Piccoli passi per salvare il mare e la nostra specie
L’ambiente è di tutti e non ha colore politico … troppo spesso è stato usato nelle campagne elettorali per raccogliere voti per poi passare nel dimenticatoio a giochi fatti.
Di fatto, al di là delle facili frasi usate da molte ideologie politiche sulla salvaguardia dell’ambiente, e delle tante promesse fatte, di fatto esiste ancora una cecità per i problemi che ci circondano. La biodiversità diminuisce; ogni giorno specie animali e vegetali si estinguono e il mondo sembra non accorgersene.
Eppure gli effetti collaterali di questo “progresso” sono ormai evidenti: calamità naturali, migrazioni di massa, vaste aree sempre più sterili ed un mondo che cresce con sempre maggiori instabilità. Oggi più che mai esiste la necessità di passare dal “dire belle parole” a “fare significativi piccoli passi” per salvare il mare e le sue creature. Purtroppo non c’è più molto tempo per salvare la nostra specie. Il nostro pianeta sta soffrendo profondamente e gli oceani hanno già raggiunto un livello di inquinamento dalle plastica inimmaginabile.
Nonostante gli sforzi di molti, siamo ancora circondati da un silenzio assordante da parte di una maggioranza silenziosa ed incurante. Sebbene questo si avverta chiaramente nei mari orientali, dove molti paradisi tropicali sono diventati ricettacoli di spazzatura a cielo aperto, la situazione sta peggiorando anche nei mari occidentali come nel Mar Mediterraneo.
Durante le mie conferenze di formazione e di educazione ambientale ho spesso avuto la forte sensazione che ci sia una comprensione minimale dei problemi soprattutto a causa della superficialità e della scarsa educazione civica di molti. Non ne faccio una colpa ai singoli ma a chi, ha fatto abbandonare questa necessaria istruzione nelle scuole.
I comportamenti sbagliati, sotto gli occhi di tutti, dovuti all’egoismo ed alla superficialità di coloro che considerano minimali gli effetti collaterali. L'”apparire” più dell'”essere” porta la società moderna ad una devoluzione sociale, privilegiando il “benessere personale” rispetto al “benessere delle future generazioni”. Questo crea un danno continuo e duraturo all’ambiente che ci ripaga avvelenando il nostro cibo ed esponendoci maggiormente a tumori ed altre malattie gravi. Con l’aiuto di tutti possiamo cercare di rompere questo circolo vizioso, applicando piccole regole di comune coscienza. Bisogna crederci, tenendo la barra al centro, senza lasciarci portare da facili entusiasmi. Esasperazioni possono fare il gioco di coloro che pensano solo ad un guadagno personale a discapito di un ambiente che, voglio sottolineare, non è nostro ma delle future generazioni. I prossimi decenni dipendono dal nostro comportamento.
Cominciamo con delle regole di base
Purtroppo, lasciare rifiuti sulla spiaggia è un tipico comportamento comune nei mesi primaverili ed estivi. Molti non sanno che i rifiuti necessitano di lunghi periodi, a volte secoli, prima di essere completamente degradati. Non è solo un problema igienico o di bellezza dell’ambiente; il fenomeno dell’erosione delle plastiche con i sedimenti del fondo marino o delle spiagge contribuisce alla formazione di pellet (particelle) di dimensioni sempre minori che vengono poi raccolte dalle correnti oceaniche in vortici che possono raggiungere estensioni considerevoli (chiamati gyro vortex). Ad esse si aggiungono i residui di lavorazione e le plastic bead, ovvero i granuli plastici primari usati per le lavorazioni delle plastiche.
Queste particelle raccolgono, nei loro micropori, contaminanti chimici che sono estremamente dannosi per la salute del genere umano (tra cui forse il più noto è il DDT). Una volta ingerite dagli animali (soprattutto dai pesci e dagli uccelli), esse rilasciano queste sostanze chimiche che entrano poi nella catena alimentare facendoci, alla fine, assimilare sostanze altamente cancerogene. Per assurdo è più sano mangiare del pesce di allevamento che quello pescato in alto in quanto il primo cresce più velocemente in un ambiente controllato ed ha quindi meno tempo per assimilare tali sostanze. Ugualmente, per lo stesso motivo, è meglio mangiare pesci di piccola taglia rispetto a quelli più grandi. Naturalmente questo vale per il pesce allevato in allevamenti sicuri, sottoposti a seri controlli.
Si deve comprendere che tali sostanze tossiche, una volta ingerite, spesso non possono essere eliminate dal nostro corpo e si accumulano per sempre nei nostri tessuti, esponendoci a malattie anche gravissime. In altre parole, ci stiamo lentamente avvelenando. Questo potrebbero essere evitato o almeno limitato ponendo una maggiore attenzione nelle nostre azioni quotidiane; ad esempio effettuando un riciclaggio corretto delle nostre immondizie e, in particolare, delle materie plastiche e chimiche.
Un altro fattore di rischio estremamente pericoloso per la salute ma, purtroppo, spesso non sufficientemente sottolineato dai media, è l’abbandono nell’ambiente dei filtri delle sigarette. Le onnipresenti “cicche” sono ricche di sostanze altamente tossiche che, una volta buttati sul terreno o in mare, diffondono insidiosamente i loro veleni nell’ambiente.
Mi direte che sono solo minuscole cicche
Purtroppo, a giudicare dalla quantità che vediamo in terra nelle nostre strade, sembrano essere molto rari quei fumatori che ripongono i mozziconi in recipienti adatti. Molti le gettano direttamente in mare: nel Mar Mediterraneo è stato stimato che rappresentano ben il 40% dei rifiuti contro il 9,5% delle bottiglie di plastica, l’8,5% sacchetti di plastica ed il 7,6% delle lattine di alluminio. Uno studio dell’ENEA e delle Ausl di Bologna ha affermato che su un numero di fumatori di 13 milioni, che fumano un numero medio di 15 sigarette al giorno, il numero complessivo di cicche immesse in ambiente ogni anno è di circa 72 miliardi.
Tenendo conto del potere filtrante dell’acetato di cellulosa, di cui è composto il filtro, la ricerca ha valutato un carico tossico nell’ambiente pari a ben 324 tonnellate di nicotina, 1.872 milioni di Bq (Becquerel, unità di misura delle sostanze radioattive) di polonio 210, 1800 tonnellate di composti organici volatili, 21,6 tonnellate di gas tossici, 1440 tonnellate di catrame e ben 12.240 tonnellate dell’acetato di cellulosa.
Sono quantità tossiche decisamente preoccupanti che rilasciamo nel terreno ed in mare sostanze altamente pericolose per la salute. Per completezza, se volete valutare il fattore rischio umano nel tempo, considerando i tempi di biodegradabilità dei vari rifiuti, leggete la tabella e vi renderete cont dell’eredità che lasciamo ai nostri figli. Non c’è da stare sereni. Pensateci al prossimo picnic con gli amici sulla spiaggia o nei boschi. La nostra salute non ha prezzo.
Basta poco per limitare queste contaminazioni … semplicemente ponete una maggiore attenzione e consapevolezza nel riporre i nostri rifiuti. Siate intelligenti. Proteggendo l’ambiente proteggete voi stessi.
Se non volete farlo per voi, fatelo per le future generazioni
in anteprima microplastiche ormai onnipresenti sulle nostre spiagge – @ foto da UNEP
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).