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livello elementare
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ARGOMENTO: ARCHEOLOGIA DELLE ACQUE
PERIODO: XV SECOLO
AREA: OCEANO INDIANO
parole chiave: Vasco de Gama, Nave Esmeralda, Nave Sao Pedro
Eravamo rimasti ai primi promettenti sondaggi ma il bello doveva ancora arrivare per gli archeologi subacquei. Dopo tante ricerche gli artefatti fornivano nuove prove della provenienza dalle navi portoghesi della flotta di Vasco de Gama. Con l’aggiunta di tanti tasselli, il mosaico incominciava a mostrare la scena di un dramma di oltre 500 anni fa.

mappa dell’area che mostra i canyon (gulley), l’area di concrezione ricca di manufatti interessate dagli scavi nel 2014. Osservate la vicinanza alla falesia rocciosa ed i bassi fondali (T. Cousins, P. Holt)
Metodo di scavo
Il sito era stato diviso in una serie di quadrati di griglia adiacenti di un metro, utilizzando dei telai realizzati su tubi di acciaio lunghi 3 m, di diametro 48 mm, uniti agli angoli da quattro giunti incrociati del telaio Kee Klamp®. I telai avevano di fatto creato una serie di griglie di 3 × 3 m che sono state ulteriormente separate in nove quadrati da un metro utilizzando linee di corda fissate con corde elastiche. I telai erano stati poi posizionati vicino al fondale e sostenuti da gambe regolabili. Tutti i dati recuperati da ciascun riquadro furono numerati individualmente in relazione alla posizione della griglia.

Operatori subacquei che lavorano all’interno dei telai a griglia 3 × 3 m. (Foto: P. Holt) – immagini dal resoconto della ricerca
Lo scavo archeologico sui resti del relitto delle navi portoghesi comportò un importante lavoro di rimozione di tutti i sedimenti e dei reperti all’interno dell’area fino alla vicina base rocciosa. Il sito conteneva molte rocce di dimensioni tra 25 kg e 1500 kg di peso. Gran parte del lavoro di rimozione del materiale fu effettuato utilizzando martelli e scalpelli Laddove il materiale era pesantemente concretizzato nella roccia, furono utilizzati martelli pneumatici per rompere le concrezioni. Anche se non furono trovati resti del fasciame, i reperti recuperati fecero immediatamente comprendere di essere parti del carico di una nave militare antica. La mancanza di reperti in legno non sorprese gli archeologi in quanto la tempesta riportata dalle fonti spinse le navi contro le rocce e continuò la sua azione dirompente fino a distruggerne completamente gli scafi. Prima della recente campagna di scavi, alla fine del 2015, erano stati recuperati ben 552 frammenti di ceramiche ma solo due vasi erano restati intatti.
Ceramiche
Nel gennaio 2016, le ceramiche furono esaminate dalla dottoressa Tânia Casimiro dell’Universidade Nova de Lisboa nel laboratorio di conservazione del MHC di Muscat. Emerse che il 52% degli oggetti erano stati prodotti in Portogallo usando componenti micacei rossi solitamente collegati all’area di Lisbona. Inoltre vi erano ceramiche asiatiche identificate con la presenza di produzioni Ming come la porcellana Hongzhi (1488-1505), e diversi oggetti smaltati blu probabilmente prodotti in Iran. Considerando il tipo di ceramica trovata, il sito poteva quindi essere datato tra il 1450 e il 1550.

Un campione di ceramica trovato sul sito a) pentola di cottura portoghese; b) costrel portoghese; c) Coppa portoghese; d) coperchio portoghese; e) Piatto africano f) lastra vetrata blu. (T. Casimiro)
Armi e ordigni
La quantità e la varietà di ordigni recuperati sul sito rivelò che il relitto era di una nave da guerra. La maggior parte erano contenuti in un grande masso concrezionato situato all’estremità orientale Gullie W. Nonostante il numero relativamente grande di camere per la culatta e di grandi colpi di pietra recuperati, non furono trovati cannoni pesanti.

Una dei 19 bocche da fuoco di lega di rame recuperate sul sito (Photo: D. Mearns)
Furono recuperati un totale di 91 palle di cui molte marcate. Un fatto interessante in quanto non erano mai stati citati oggetti simili in letteratura. I manufatti comparabili più vicini erano una palla di cannone recuperata dal relitto della Mary Rose, contrassegnata con una “H” per Re Enrico VIII.

palle di cannone in pietra marcate VS
Interessanti anche i proietti compositi. Furono trovati 975 frammenti di palle di piombo composito, intatte o frammentate, insieme a proietti con nuclei di ferro coperti in piombo, simili a quelli recuperati da altri naufragi del XVI secolo.

