livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Elios Toschi, Teseo Tesei, S.L.C., siluro a lunga corsa
Teseo Tesei, il gigante dell’Elba, è una figura carismatica che ci ricorda la storia di tanti uomini che vissero quel periodo tragico della nostra storia, scrivendo pagine di storia, apprezzate ancora oggi dagli allora avversari. Uomini contro navi che con mezzi innovativi cambiarono le regole della guerra marittima introducendo il concetto di guerra asimmetrica. Teseo Tesei è ricordato per la progettazione del mezzo subacqueo forse più famoso, il siluro a lunga (o lenta corsa) sviluppato insieme all’amico e compagno di corso Elios Toschi, un personaggio storico su cui, a mio avviso, si è scritto troppo poco, ed è stato oggetto di questa mia ricerca.
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Toschi
Come premesso, notizie sulla vita del comandante Toschi si ritrovano tra le pagine dei suoi libri, racchiuse in brevi cenni collegati alla progettazione di quella torpedine semovente che prese poi il nome di siluro a lunga o lenta corsa.
Elios Toschi, nel suo libro autobiografico “Tesei e i Cavalieri Subacquei”, lo chiama siluro a lunga corsa, una dizione che verrà nel tempo cambiata in lenta corsa come viene riportato su molti testi di storia della Marina Militare. Ha importanza? Forse per i puristi della ricerca storica, ma probabilmente non per quegli uomini che lo svilupparono tra mille difficoltà. Come leggerete dalle sue stesse parole, Elios Toschi sottolineerà ben altre cose, a mio avviso più importanti. Un personaggio che cercherò di farvi conoscere in una serie di articoli sulla base di documenti storici e dei suoi scritti. Iniziamo oggi con i primi anni in Accademia ed al Comando sommergibili.
Chi fu Elios Toschi?
Iniziamo oggi con i primi anni trascorsi alla Regia Accademia Navale di Livorno ed al Comando sommergibili. Dai documenti della Regia Accademia risulta che Toschi nacque ad Ancona il 25 aprile 1908 da Pericle e Delia Togni in via S. Pietro 45. Giovanissimo, nel 1925, entrò nel prestigioso istituto ‘dove seguì cinque anni di corsi scientifico-marinareschi fino alla nomina ad Ufficiale della specialità DM (Direttore di macchina).
Nell’estratto dell’Annuario dell’Accademia Navale del 1925, leggiamo per ogni allievo il numero di classifica (il primo in graduatoria del Corso ha la carica di Capo Corso, C.c.), seguito dal numero di matricola e dalla specialità (V per vascello e DM per i futuri Direttori di Macchina). Toschi entrò 18° nella graduatoria generale, 3° nel corpo dei DM, con matricola 269.
Per molti la graduatoria può non sembrare importante, ma la posizione all’interno del corso al termine dell’ultimo anno spesso rimane invariata (a torto o a ragione) e spesso si rispecchia nella carriera seguente. Un’altra curiosità è il numero di matricola interno all’Accademia Navale (o meglio le due ultime cifre di essa) che crea un legame “familiare” (detto di centenariato) con chi ci ha preceduti o ci seguirà.
Tutti coloro che hanno o hanno avuto la matricola terminante con il numero 69 durante il corso Normale in Accademia Navale hanno avuto come centenario Elios Toschi.
Torniamo a quegli anni
La Regia Accademia Navale, nata nel 1881, in origine formava solo Ufficiali di vascello (V) ma, dal corso 1913-1918, si incominciarono a formare anche allievi della specialità Direttori di Macchine. Solo dall’anno 1926-1927 fu introdotta la specialità Armi Navali. Quelli di specialità DM (Direttori di macchina), come Toschi e Tesei, si recavano poi presso Università esterne per acquisire la laurea in ingegneria navalmeccanica. Per tutti l’iter di studi prevedeva attività di studio, di sport e campagne estive di addestramento. All’epoca di Toschi e di Tesei non erano ancora disponibili le regie navi scuola Vespucci e Colombo ma gli allievi comunque effettuavano campagne addestrative nei periodi estivi su navi come la R.N. scuola Francesco Ferruccio. All’epoca l’ingresso nella Regia Accademia Navale era appannaggio di rampolli di famiglie benestanti (l’esosa retta di frequenza non era per tutti) ed i giovani cadetti accedevano all’Istituto all’età di 15 anni. Finalmente, dopo cinque anni di duri studi, i cadetti, circa all’età di vent’anni, uscivano dall’Accademia con il grado di guardiamarina.
