioni fino a raggiungere i porti sicuri di altri popoli, ai quali avrebbero poi narrato la loro storia, che sarebbe diventata presto fonte d’ispirazione per i miti delle culture antiche, le quali avrebbero di fatto divinizzato i re, le regine e gli eroi di Atlantide per trasformarli nelle entità venerate da Greci, Fenici, Indù e Scandinavi 14.
Fig. 4: I. Donnelly, Il Profilo di Atlantide, come rilevato dai sondaggi in acque profonde della H.M. Challenger e la U.S. Dolphin, https://en.wikisource.org/wiki/Atlantis:_The_Antediluvian_World
Il mito atlantideo venne quindi riscoperto dagli umanisti dell’era Moderna, che nel tempo rimasero sempre attratti dalla prospettiva di riuscire a collocare nello spazio geografico la civiltà scomparsa presentata da Platone, favorendo così lo sviluppo di diverse teorie incentrate sull’ipotetica esistenza di Atlantide prima del disastro naturale che secondo il filosofo avrebbe relegato l’intera isola negli abissi dell’Oceano.
Fig. 5: I. Donnelly, mappa sull’ipotetica estensione dell’Impero di Atlantide da Atlantis: the Antediluvian World, 1882, p. 294, fonte
Per cogliere il fascino alla base della ricerca condotta dagli studiosi di Atlantide può essere utile citare il romanziere Lyon Sprague De Camp in Il mito di Atlantide e dei continenti scomparsi: «La ricerca di Atlantide colpisce le corde più profonde del cuore per il senso della malinconica perdita di una cosa meravigliosa, una perfezione felice che un tempo apparteneva al genere umano. E così risveglia quella speranza che quasi tutti noi portiamo dentro: la speranza tante volte accarezzata e tante volte delusa che certamente chissà dove, chissà quando, possa esistere una terra di pace e di abbondanza, di bellezza e di giustizia, dove noi, da quelle povere creature che siamo, potremmo essere felici …» (L. Sprague de Camp, 1954)
Domiziana D’Aniello
Note
1 Nome greco dell’antica località egizia detta Zau, sulla sponda orientale del ramo di Rosetta del Nilo e attualmente conosciuta come Sa el-Haga
2 Legislatore vissuto ad Atene tra il 640 e il 565 a.C.
3 L’articolo è consultabile online su questo sito
4 Descrizione testuale e iconografica della storia degli Aztechi, dalla partenza dall’Aztlán (leggendaria terra d’origine della cultura azteca) fino al 1607; si compone di 81 fogli e la sua stesura iniziò con molte probabilità nel 1576
5 Filosofo e politico inglese vissuto tra il 1561 e il 1626. Per un approfondimento
6 Per un approfondimento sui singoli cartografi sopracitati è possibile consultare i seguenti siti: Postel, John Dee e Nicolas Sanson
7 Matematico e teologo inglese vissuto tra il 1667 e il 1727. Per un approfondimento
8 Per un maggiore dettaglio d’immagine, è possibile consultare la carta nella versione digitalizzata al sito
9 Disegnatore olandese vissuto tra il 1661 e il 1711
10 Per un maggiore dettaglio d’immagine, è possibile consultare la carta nella versione digitalizzata al sito
11 Si pensi a Edward Herbert Thompson e Augustus Le Plongeon. Per un approfondimento sui singoli archeologi sopracitati consultare rispettivamente: https://it.wikipedia.org/wiki/Edward_Herbert_Thompson e https://it.wikipedia.org/wiki/Augustus_Le_Plongeon.
12 Studioso vissuto tra il 1831 e il 1901. Per un approfondimento consultare: https://it.wikipedia.org/wiki/Ignatius_Donnelly
13 Alfabeto degli Atlantidi che, secondo Donnelly in Atlantis: the Ante diluvian World, sarebbe stato trasmesso ai Maya dell’America Centrale e costituirebbe anche la base di quello fenicio, madre di tutti gli alfabeti europei
14 L’opera è interamente consultabile online al sito .
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laureata in Storia e Conservazione del Patrimonio Archeologico all’Università degli Studi di Roma Tre, ha elaborato una tesi di Geografia Fisica riguardante l’evoluzione nel tempo delle conoscenze in ambito talassografico intitolata Oceani, Mari e Abissi tra storia, letteratura e scienza: dall’immaginario antico alle attuali teorie scientifiche. Mossa dall’interesse nel proseguire gli studi secondo un’ottica multidisciplinare sta attualmente frequentando il corso di Ingegneria delle Tecnologie per il Mare
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