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Posidonia oceanica: la pianta che fa miracoli – parte II di Adriano Madonna

tempo di lettura: 7 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: BIOLOGIA MARINA
PERIODO: NA
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Posidonia oceanica

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Glucosio e ossigeno
Piante (terrestri e acquatiche) e alghe, grazie alla luce del Sole riescono ad espletare quel fenomeno ben noto come fotosintesi clorofilliana. C’è però da aggiungere che parlando di fotosintesi, in genere si ha l’abitudine di citare solo la produzione di ossigeno e “quasi mai” quella del glucosio.

Precisiamo, quindi, che, grazie alla fotosintesi, le piante producono glucosio e ossigeno trasformando, in presenza di luce (fattore essenziale!), sostanze inorganiche semplici, come acqua e anidride carbonica. Per dirla in numeri, sei molecole di anidride carbonica più sei molecole d’acqua, grazie all’energia luminosa si trasformano in una molecola di glucosio e sei molecole di ossigeno.

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la sintesi clorofilliana – ndr. fonte: il bel sito di educazione a distanza matematichiamoblog

Ma se l’ossigeno è importante, è importante anche lo zucchero: senza zucchero, infatti, le piante (posidonia compresa) non potrebbero vivere, poiché il glucosio è il loro nutrimento, il loro cibo. Possiamo dire, dunque, che gli organismi vegetali hanno la capacità “straordinaria” di auto costruirsi il cibo e per questo vengono definiti organismi autotrofi. Pensate come sarebbe comodo se anche noi fossimo in grado di “auto costruirci” una bistecca o un piatto di spaghetti. Ma noi, a differenza delle piante, siamo organismi eterotrofi, cioè costruiamo sostanza organica (i nostri tessuti) assumendo dall’esterno altra sostanza organica (il cibo).

Tornando alle piante e alla posidonia in particolare, precisiamo che l’ossigeno è determinante per la vita dell’ambiente aereo così come di quello acquatico. Inoltre, ha la funzione di mutare il nutrimento in energia. La produzione di glucosio è altrettanto importante: non dimentichiamo, infatti, che senza glucosio non vi sarebbero piante e quindi neppure ossigeno (come alle primissime origini del pianeta). Inoltre, il glucosio è una enorme fonte di energia per il mondo acquatico come per la terraferma e la sua produzione è uno dei fenomeni più grandiosi osservabili in natura: si pensi che ogni anno vengono prodotti, da tutti gli organismi fotosintetici, milioni e milioni di tonnellate di glucosio.

Dove si trova
Come tutte le piante verdi ricche di clorofilla e dotate di quegli organelli chiamati cloroplasti, a cui è demandata la funzione della fotosintesi, anche la posidonia ha bisogno di luce e di un substrato morbido in cui affondare le radici. Precisiamo che la parte “interrata” di questa pianta è formata da lunghi elementi orizzontali, detti rizomi, dai quali si dipartono verso il basso le radici e verso l’alto i ciuffi di foglie. Queste possono raggiungere altezze variabili da pochi decimetri sino a oltre un metro di lunghezza (a Malta ho visto foglie di posidonia lunghe più di un metro e mezzo) e, ovviamente, ciò dipende dalle condizioni ambientali, che possono essere più o meno favorevoli alla crescita.

Fondali che un tempo abbondavano di posidonia adesso ne sono privi, poiché il torbidume delle acque (una volta limpide) impedisce alla luce del sole di arrivare efficacemente sino al fondo per innescare il fenomeno della fotosintesi. Di contro, altre zone costiere sono completamente ammantate di lussureggianti praterie verdi. Tanto per citare alcuni di questi luoghi felici del nostro Paese: Stromboli, l’Isola del Giglio, Ponza, Ventotene, Scilla, il Circeo etc.

In sintesi, chi oggi ha il privilegio di vedere la posidonia sui propri fondali, se la conservi

Uno dei parametri più importanti per classificare le praterie di posidonia è la densità, cioè il numero di fasci di foglie presenti in un metro quadrato di fondo. In base a questo dato, le praterie di Posidonia oceanica si distinguono in: molto dense (con più di settecento fasci), dense (da settecento a quattrocento fasci), rade (da meno di quattrocento a trecento fasci), molto rade (da meno di trecento a centocinquanta fasci), semi praterie (da meno di centocinquanta a cinquanta fasci). Quando si contano meno di cinquanta fasci di foglie per metro quadrato di fondale non si parla più di prateria bensì di fasci isolati. La prateria è chiusa da un limite superiore (verso la costa) e da un limite inferiore (verso il largo). Il limite inferiore è particolarmente importante da un punto di vista biologico poiché introduce il concetto importantissimo di “profondità di compensazione”.

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photo credit @andrea mucedola

La Profondità di compensazione
Sappiamo che la quantità di luce che penetra sott’acqua diminuisce con l’aumentare della profondità e che la posidonia ha bisogno di una certa quantità di energia luminosa per effettuare la fotosintesi clorofilliana.
Immaginiamo, dunque, un fondale ricoperto di posidonia che scende gradatamente verso profondità maggiori. Ovviamente, più il fondale scende, meno luce c’è, fino ad arrivare ad una profondità dove i processi di fotosintesi saranno appena sufficienti per la sopravvivenza della pianta e cioè i processi di produzione uguaglieranno quelli di respirazione. Quella profondità viene definita profondità di compensazione e la corrispondente intensità luminosa, intensità di compensazione

Spiegando il concetto con altre parole perché sia ben comprensibile, possiamo dire che la profondità di compensazione è un limite di profondità in cui l’energia che la pianta produce attraverso la fotosintesi bilancia esattamente (compensa) il suo consumo per mantenere attivi i processi vitali.