Al termine del primo anno il corso “Zamboni”, dal nome del capo corso di Toschi e Tesei, aveva navigato nel nord Europa, visitando Brest, Amsterdam, Gravesend, Anversa e Portsmouth, e l’anno seguente la campagna si era invece svolta nel Mediterraneo.
copia dell’annuario della 1 classe 1925 in cui troviamo Elios Toschi al 18° posto (3 DM).
Leggendo gli scritti di Toschi si comprende che la vita degli allievi dell’epoca non era concettualmente molto diversa da quella degli allievi dagli anni ’70 del secolo scorso. La disciplina era molto ferrea e gli allievi spesso cercavano di evitare con stratagemmi ingegnosi gli impegni della giornata, rubacchiando pennichelle alla prima favorevole occasione. Era naturale che, in un ambiente così fortemente regolato dove l’alternarsi delle attività veniva segnalato da squilli di tromba, all’interno dei corsi si creassero amicizie (ma anche gelosie e inimicizie) che sarebbero poi durate tutta una vita; sentimenti maturati all’ombra del brigantino interrato, già all’epoca impiegato per l’addestramento degli allievi all’uso delle vele.
Nelle belle pagine del memoriale “Tesei e i Cavalieri Subacquei“, che useremo come canovaccio per questi articoli, Elios Toschi parla spesso dell’amico di sempre, Teseo Tesei. Toschi racconta che si erano conosciuti appena entrati in Accademia Navale, assegnati entrambi alla 2 Sezione, e da subito erano stati legati da “una simpatia istintiva, inspiegabile, come sempre avviene fra i giovanissimi, più che altro orientata verso piccoli gesti coraggiosi, fuori della normalità, verso un appena cosciente ribellione alle cose di tutti i giorni, alla disciplina formale, persino alla regolarità dello studio. Anticonformisti, diremmo oggi. Era una gara fra noi e gli altri amici del gruppo a chi studiava di meno in certi periodi e per certe materie, e di più in altri momenti e per altre discipline. Per eccellere nel nostro giudizio reciproco, bisognava sapere tutto in pratica trascurando la teoria; occorreva sapere le lingue, parlarle all’estero, ma non importava prendere brutti voti nelle lezioni regolari.
Allievi dell’Accademia si addestrano all’uso del sestante, foto anni’30
Durante le lunghe ore di studio, sorvegliatissime, (Tesei) era un tipo in gamba che riusciva a dormire tutto il tempo fingendo di studiare, senza farsi pescare. Teseo in questa tattica era un maestro. Ma era poi necessario saper rispondere alle interrogazioni dei professori, altrimenti buona parte della propria gloria era perduta. La disciplina formale ci sfiorava appena, ma quella sostanziale doveva essere osservata. Per questa sottile distinzione eravamo spesso in prigione e fra noi si svolgeva una specie di concorso annuale a chi ne faceva di più, soprattutto se presa per piccole ribellioni alle più banali prescrizioni conformistiche e dopo averla fatta franca più volte. Anche le punizioni prese per vedere un’ora di più una ragazza o per qualche scandaletto a bordo durante le crociere estive, costituivano un vanto.”
Una storia umana comune a tante generazioni di ufficiali che hanno frequentato l’Accademia di Livorno che fa capire come non c’è mai nulla di nuovo sotto il sole.
