livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Campagna di Etiopia, Serchio, Tenuta Salviati, maiale
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Una premessa importante
Il 1935 fu un anno particolare: il 3 ottobre le regie truppe italiane entrarono in forze nel territorio etiopico, inizialmente al comando del generale Emilio De Bono e poi del generale Pietro Badoglio. Le forze italiane invasero l’Etiopia da nord, partendo dalla colonia eritrea, mentre un fronte secondario fu aperto a sud-est con le forze comandate dal generale Rodolfo Graziani, dislocate nella Somalia italiana. Nonostante una dura resistenza, le forze etiopi furono soverchiate dalla superiorità numerica e tecnologica degli Italiani ed il conflitto si concluse dopo pochi mesi con l’ingresso delle forze di Badoglio nella capitale Addis Abeba. In un mondo coloniale, dove gli altri Paesi europei non erano certo un esempio di democrazia e apertura razziale, l’aggressione dell’Italia contro l’Etiopia suscitò una notevole riprovazione da parte della comunità internazionale al punto che la Società delle Nazioni, sotto la spinta politica dell’Inghilterra, decise d’imporre delle sanzioni economiche contro l’Italia. Di fatto la campagna di Etiopia terminò il 5 maggio 1936 e le sanzioni furono ritirate nel luglio seguente senza peraltro aver provocato il benché minimo rallentamento delle operazioni militari.
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Toschi nel suo libro di memorie ne sottolinea l’aspetto politico “La Lega delle Nazioni ha decretato sanzioni economiche contro il nostro paese; soprattutto l’Inghilterra sta spingendo la sua azione diplomatica verso il limite di rottura. Se questa rottura avvenisse, la nostra situazione diverrebbe disperata. Le folle applaudono, gli uomini politici indicano mete sempre più ambiziose; nessuno sembra preoccuparsi della realtà. La Marina, che dovrebbe sostenere subito buona parte dell’urto, …. , è invece molto preoccupata. Ma come rimediare in pochissimo tempo ad una situazione imprevista ed imprevedibile e riequilibrare, almeno in parte, l’enorme divario di forze? Alla Flottiglia sommergibili e, a quanto so, anche in tutti gli ambienti navali, non si parla d’altro. “.
Circolo di Marina, La Spezia – foto Marcello Polacchini
Questa era, nell’ambito della Regia Marina italiana, la preoccupazione maggiore, consci che in caso di necessità la marina non sarebbe stata pronta a fronteggiare gli avversari. Di fatto, al di là dei pomposi proclami politici, il programma navale veniva lungamente discusso alla sera, al Circolo di Marina o nei vari ristoranti della Spezia, specialmente al ristorante del Tribunale dove Toschi sottolinea “non si parla più di politica o di ragazze: il nostro programma navale viene lungamente discussosi parla d’aviazione, di sommergibili e di eventuali mezzi d’assalto di là da venire, ma il quadro generale che ne risulta è sempre di tinte molto fosche.“
Gli unici che avrebbero potuto parlare di questi ultimi con cognizione di causa erano Toschi e Tesei che al loro sviluppo si stavano dedicando, già ipotizzando un primo nucleo di operatori. L’unica cosa certa era che il primo prototipo aveva già ultimato le prime prove ma, per poterlo usare efficentemente in caso di conflitto, sarebbe stato necessario possederne un numero rilevante per poter immediatamente effettuare contro il nemico azioni contemporanee. Ma c’era ancora tanto da fare, anzi, nonostante i primi entusiasmi, tutto sembrava dormiente.
Toschi scrive “Il successo del primo esperimento e la tensione politica sembrano venirci in aiuto. Viene subito ordinata una prima serie di otto apparecchi. Ma la rapida soluzione del conflitto etiopico ed il placarsi delle acque internazionali frenano altrettanto rapidamente lo slancio iniziale delle sfere dirigenti della Marina, impegnate a seguire il programma normale di costruzioni navali.”.
