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La macchina del mare: il meccanismo straordinario che “muove” il mare e la sua vita di Adriano Madonna – parte I

tempo di lettura: 7 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: BIOLOGIA MARINA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: fotosintesi
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Nel delineare una scala progressiva di cause ed effetti che portano alla “costruzione” della vita, dobbiamo iniziare dalla luce del sole, questa immensa energia a cui si deve quel fenomeno conosciuto come produzione primaria, che si definisce come la velocità di trasformazione fotosintetica e chemiosintetica dell’energia luminosa in sostanza organica sotto forma di biomassa. Tutto ciò significa che, grazie alla fotosintesi clorofilliana, gli organismi vegetali captano l’energia luminosa e la trasformano in energia chimica, che utilizzano per mutare i composti inorganici, quali l’acqua (H2O) e l’anidride carbonica (CO2), in composti organici (glucidi, proteine etc.) e ossigeno, cioè tutto il necessario per la crescita degli organismi vegetali che formano la biomassa. Maggiore è la velocità di questo processo, maggiore sarà la quantità di biomassa generata nell’unità di tempo. Questa variazione di biomassa nel tempo è proprio la succitata produzione primaria.

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Alga verde – da articolo originale La Marea

Da ciò è evidente che il primo passo produttivo ha due protagonisti: il sole e gli organismi vegetali. Questi ultimi sulla terraferma sono in particolare le piante, nel mare le alghe (comprese le microalghe del fitoplancton) e le poche piante superiori marine esistenti, come la posidonia e altre fanerogame. Tra le alghe dobbiamo considerare in particolare il fitoplancton, cioè la parte vegetale del plancton, presente in special modo nello strato superficiale del mare (ma anche di acque dolci di fiumi e laghi), dove la luce giunge in maggiore quantità e con maggiore effetto per innescare il processo di fotosintesi. Oltre all’energia luminosa, gli organismi vegetali hanno bisogno anche di materiali di base per produrre biomassa, proprio come le piante nel terreno necessitano di elementi chimici, i famosi fertilizzanti. Queste sostanze vengono chiamate nutrienti e contengono gli elementi necessari alla sintesi dei carboidrati. Non dimentichiamo che gli organismi vegetali sono in grado, a differenza di quelli animali, di “autoprodursi” il nutrimento proprio grazie alla luce del sole, essenziale componente di quella reazione chimica nota come fotosintesi clorofilliana, che riassume come da anidride carbonica e acqua si ottengano glucosio e ossigeno. Il glucosio è il nutrimento dell’organismo vegetale, l’ossigeno è un secondo prodotto che trasforma il glucosio in energia, ma che è anche essenziale per l’ambiente sia aereo sia acquatico. Per questa loro caratteristica di autoprodurre il proprio nutrimento, gli organismi vegetali vengono definiti autotrofi. Gli organismi animali, invece, che assumono sostanza organica dall’esterno (il cibo), vengono definiti eterotrofi. Anche alle alghe, al pari delle piante, si deve il processo di fotosintesi, forse il più grande fenomeno produttivo che avviene sul nostro pianeta.

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I nutrienti

I nutrienti principali sono sali di fosforo (P), di azoto (N) e di silicio (Si). Tutti e tre si trovano in concentrazioni modeste nella fascia dei primi 100 – 200 metri di profondità, poiché vengono assimilati dagli organismi del fitoplancton per produrre biomassa, ma sono decisamente più abbondanti a profondità maggiori, essendoci meno luce e, quindi, assenza di fitoplancton. Precisiamo che in primavera e d’estate nei mari temperati, come il nostro Mediterraneo, la massa del fitoplancton è maggiore mentre d’inverno è meno abbondante. Carbonio, azoto e fosforo passano continuamente dallo stato inorganico a quello organico e viceversa: ad esempio, il carbonio passa ciclicamente da carbonio inorganico dell’anidride carbonica a carbonio organico del glucosio e così avviene per l’azoto, che forma proteine, mentre il fosforo forma i fosfolipidi.