Dell’amico Tesei, Toschi scrive: “Quando era perdente, si complimentava con frasi accuratamente dosate, ma sempre con una espressione del volto che esprimeva la convinzione che la prossima volta il vincitore sarebbe stato lui. Eccelleva nel tiro alla pistola, l’equitazione e la scherma. Non amava troppo gli sports considerati mondani ed anche il «bridge» non aveva le sue preferenze. Per allenarci a questo gioco ci rifugiavamo talvolta entro una grossa caldaia a tubi d’acqua durante le esercitazioni di macchine marine conciliando così le due cose. Teseo assisteva interessato, ma ogni tanto scuoteva la testa. Evidentemente considerava la cosa un inutile dispendio di energie. A quell’epoca avevamo tutti più o meno diciassette anni: poco più che ragazzi. Tesei, da buon elbano e fiorentino d’adozione, era sempre allegro, scherzoso, pronto alla battuta tagliente, spesso pesante, sempre polemica. Malgrado l’impostazione sempre più spirituale ed ideale della sua vita, non disdegnava affatto il lato umoristico delle cose più serie. Non era bello: di statura media, magro, capelli e occhi nerissimi, naso aquilino, aveva sempre un atteggiamento istintivamente fiero, distaccato; all’eleganza non dava molta importanza e neppure, pur essendo parsimonioso, al denaro.“
Per quanto riguarda gli aspetti militari “[Tesei] è un duro. Con sé stesso più che con gli altri. Ma un duro umano, simpatico, molto più vicino alla gente semplice, pacifica, cordiale, che ai «grandi». Più vicino, nella gerarchia militare, agli inferiori che ai superiori. Dai primi ottiene sempre ciò che vuole, senza mai chiedere con insistenza, senza mai imporre nulla. Non ricordo che abbia mai inflitto una punizione. Con i superiori i rapporti sono sempre stati più difficili, spesso polemici, a volte oltre il limite di rottura. E tuttavia non l’ho mai visto, quando già maturo di carattere, compiere un gesto indisciplinato. Conosce il regolamento di disciplina a memoria; quando la situazione si fa difficile comincia con l’applicarlo rigidamente a sè stesso, poi ne chiede l’attuazione rigorosa verso chiunque. Mai però per ottenerne un privilegio materiale per se stesso, rare volte per gli uomini che dipendono da lui. Più delicati di tutti sono i suoi rapporti con gli amici e fra questi il mio caso è stato sempre per lui oggetto di particolari atteggiamenti. Il suo nome è destinato ad entrare nella leggenda più eroica: non è quindi facile parlare dei nostri rapporti di ogni momento; pure è necessario farlo, anche dal punto di vista più umano, con tutte le debolezze e le virtù di un carattere eccezionale, per capirne lo spirito, per lasciare un autentico ricordo di lui ai più giovani, a chi ama la vita per i suoi lati ideali … “.
Si deduce che Tesei e Toschi sono due personaggi caratterialmente diversi, potremmo dire in un certo senso opposti: spirituale il primo, destinato, come scrive Toschi, ad entrare nella leggenda, più terreno e frivolo l’altro, amante della bella vita, ma entrambi dotati di una visione e preparazione non comune. Ambedue in quegli anni maturano lentamente quello che verrà chiamato lo Spirito del Serchio che farà da motivo conduttore di una generazione di marinai che, indipendentemente dal grado rivestito, orienteranno la loro vita verso valori ideali, ricercando sempre il bene comune e non personale. Uomini straordinari che conosceremo meglio nei prossimi articoli.