Di fatto passano tre anni. Tesei e Toschi, direttori di macchina di sommergibili, fra una missione e l’altra, continuano con il perfezionamento dei mezzi, con gli allenamenti estenuanti, i perfezionamenti del respiratore ad ossigeno e degli strumenti. Finalmente si apre uno spiraglio. Su richiesta della Regia Marina viene ottenuta dai duchi Salviati, all’interno della loro riserva nei pressi di San Rossore, una rozza casetta a due piani, a poca distanza dal mare alla foce del Serchio, un tempo sede dei guardiacaccia.
Bocca del Serchio
Fu così che, nella segretezza più assoluta, venne segretamente promossa sede del primo gruppo dei mezzi d’assalto italiani. Al piano terreno si apriva un grosso stanzone con al centro il camino classico delle case coloniche; sul muro sopra il camino, era esposta una batteria completa di pentole di rame, che probabilmente era fuori uso da qualche decennio; una stretta scaletta di pietra portava al secondo piano dove si trovavano tre stanze spartane e tutte eguali.
la casa nella tenuta Salviati, dove alloggiavano i primi operatori. In alto la grande terrazza citata da Toschi.
Sul davanti, sul mare e sul verde, si trovava una grande terrazza.
In quella semplice abitazione di campagna si ritrovarono in otto: Tesei, Toschi, Franzini, Birindelli, Stefanini, De la Penne, Falcomatà e Centurione, tutti legati da quello che verrà chiamato lo Spirito del Serchio. Sono tutti amici dello stesso corso di Accademia Navale, eccettuato il capitano medico Falcomatà, Centurione che viene dalla flottiglia M.A.S. e De la Penne, che è stato richiesto per il suo entusiasmo e capacità psicofisiche. In comune hanno tutti un forte amor patrio, altruismo, tenacia e resistenza alla fatica.
Per far parte del gruppo hanno firmato un giuramento di estrema riservatezza che li rende invisibili anche fra i colleghi più vicini. Per questo motivo vicono nella tenuta del Serchio a periodi alterni, partendo e ritornando dalle loro destinazioni ufficiali. Per quasi due anni, nemmeno le famiglie e gli amici più intimi sono al corrente dei loro movimenti. Il gruppo dei mezzi di assalto, da cui dipendono, ha invece sede a La Spezia inquadrato nella I Flottiglia MAS comandata prima da Aloisi e, in seguito, da Giorgini, ufficiali molto amati dal loro personale.
La vita al Serchio
Quando al Serchio, i futuri operatori dei mezzi si sottopongono ad un duro addestramento notturno sotto il controllo di Capo Manzoni, considerato il migliore dei palombari della Marina militare. Tutti hanno lo stesso trattamento, gli stessi alloggi, le stesse coperte e lo stesso vitto. Sul fiume, ormeggiata vicino alla casa, è stata trasportata una grossa bettolina coperta da una tuga aperta che viene usata da officina, da rimessa per gli S.L.C. e occasionalmente da mezzo di trasporto.
una delle motolance che rimorchia un SLC
Alla sera i siluri sono messi in acqua e gli operatori indossano le mute di gomma ed i respiratori. Poi, due motolance rimorchiano al largo i siluri dove, su un fondale di venti metri, è stata costruita un’ostruzione retale in tutto simile a quella che protegge gli ingressi dei porti.
i capanni dei mezzi
L’allenamento è progressivo, aumentando le distanze da percorrere, parte in superficie e parte fin sul fondo a quindici metri di profondità, respirando sempre ossigeno puro. Si abituano all’uso degli strumenti: alla bussola, al cronometro, a muoversi senza altri riferimenti nel buio della profondità notturna, a volte cercando di raggiungere una delle piccole motolance come bersaglio.
MOVM capitano medico Bruno Falcomatà (Napoli, 11 agosto 1911 – acque di Malta, 26 luglio 1941)
Ma non ci sono solo i piloti dei siluri a lenta corsa, tra di loro c’è anche un medico, Bruno Falcomatà, che Toschi descrive come “mezzo scienziato mezzo samaritano”. Sebbene abbia salvato alcuni di loro da asfissia non ha una vita facile; gli uomini del Serchio asseriscono sempre di stare bene e cercano di rifuggire ai controlli medici. Falcomatà riesce però a costringerli a fare un controllo radiografico da cui emerge che il loro fisico sta soffrendo. Tesei dirà in maniera sarcastica «Il nostro Esculapio, ci ha trovato alcune cavernucce nei polmoni e adesso ne vuol fare un dramma, dice che bisognerebbe sospendere gli allenamenti e curarsi. Però non ci sa dire chi dovrebbe allenarsi al nostro posto e come riparare le ” cavernucce “».
