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livello elementare
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ARGOMENTO: EMERGENZE AMBIENTALI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANI
parole chiave: reti abbandonate, ghost fishing nets
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Nei secoli di storia tra uomo e mare le reti abbandonate dai pescatori hanno trovato alloggio un pò dappertutto. La differenza sta oggi nella crescita delle flotte di pescherecci, nella spazzatura abbandonata lungo le coste marine e nell’uso di modalità di pesca sempre più aggressive e invasive, con relativi materiali inquinanti. Le “reti fantasma” sono attrezzature da pesca che vengono abbandonate o perse in mare dai pescatori. Oltre a inquinare in modo estremo il mare, mettono in pericolo la flora e la fauna, soprattutto le specie in via d’estinzione.
Gli animali (marini e no) che non riescono ad evitarle, una volta intrappolati nelle reti fantasma, sono inesperti nel liberarsi da esse e spesso per loro le conseguenze sono fatali. Pesci, delfini, tartarughe marine, uccelli marini, granchi e altri animali marini che nuotano liberi nelle acque marine o che si muovono sui fondali, una volta catturati dalle reti fantasma possono anche morire a causa delle lacerazioni e infezioni derivanti dai tentativi di liberarsi dalle maglie delle reti, o per soffocamento, nel caso di animali che necessitano di tornare in superficie per respirare. Questa è ovviamente un’enorme minaccia per la salvaguardia della biodiversità marina.
Le reti fantasma, talvolta quasi invisibili, possono incagliarsi sulle scogliere oppure rimanere sospese alla deriva in mare aperto per periodi molto prolungati, anche a causa della loro scarsa biodegradabilità. Le cause dell’abbandono in mare di reti e/o attrezzi da pesca sono determinate sia da sfavorevoli condizioni meteorologiche sia da problemi tecnici che possono creare difficoltà anche gravi agli operatori di bordo per aggrovigliamenti, incagliamenti e altro durante le operazioni di pesca. Sono stati però registrati anche casi di abbandono deciso, soprattutto in situazioni in cui l’attrezzo/rete risulta essere rovinato e non più utilizzabile: un mezzo di smaltimento semplice ma per niente responsabile dal punto di vista del rispetto dell’ambiente marino e dei suoi abitanti. Da non dimenticare inoltre che una rete da pesca abbandonata o persa si può rompere in numerose parti per effetto del passaggio di navi, delle onde, delle tempeste o di forti venti.
Le parti più leggere in plastica e polistirolo continuano a rimanere a galla e possono finire sulle spiagge oppure subire processi di decomposizione che portano alla formazione di microplastiche. Queste particelle aventi dimensioni inferiori ai 5 millimetri vengono assorbite dagli organismi viventi marini, inoltre possono a loro volta rilasciare composti chimici pericolosi che interferiscono con capacità riproduttive di molti organismi marini. Si stima che 640000 di tonnellate di tali reti siano sparse complessivamente in tutti oceani, rappresentando il 10 per cento di tutti i rifiuti marini (UNEP/FAO, 2009). Circa 100.000 mammiferi marini e un milione di uccelli marini muoiono ogni anno a causa dell’intrappolamento in reti da pesca fantasma o ingestione dei relativi detriti (UNEP, 2005). Le reti da pesca e le lenze che vengono perse o abbandonate in mare continuano ad essere attive anche molto tempo dopo che se ne perde traccia. La conseguenza più disastrosa per l’ambiente marino è la cosiddetta pesca fantasma (dall’inglese ghost fishing): le reti da pesca abbandonate continuano a catturare pesci e altri animali marini. I principali danni causati dalle reti abbandonate o perse sono:
1) la cattura continua di pesci – conosciuta come “pesca fantasma” – e di altri animali quali tartarughe, uccelli marini e mammiferi marini, che rimangono intrappolati e muoiono;
2) l’alterazione degli ecosistemi dei fondali marini;
3) la creazione di rischi per la navigazione in termini di possibili incidenti in mare e danni alle imbarcazioni;
4) la creazione di rischi per l’attività subacquea in termini di possibili incidenti in mare dovuti al rimanere impigliati.
Educare la persone al rispetto del mare ed insegnare l’informazione indispensabile per mantenerlo vivo e vivibile presuppongono iniziative di pulizia fondali e spiagge per combattere l’analfabetismo marino e comprendere fino in fondo un valore profondamente etico per le nostre generazioni e per quelle future: distruggere o lasciare morire il mare significa distruggere l’Uomo e tutte le altre specie organiche del pianeta.
Nicola Di Battista
in anteprima il dramma delle reti fantasma – fonte NOAA http://www.noaanews.noaa.gov/stories2005/s2429.htm
Turtle entangled in marine debris (ghost net).jpg – Wikimedia Commons
CARE THE OCEANS
L’organizzazione di Volontariato Care The Oceans nasce per difesa della flora e fauna acquatica dei mari dei fiumi e dei laghi, promuovendo pulizie coste e fondali, formazione sensibilizzazione per grandi e piccini, progetti educativi nelle scuole, programmi di ricerca e di integrazione e sensibilizzazione per persone in svantaggio bio – psico – sociale, attraverso il coinvolgerli nelle nostre attività e presentandogli in nostro operato.
Non ultimo utilizza audio – interviste, il Braille, la Lingua Italiana dei Segni (LIS) / Dattilologia e la Comunicazione Aumentativa Alternativa per sensibilizzare al rispetto sia della flora e fauna acquatica e che della biodiversità quante più persone possibili, adattandoci, noi, alle loro modalità comunicative. Collabora con Comuni, Enti nazionali, Enti locali, Associazioni, Didattiche subacquee, Diving Center, Scuole pubbliche e private, Agenzie di Promozione Sociale e Circoli subacquei. Potete contattarli per unirvi alle loro attività per la difesa diretta della flora e fauna acquatica su caretheoceans@gmail.com.
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psicologo / psicoterapeuta, assistente alla comunicazione per sordi e ciechi con l’uso del Braille e della Lingua Italiana dei Segni – Dattilologia, nonchè mediatore familiare è specializzato con un Master in Psicologia Oncologica. Appassionato di mare è Presidente dell’Organizzazione di Volontariato Care The Oceans.
Molto bene la campagna di informazione che va estesa certamente agli armatori ed al personale delle navi da pesca. Molto bene il volontariato ma i soggetti volontari vanno formati e nel caso di recupero di grandi tranci di rete superficiali o profonde vanno addestrati alla sola segnalazione pechè i rischi operativi sono elevati e tali da richiedere adeguata organizzazione.
Bell’articolo, occorre martellare impietosamente sulle plastiche in mare fin o al loro più diffuso recupero ed alla educazione a non disperderle in mare, interrompendo il ciclo perverso di sversamento. I ragazzi possono recuperare bottiglie e oggetti vari di ridotte dimensioni, i professionisti , reti e detriti pesanti.