Tutto inizio in una conferenza in Accademia Navale
Era il 16 maggio del 1927 quando l’ammiraglio Costanzo Ciano, eroe di Buccari, Parenzo e Cortelazzo, nonché uomo di fiducia del Duce (essendo suo futuro consuocero) organizzò una conferenza in Accademia con la partecipazione di Raffaele Paolucci, eroico ufficiale medico protagonista con Raffaele Rossetti dell’impresa di Pola. Fra i cadetti, due stavano in disparte, in trepida attesa, uno era Teseo Tesei, l’altro Italo Piccagli, detto Pic. Entrambi orfani di padre, si erano legati molto in quei primi anni e, ironia della sorte, ebbero ambedue una tragica sorte in guerra. Tesei cadrà nella notte di Malta e Piccagli, dopo aver lasciato la Regia Marina, entrerà in Aeronautica diventando poi pilota. Appassionato di astronomia, collaborerà anche con l’osservatorio di Arcetri di Firenze ma, verrà fucilato dopo l’8 settembre dai Tedeschi, essendosi rifiutato di fare i nomi di persone della Resistenza con cui si pensava avesse collaborato.
Una conferenza travolgente
Paolucci iniziò la sua conferenza raccontando di essere stato ispirato per la sua missione da un romanzo di Salgari in cui un marinaio, portando con sé un barilotto incendiario, dava fuoco alle navi nemiche. Raffaele Paolucci era ancora considerato un eroe del suo tempo e venne presentato dall’ammiraglio Costanzo Ciano, suo precedente comandante alla Flottiglia MAS. All’epoca Paolucci aveva proposto Ciano di trasportare una torpedine fin sotto le navi nemiche per affondarle. Per convincerlo, sembrerebbe che il Paolucci avesse acquistato un barile da vino e lo avesse trasportato a nuoto dalla sua nave fin nei pressi di una altra nave in rada per dimostrare la fattibilità di una simile azione.
una foto dell’ammiraglio Costanzo Ciano del 1926, scattata nel periodo della conferenza di Raffaele Paolucci citata da Toschi
Toschi riferisce che il racconto di Paolucci durò a lungo, facendo di fatto spazientire l’ammiraglio Ciano che lo richiamò ad una maggior sintesi (sembra che tra i due ci fossero ancora in sospeso alcuni interessi personali di cui però parleremo in un altro articolo). Paolucci, ricevuto il rimbrotto, arrivò quindi a parlare delle sue difficoltà iniziali dovute al fatto che passare da un’idea ad un mezzo di nuova concezione non era stato una cosa facile, e che il punto di svolta era avvenuto grazie al suo felice incontro con il maggiore ingegnere Raffaele Rossetti, che di fatto poi progettò in seguito un mezzo semovente di nuova concezione, costituito praticamente da due propulsori di siluro ad aria compressa, regolabili da una manovella esterna, alla cui testa erano agganciate saldamente due torpedini di 170 kg di tritolo.
La storia la conoscete: la Mignatta, come fu in seguito chiamata la torpedine venne fabbricata in gran segreto nell’arsenale della Spezia e poi impiegata con successo ai danni della flotta austro-ungarica, ancorata nel porto di Pola, Istria. Una azione audace che portò, il 1° novembre 1918, all’affondamento della corazzata austriaca Viribus Unitis.
Fu proprio durante la conferenza di Paolucci in Accademia che Teseo Tesei, giovane cadetto, incominciò a sognare un mezzo similare per poter colpire nel cuore le navi avversarie, idealmente unendo le capacità di manovra occulta dei sommergibili a quelle operative devastanti delle torpedini.