In pratica, a questa profondità la quantità di ossigeno prodotta con la fotosintesi equivale alla quantità di ossigeno necessaria alla pianta per vivere. Al di sopra di questa profondità la pianta riceve abbastanza luce per prosperare. Al di sotto, la luce che le arriva è insufficiente a fornire energia per i processi vitali. Oltre la profondità di compensazione la posidonia scompare proprio perché non riesce più a vivere.

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photo credit @andrea mucedola

Poca luce, troppa luce
Ogni specie di pianta (posidonia compresa) ha un suo optimum di luce al quale risponde con la migliore resa fotosintetica e non sempre più luce equivale a più fotosintesi: oltre certi valori di luminanza, infatti, la pianta comincia a soffrire e si manifesta quella che viene chiamata foto inibizione. Questi dati diventano molto importanti se consideriamo anche le alghe: infatti, da una ricerca condotta su otto specie di alghe e cinque specie di piante superiori è emerso che la massima resa fotosintetica per molte specie di piante si ottiene per luminanze comprese tra i 10.000 e i 20.000 lux, mentre per le alghe si ha tra i 20.000 e i 35.000 lux, quindi proprio nella zona in cui inizia l’inibizione per le piante.

È comunque doveroso dare qualche indicazione su questa unità di misura, il lux: mentre, infatti, il lumen è la misura della quantità di luce, il lux è l’unità di misura della quantità di luce in relazione alla superficie. Precisamente, un lux è un lumen su un metro quadrato. È ovvio che a seconda della trasparenza delle acque, la profondità di compensazione varierà da luogo a luogo poiché, se le acque sono torbide, la luce riesce a penetrare scarsamente. Là dove, invece, le acque sono molto limpide, la luce riesce a penetrare fino a grandi profondità e quelli sono anche i mari dove le praterie di posidonia sono più floride e verdi, formando una sorta di savana sommersa dove vive e si nasconde una infinita varietà di animali marini.

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photo credit @Luigi Piazzi

Un ecosistema vario
L’ecosistema posidonia è particolarmente interessante poiché può essere definito come la sede di una infinità di nicchie ecologiche, con altrettanti “inquilini”. Osservando, infatti, un piccolo tratto di fondale coperto da posidonia, ci rendiamo immediatamente conto che verso la parte alta delle foglie, esposte a molta luce, possono trovarsi quegli organismi che vogliono un ambiente luminoso. Mano a mano che si scende verso la base della pianta, troviamo diverse zone di penombra, che possono essere scelte da altri organismi in cerca di livelli di luce diversi. Alla base della pianta, tra i rizomi, troviamo tutta una serie di forme animali fossorie, cioè viventi sotto il sedimento. In sintesi, questo mondo fatto di lunghe foglie verdi, che a prima vista potrebbe sembrare povero di vita, è, invece, una sorta di scrigno di “vita nascosta”.

A mio avviso, il momento migliore per andare a “visitare” una prateria di posidonia sono le ore della notte, quando anche in questo verde regno si scatena la corsa alla predazione. Sono infatti numerosissimi i predatori che scelgono le verdi praterie come terreno di caccia, ben consapevoli che in quell’intrico di foglie le prede non mancano. Di contro, altri animali nella posidonia vanno a nascondersi e cercano riparo. Altri ancora, nell’intrico delle verdi foglie vanno a riprodursi.

A tal proposito, ricordo che tanti anni fa, a Malta, durante un’immersione notturna, mentre ero intento a inquadrare nel mirino della macchina fotografica un paguro che zampettava lungo una foglia di posidonia, a un certo punto intravidi nel margine del fascio luminoso della torcia qualcosa di enorme: si trattava di un dentice stupendo di non meno di una decina di chili che venne a posarsi leggero sulla posidonia come un angelo si adagerebbe sopra una nuvola. La sosta gli servì per “fare il punto della situazione”, poi, con una scodata partì a razzo e trangugiò in un batter d’occhi un piccolo cefalo spaventato che si aggirava nei paraggi. I predatori, comunque, si trovano anche alla base dei fasci di foglie: più di una volta, infatti, ho visto polpi e polpesse scivolare sul sedimento e fare lo slalom tra fusto e fusto scavando con la punta dei tentacoli per banchettare con succulenti tartufi di mare, un bivalve che tra i rizomi della posidonia si trova con una certa facilità, come ben sanno i pescatori di frutti di mare.

Adriano Madonna

 

Si ringrazia il dottor Francesco Fontana (SIMSI) per aver concesso l’autorizzazione alla pubblicazione integrale dell’articolo
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Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è adriano-madonna.jpgAdriano Madonna
biologo marino di EClab Laboratorio di Endocrinologia Comparata, Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Napoli “Federico II”

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