I cicli biogeochimici
Questi cicli pendolari di trasformazione prendono il nome di cicli biogeochimici, ma come avvengono in pratica? Dove abbonda il fitoplancton di solito abbonda anche lo zooplancton, a tutto vantaggio della piramide alimentare. Lo zooplancton è il cibo sia di piccoli organismi marini sia dei grandi cetacei come le balene. In superficie i nutrienti vengono assimilati dal fitoplancton. Quest’ultimo viene mangiato dallo zooplancton, i cui prodotti della digestione precipitano verso il fondo e, durante la discesa, diventano cibo di altri organismi. Ciò che resta arriva sul fondo, viene decomposto da particolari batteri e si ricompone in composti chimici, altri nutrienti, che tornano in soluzione e grazie a particolari dinamiche giungono in superficie a fertilizzare il fitoplancton. Abbiamo detto che la concentrazione dei nutrienti varia con la profondità, ma si deve aggiungere che essa cambia anche in funzione della distanza dalla costa, poiché in vicinanza della terraferma, grazie ai fiumi, ai flussi d’acqua dolce provenienti dai centri urbani e dalle campagne, dove si usano fertilizzanti, la massa dei nutrienti può essere enorme e quando raggiunge quantità troppo elevate può causare anomalie gravi all’ecosistema. Il trionfo della vita si deve a tutti i componenti che formano la grande “macchina del mare” e che nella loro immensa varietà prendono il nome generico di risorse.

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Grafico del ciclo dei nutrienti nel regno marino – Fonte e Autore Hannes Grobe, Alfred Wegener Institute for Polar and Marine Research, Bremerhaven, Germania Nutrient-cycle hg.png – Wikimedia Commons

La distribuzione dei nutrienti
Sappiamo che i nutrienti, avendo un loro peso specifico, hanno anche un assetto idrostatico e questo varia in rapporto alle caratteristiche dei vari strati d’acqua: variando la densità, infatti, cambierà anche il peso dell’acqua, che, a sua volta, influenzerà la stratificazione dei nutrienti. Dobbiamo quindi considerare la colonna d’acqua del mare, cioè la massa acquea dalla superficie al fondo, non come una entità statica ma in continuo movimento, poiché i moti del mare sono causati non solo dal vento e dalle onde ma anche dai parametri fisici del mare stesso. Quelli più determinanti sono la temperatura, la salinità e la densità.

Esaminiamoli uno per uno
La temperatura del mare è data essenzialmente dall’energia luminosa del sole che si trasforma in energia termica. La temperatura dell’acqua di mare in superficie, quindi, dipende da fattori giornalieri (può cambiare a seconda dell’ora del giorno), così come da fattori stagionali (i mesi estivi sono più caldi di quelli invernali), oppure ancora da elementi occasionali come il vento e le piogge, e da fattori costanti come le correnti. In funzione della temperatura, la colonna d’acqua si divide in tre strati:
– uno strato superficiale detto strato mescolato, in cui il calore del sole giunge in profondità grazie al mescolamento delle acque dovuto ai venti e al conseguente moto ondoso.
– Il secondo strato prende il nome di termoclino ed è uno “strato speciale”, perché la temperatura diminuisce drasticamente sulla soglia di una certa profondità. Sempre riferendoci al Mediterraneo, nel termoclino estivo (periodo giugno-agosto) la temperatura passa da 22° circa a valori molto più bassi in maniera repentina intorno ai 20 metri di profondità. Ciò significa che durante le nostre immersioni estive, fino a 15 metri di profondità di norma troviamo una temperatura più che confortevole, poi, al passaggio dei -20 ci arriva una botta di freddo tra capo e collo (ecco perché si deve vestire una buona muta anche d’estate!).
– Il terzo strato è quello profondo e qui la temperatura resta costante intorno ai 2-3°C 2