la Brigata allievi 1925, Regia Accademia Navale di Livorno
Dopo la laurea in ingegneria, ottenuta a Genova, Elios Toschi, come Teseo Tesei, venne imbarcato su diversi sommergibili come ufficiale del Genio Navale. Si ritrovarono nel 1935 nella base dei sommergibili di La Spezia, che Toschi descrive con un certo pathos: “Nei corridoi della palazzina ufficiali (oggi Palazzina Primo Longobardo ndr.), nelle sale da pranzo, al bar, è il deserto. Il giorno dopo la prova di fuoriuscita dal sommergibile sono di guardia. È il mio turno di passeggiare su e giù per la banchina come un incongruo penitente. Passano marinai in libera uscita che mi salutano. Io rispondo. Quante volte avrò salutato, penso? Faccio il giro dei sommergibili all’ormeggio e di quelli in bacino per distrarmi e per controllare che tutto sia a posto. Ritorno mortificato; tutto regolare. La mia presenza è utile solo se accade qualcosa, ma non accade mai nulla.” … ed ecco l’incontro in banchina con Teseo Tesei: “Ricomincio a passeggiare sul molo, ormai senza speranza, quando arriva Tesei a tenermi compagnia. Ci contavo. So da tempo che egli non si interessa affatto alla vita della città che ci ospita e solo il sabato, per il week-end, scappa velocissimo a Firenze. Ritorniamo a discutere dell’esperienza fatta ieri. Parliamo delle evidenti insufficienze del respiratore e concordiamo che non deve essere difficile aumentarne l’autonomia, la regolarità d’erogazione e la comodità d’uso. Arriviamo in breve a fantasticare che, con un simile apparecchio, completamente rammodernato, non dovrebbe essere difficile stare tre, quattro, cinque ore sott’acqua, arrivare a profondità rilevanti, dirigersi liberamente senza l’impaccio dei tubi, dei pesanti scafandri da palombaro, senza necessità di pompe, stando nell’acqua in qualsiasi posizione. Volendo anche a testa all’ingiù. Man mano che procediamo, il discorso si allarga; mentre mangiamo discutiamo già di come resistere alla fatica fisica dei movimenti e della possibilità di costruire un motorino ausiliario da piazzare sulla schiena dei subacquei. A tarda notte, rinchiusi in camera mia, col telefono a portata di mano per mantenere i contatti con il personale di guardia, i nostri pensieri hanno preso un corso nuovo. E se questi uomini portassero con loro una carica esplosiva da piazzare sotto una nave nemica? E se la carica esplosiva fosse dotata di un propulsore e gli uomini si lasciassero trascinare o addirittura vi salissero a cavallo? Siamo stanchi. «Ho sonno» dice Tesei. Anche lui batte gli occhi sempre più spesso. «Andiamo a dormire» — concludiamo d’accordo. Mentre ci salutiamo, un lampo di soddisfazione passa dai suoi occhi ai miei e viceversa. Siamo ormai certi che una «cosa» nuova uscirà dalla nostra idea appena abbozzata.”
Si svilupperà così l’idea di realizzare un mezzo di assalto innovativo in cui Uomo e macchina sono tutt’uno contro l’obiettivo finale, la nave avversaria. Quello che i due visionari giovani ufficiali non si resero conto fu che la loro invenzione avrebbe di fatto rivoluzionato il modo di combattere sul mare, mettendo le basi della guerra asimmetrica.
Nel prossimo articolo Toschi ci racconterà come si arrivò da un’idea ad un concetto operativo. Non mancate.
Fine parte I – continua
Andrea Mucedola
@ copyright del testo dell’autore andrea mucedola
@ immagini, se non diversamente attribuite, gentilmente concesse dall’Ufficio storico della Marina Militare italiana
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Bibliografia
Beppe Pegolotti, Uomini contro navi, Vallecchi, 1959
Elios Toschi, Tesei e i Cavalieri subacquei, Giovanni Volpe Editore, 1967, Roma
Elios Toschi, In Fuga oltre l’Himalaia, Edizione EDIF, 1968
Ghetti, Storia della Marina italiana nella Seconda guerra mondiale, De Vecchi Editore, 1968
Luis de la Sierra, Gli assaltatori del mare, Mursia, 1971
Alfredo Brauzzi, I mezzi di assalto della Marina Militare, supplemento alla Rivista Marittima, 1991
Junio Valerio Borghese, Sea Devils, Italian Commandos in WWII, Naval Institute Press, Annapolis, Maryland 1995
Alessandro Turrini, Una breve storia dei siluri a lenta corsa e della X MAS, Supplemento alla Rivista Marittima, 2000
Carlo De Risio, Ufficio storico della Marina Militare, La marina italiana nella seconda guerra mondiale Volume XIV / I mezzi di assalto
Documenti ed immagini Ufficio Storico della Marina Militare
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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