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Siena e le sue navi … navi che non sono mai esistite 

tempo di lettura: 8 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XIV – XVI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Siena

 

Siena è una città che volta le spalle al mare: la sua storia,  le sue comunicazioni, i suoi interessi, sono sempre stati  orientati verso Firenze, Arezzo, Perugia o lungo la via Cassia per Roma. Anche oggi l’intera provincia è interna.

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Nonostante questo i territori della Repubblica di Siena, che fu indipendente fino alla metà del XVI secolo, raggiungevano il mar Tirreno, con un litorale abbastanza esteso e alcuni discreti porti, ma il loro collegamento con l’entroterra era difficile, sia per la distanza e lo stato della viabilità sia, soprattutto, perché fra essi e il capoluogo si stendeva la Maremma, malsana, malsicura e quasi disabitata.

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Carta della Repubblica di Siena

Inoltre, la vita lungo la costa senese non mancava di pericoli: l’andamento del litorale era molto articolato, con frequenti baie, promontori e lagune che fornivano ai pirati dalle più disparate provenienze molti nascondigli; inoltre sul mare antistante, su cui insistevano le rotte fra Genova e Napoli, si incrociavano gli interessi e le flotte militari e mercantili di molti stati, non sempre amiche, che all’occorrenza facevano scalo nei porti senesi: talvolta era un’opportunità per il commercio, ma talvolta anche un problema per la sicurezza degli abitanti e per l’esercizio dell’autorità della repubblica. Si tentò di affrontare il problema in modo svogliato e insufficiente, costruendo soltanto  torri di vedetta e fortificazioni alle quali si lavorò incessantemente e vanamente per secoli.  

Allo stesso modo Siena si disinteressò dall’affermare la sua sovranità sulle prospicienti isole del Giglio, di Montecristo e di Giannutri che ebbero formalmente altri padroni, ma che di fatto furono bersaglio dei saccheggi dei pirati che spesso vi stabilirono perfino sedi permanenti e che comunque avrebbero potuto  essere  importanti dal punto di vista della strategia navale.

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Il territorio senese raffigurato nella famosa galleria delle carte geografiche in Vaticano

Le cose sarebbero state del tutto diverse possedendo una flotta di galere da guerra, ma questa flotta non fu mai costituita. Anche per il commercio si ricorreva al noleggio di navi appartenenti ad altri stati, principalmente genovesi e veneziane, né si assistette a qualche iniziativa degli imprenditori locali per svincolarsi da questa dipendenza. In origine la repubblica senese si stendeva tutta all’interno della Toscana e l’accesso al mare fu ottenuto  nel 1303 acquistando dal Monastero di San Salvatore del Monte Amiata il porto di Talamone, un luogo che dopo la fine dell’impero romano, spesso abbandonato dagli abitanti, non aveva avuto più storia fino al medioevo.

L’anno successivo, fu nominata una Balìa (1) di tre cittadini che svolsero alcuni sopraluoghi da cui emerse  l’urgente necessità di restaurare le mura del piccolo borgo e migliorare la viabilità di accesso a Siena dalla costa. Nel 1309 il porto fu attrezzato con un faro ed un pontile. Volendo riassumere in poche parole la storia successiva del litorale maremmano  è inevitabile non citare Dante che a proposito di Siena, nel XIII canto del Purgatorio della Divina Commedia, recita:

“Tu li vedrai tra quella gente vana
che spera in Talamone, e perderagli
più di speranza ch’a trovar la Diana; (2)

ma più vi perderanno li ammiragli”

Senza saperlo il poeta vide nel futuro e infatti per i duecentocinquant’anni che seguirono si può dire che fu tutto un continuo e sostanzialmente inutile lavoro per dotare il porto di sufficienti fortificazioni per la loro difesa mentre, non efficacemente ostacolate da una marina da guerra, si moltiplicarono occupazioni e sbarchi da parte di fuoriusciti, degli Angioini,  di Genova e del Papa. Nel 1414 la Repubblica estese il suo territorio fino a Orbetello e nel 1441 annesse l’Argentario con Porto Ercole, ma la storia successiva di queste località fu sempre la stessa: mura inefficaci, saccheggi, nessuna difesa navale. Se per secoli il governo non era riuscito ad elaborare una politica commerciale e militare per il solo Talamone, a maggior ragione non era capace guardare un pò più in grande.