L’acqua sarebbe ancora più fredda se non ci fosse l’effetto della pressione idrostatica: la forte compressione sugli strati acquei profondi, infatti, ne solleva la temperatura (la temperatura è direttamente proporzionale alla pressione). Questo è quanto accade in condizioni normali ma attualmente, con il cambiamento climatico che stiamo subendo, qualcosa è mutato. In genere, le aree marine prossime alle coste o in stretta vicinanza con ghiacciai e monti coperti di neve, sono caratterizzate da una salinità più bassa rispetto alle acque molto al largo.
Torniamo a parlare del termoclino poiché è importante aggiungere che nel Mediterraneo si forma un termoclino stagionale tra 25 e 40 metri di profondità. Stagionale significa che questo termoclino esiste solo da luglio a settembre, poi scompare d’inverno, quando la turbolenza delle acque tempestose e altre cause distruggono questo equilibrio. Il termoclino stagionale del Mediterraneo è essenziale per i fenomeni biologici, poiché l’abbassamento drastico di 10 gradi centigradi di temperatura in pochi metri fa aumentare la densità dell’acqua, con la formazione di uno strato perfettamente delimitato, il picnoclino, dove si arresta la discesa dei nutrienti; questi, infatti, quando arrivano al picnoclino, si fermano senza progredire ulteriormente verso il fondo, poiché l’aumentata densità dell’acqua crea un assetto idrostatico positivo.

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la Posidonia oceanica è una pianta marina, non un’alga, a cui è demandato il compito di una straordinaria opera di fotosintesi con produzione di carboidrati e ossigeno – prateria di Posidonia o. nella riserva marina di Tavolara – photo credit andrea mucedola

Densità
Abbiamo citato un altro dei parametri fisici dell’acqua di mare, la densità, che può essere definita come il peso specifico dell’acqua (la densità si misura in grammi per centimetro cubo: g/cm3). In estrema sintesi, gli strati d’acqua di mare possono essere più o meno densi e la densità, a sua volta, dipende essenzialmente dalla salinità e dalla temperatura: diminuisce con l’aumentare della temperatura e aumenta con l’aumentare della salinità. In ogni caso, come abbiamo visto in relazione alla stratificazione dell’acqua e alla conseguente stratificazione dei nutrienti, non è tanto importante la densità di uno strato d’acqua bensì la differenza di densità tra vari strati d’acqua per gli effetti che essa può comportare. Per gli studi di biologia e di oceanografia si costruiscono i diagrammi T-S, grafici in funzione dei valori di salinità e temperatura di campioni d’acqua in esame, con l’individuazione di linee di uguale densità, dette isopicne.

Salinità
La densità è direttamente proporzionale alla salinità; ciò significa che all’aumentare della salinità aumenta anche la densità di un campione d’acqua. La salinità, come si intuisce facilmente, è la quantità di sali contenuta in un certo volume d’acqua: si misura, infatti, in grammi di sale per chilogrammo d’acqua e, correntemente, si esprime in “per mille”. Dal 1978, la salinità si misura in Pss-78 (Pss-1978), dove Pss è l’acronimo di “Practical Salinity Scale”. La misurazione in Pss è il rapporto tra la conducibilità elettrica del campione d’acqua in esame e la conducibilità elettrica nota di uno standard a 15°C di temperatura, usato come unità di misura. La salinità, quindi, secondo il Pss-78, essendo un rapporto, è un numero e si esprime come tale: ad esempio, la salinità del Mediterraneo è di circa 38, quella del Mar Rosso più di 40. Poi ci sono i cosiddetti “mari diluiti”, con salinità minima, come il Golfo di Botnia, che ha salinità 2.
Fine I parte – continua

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è prof-adriano-madonna.webpProf. Adriano Madonna
biologo marino, EClab, Laboratorio di Endocrinologia Comparata dell’Università degli Studi di Napoli Federico II
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articolo originariamente pubblicato su La Marea – per gentile concessione dott. Francesco Fontana La macchina del mare – SIMSI

 

 


Nota 

1 in oceano la temperatura profonda raggiunge mediamente i 2-3°C mentre si mantiene intorno ai 13°C nel Mediterraneo, grazie alla soglia di Gibilterra che impedisce che acque fredde oceaniche penetrino nel nostro bacino

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PARTE I PARTE II
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