Sanno tutti molto bene invece che ha ragione, e sanno che condivide gli stessi ideali. “Falcomatà è un buono e si convince a fare un rapporto che è una pietosa copia della verità. Egli è così con tutti. Da quando è arrivato cura gratis tutti i poveri della zona, regala medicine che a volte paga di tasca sua, parte anche nel cuore della notte per assistere persone che potrebbero chiamare il loro medico. Nei momenti di riposo recita Orazio. … Sulla ruota del timone del vecchio «San Marco », appesa in aria, ha attaccato un cartello con alcuni versi del poeta: « Beati i mercanti, dice il vecchio soldato cui lunghi anni di onorato servizio non hanno lasciato che reumi »”.
Una constatazione amara che descrive la vita dei soldati e marinai di ogni tempo, osannati o vituperati a seconda del momento e che, alla fine di una lunga carriera, hanno in comune i dolori fisici e morali di una vita che certo non è stata facile.
esercitazione di superamento di una rete di ostruzione portuale
Di fatto, dopo i risultati delle radiografie ordinate da Falcomatà, tutti decidono di autoregolarsi, meno fumo e meno ore di immersione, e stanno maggiormente all’aria aperta in mezzo ai pini. Le giornate passano lunghe e piene e non hanno tempo per annoiarsi.
Toschi, nel suo libro memoriale, ci racconta anche un episodio che passerà alla storia: “Una sera rientriamo più presto dal nostro allenamento perché c’è bassa marea e temiamo di non arrivare in tempo a passare la barra sabbiosa sul fiume. Infatti la motobarca ce la fa a stento. Ma l’apparecchio, a rimorchio, semi immerso, si infila nella sabbia e non vuol saperne di passare. Lasciamo avanzare libera la motolancia e, scesi in acqua, ci mettiamo noi a trascinare il bestione verso le acque interne del fiume. Finalmente arriviamo nelle acque calme di un laghetto che il fiume forma prima di sboccare in mare aperto. L’apparecchio è lì che fluttua placido facendo uno strano rumore di rigurgito, sotto il muso, per la risacca che l’investe. Teseo, con il suo fiorito parlare toscano, senza pensarci su, dice al palombaro porgendogli la cima di rimorchio: «Prendi, ormeggia tu il “maiale“».
Da quel momento il siluro di lunga corsa venne chiamato maiale e nessuno gli toglierà più questo nome.
Fine parte V – continua
Andrea Mucedola
@ copyright del testo dell’autore andrea mucedola
immagini, se non diversamente attribuite, @Ufficio storico della Marina Militare
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Bibliografia
Beppe Pegolotti, Uomini contro navi, Vallecchi, 1959
Elios Toschi, Tesei e i Cavalieri subacquei, Giovanni Volpe Editore, 1967, Roma
Elios Toschi, In Fuga oltre l’Himalaia, Edizione EDIF, 1968
Ghetti, Storia della Marina italiana nella seconda guerra mondiale, De Vecchi Editore, 1968
Luis de la Sierra, Gli assaltatori del mare, Mursia, 1971
Alfredo Brauzzi, I mezzi di assalto della Marina Militare, supplemento alla Rivista Marittima, 1991
Junio Valerio Borghese, Sea Devils, Italian Commandos in WWII, Naval Institute Press, Annapolis, Maryland 1995
Alessandro Turrini, Una breve storia dei siluri a lenta corsa e della X MAS, Supplemento alla Rivista Marittima, 2000
Carlo De Risio, Ufficio storico della Marina Militare, La marina italiana nella seconda guerra mondiale Volume XIV / I mezzi di assalto
Documenti ed immagini Ufficio Storico della Marina Militare
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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