alcune delle palle di piombo recuperate sul fondo del mare con anima in ferro. Esse sono molto simili a quelle recuperate da altri relitti del XVI secolo – dal rapporto di ricerca
Il disco
Durante una ricerca con un metal detector portatile fu ritrovato un disco sottile di lega di rame del diametro di 175 mm, con uno spessore di 1,5 mm ed un foro di 10 mm. Presenta una sporgenza centrale rialzata di 32 mm di diametro di una staffa parzialmente rotta che suggerisce che l’oggetto doveva essere sospeso. La funzione del disco è ancora sconosciuta poiché non è stato mai trovato un oggetto simile in precedenza. La sua origine è però chiaramente portoghese a causa dell’incisione di uno stemma reale portoghese e del disegno di una sfera armillare che adornano la sua superficie superiore.
La sfera armillare, scelta da Dom Manuel come suo emblema personale prima di diventare re, era un simbolo iconico della navigazione portoghese durante l’era della scoperta della strada delle Indie.
Questa importante decorazione indica che fosse un oggetto in possesso di un personaggio di alto livello a bordo della nave. Nell’ottobre 2017 le scansioni laser eseguito dagli scienziati dell’Università di Warwick hanno rivelato delle incisioni attorno al bordo del disco, ciascuna separata da cinque gradi. Questo avrebbe permesso al navigatore della nave di misurare l’altezza del sole sopra l’orizzonte a mezzogiorno per determinare la latitudine in alto mare. Questo sistema era noto anche a Colombo che lo aveva utilizzato nella sua ricerca occidentale delle Indie.
La campana
Avevamo accennato al ritrovamento di una campana. Nel 2013, fu trovata la campana di una piccola nave fratturata in due pezzi decorata con una serie di dieci linee e con un’interessante iscrizione in rilievo contenente lettere e numeri.

Campana della nave in lega di rame a) disegno (Lesley Collett); b) immagine della lente di luminanza della lettera “M”; c) immagine della lente di luminanza del numero ‘8’, immagini prese prima della conservazione della campana. (M. Abbott); d) Immagine di scansione TC della data sulla campana prima della conservazione. (J. Warnett); e) fotografia della data sulla campana dopo la conservazione. (Cultural Heritage Digitization Ltd)
Sembrerebbe che l’iscrizione includesse una probabile data ( ‘498’) cronologicamente corretta con la partenza della squadriglia di Sodrè che aveva lasciato Lisbona nel 1502.
Le monete
Tra i vari reperti furono trovate anche sette monete d’oro ed una concrezione di monete d’oro e d’argento. Le monete d’oro sono 12 cruzado portoghesi e un singolo fanam indiano. Le monete sparse sono state trovate singolarmente sotto il sedimento o all’interno di crepacci. I cruzados erano in condizioni eccellenti e solo quelli trovati nella concrezione hanno richiesto un minimo trattamento per rimuovere alcune macchie superficiali.

dritto e rovescio di uno dei cruzado ritrovati. L’assenza di “ET” nella legenda è considerata una rarità. Secondo Trigueiros questa moneta è solo il terzo esemplare conosciuto al mondo. Il colore scuro della moneta in oro è stato provocato da un sottile strato di placcatura d’argento che si depositò quando la moneta era consolidata nella concrezione con le monete d’argento; (Cultural Heritage Digitization Ltd) – tratto dal rapporto della ricerca
Il fanam è una piccolissima moneta di otto millimetri di diametro che fu coniata da vari stati indiani dal XII al XVIII secolo, fattore storico che però non fornisce un aiuto nella datazione del relitto. Tutte le monete d’argento che furono recuperate dal sito erano state trovate all’interno di una piccola massa concretizzata che includeva anche i cinque cruzado sopra citati. La corrosione sovrastante fu rimossa con il bisturi sotto ingrandimento per rivelare completamente le superfici delle due monete d’argento saldate insieme in uno dei blocchi. Dopo l’essiccazione, le superfici polverose e fragili dei tre blocchi sono state consolidate con il 5% di Paraloid B72 in acetone.
Conclusioni
La baia in cui si trova il sito era stata geograficamente ben descritta da Pero de Aitada e l’accuratezza dei suoi resoconti fu determinante nel 1998 per la scoperta del sito. La sua natura remota – su un’isola a 45 km dalla costa meridionale dell’Oman scarsamente popolata e all’interno di una baia accessibile solo in barca – ha consentito la sua conservazione. L’opportunità di studiare scientificamente i reperti provenienti da navi portoghesi che erano impiegate nella Carreira da India è un raro privilegio che può portare a nuove scoperte su come il commercio marittimo e la guerra fossero condotti dai Portoghesi nel XVI secolo. I manufatti recuperati dai relitti dei nau Esmeralda e São Pedro potrebbero rappresentare una rara opportunità per l’archeologia marittima. Sulla base delle fonti storiche e dei ritrovamenti, si ipotizza che il naufragio seguì la rottura degli ancoraggi delle navi a causa del forte vento, Esse furono impietosamente scagliate contro la scogliera in una posizione stimata tra il canyon X e lo Z (vedi mappa in alto), urtando contemporaneamente il fondale roccioso che si trovava a soli 2 metri di profondità. Le rocce causarono seri danni allo scafo distruggendolo in pezzi. Una volta bloccate in quella posizione, le nave restarono in balia del mare e alla fine si spezzarono irrimediabilmente. Secondo le fonti storiche i portoghesi incendiarono ciò che rimase del relitto per cui nessun legname sopravvisse in quell’ambiente ad alta energia dinamica da parte del moto ondoso. I reperti trovati confermano che nel sito affondò almeno una nave iberica del primo Cinquecento. L’assemblaggio degli artefatti ha fornito prove dell’origine portoghese della nave. Data l’estrema rarità di navi europee in quelle acque e la correlazione geografica con le fonti storiche è ipotizzabile che i resti siano proprio quelli del São Pedro o dell’Esmeralda. La ricerca continua e forse ci darà presto nuove risposte.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. E’ docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione scientifica.
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