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Eleonora di Portogallo

Questa situazione di debolezza non passava del tutto inavvertita, tanto che in occasione dello stanziamento di 500 fiorini d’oro nel 1451 per le accoglienze ad Eleonora di Portogallo, moglie dell’imperatore Federico III, che tra l’altro disdegnò Talamone e sbarcò a Livorno, ci fu chi pensò che una somma così elevata sarebbe stata impiegata meglio per costruire qualche galera. Al di là di blandi interventi militari nei momenti in cui erano proprio indispensabili, la Repubblica non mostrò mai una particolare sollecitudine per i suoi porti, tanto che la loro gestione fu data quasi costantemente in appalto: prima ai Fiorentini in un momento del XIV secolo in cui i rapporti fra le due città erano buoni, poi a Genova e soprattutto, a più riprese, a non precisamente specificati mercanti “Catalani” sudditi del re di Aragona.

L’amministrazione e la difesa dello scalo erano a carico dei concessionari: dai contratti emerge la figura di una specie di capitano del porto chiamato fundacarius e viene imposto l’obbligo di tenere qualche soldato  ma, comunque, non si accenna mai di una forza navale per piccola che fosse (3). Perfino quando si parla dell’obbligo di soccorrere navi in difficoltà si prevede che l’aiuto sia offerto da terra: se fosse stato necessario raggiungere il largo non si capisce con quali mezzi, dato che della loro esistenza non si fa cenno.

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Corsari all’Argentario; provenivano principalmente dall’Algeria e della Tunisia e l’Argentario era un luogo di elezione grazie alla ricchezza di anfratti per catturare le navi di passaggioda Corsari all’Argentario (monteargentario.info)

Le uniche autorità direttamente dipendenti dalla repubblica sembrano essere solo gli “ufficiali delle gabelle” o gli “ufficiali di balìa”  a cui abbiamo già accennato, che vi venivano mandati in missione solo saltuariamente. Eppure, pur nella loro inadeguatezza, i porti senesi  dovevano avere una loro importanza vista l’ostinazione con la quale si cercava di attrezzarli e difenderli  e la disponibilità  degli armatori di ogni paese a farsene carico ogni volta che erano offerti in appalto. Pur senza avere dati statistici specifici, il movimento c’era: se si guarda l’elenco delle merci sottoposte al pagamento delle gabelle nel 1311 si trovano almeno 150 voci diverse: oltre ai prodotti tessili grezzi e lavorati, alle spezie, ai vini e alle  pelli movimentati all’epoca in tutti i porti, si notano zolfo, datteri, stagno,  armi, corazze e la vasta gamma dei prodotti minerari locali fra cui il mercurio.

*  * *

L’inspiegabile miopia del Governo non cambiò neppure quando si presentò qualche occasione per un’inversione di tendenza. Nel 1456 il mercante genovese Antonio di Quarto, in cerca di luoghi più tranquilli della sua città per svolgere la sua attività, chiese l’autorizzazione a domiciliarsi a Talamone portandovi stabilmente le sue navi e i suoi equipaggi e impegnandosi anche a imbarcare nei suoi viaggi dei giovani per impratichirsi  nella professione marittima e nell’arte della mercanzia, attività che quasi sempre si compenetravano,  chiedendo infine di poter inalberare la bandiera senese, mentre pochi anni dopo, nel 1474, tale Francesco Benedetti, un francese nativo di Perpignan ma residente da tempo a Siena, chiese il permesso di poter costruire una nave in uno dei porti della repubblica e anche in questo caso di inalberane la bandiera. Furono iniziative benevolmente approvate dal governo, ma non furono incoraggiate e si persero nel nulla.

Nel 1441 i porti dell’Argentario vennero dati in concessione ad Angelo Morosini; questo personaggio era uno dei rari capitani di ventura “di mare”: possedeva una piccola squadra di galere e fuste e, assoldato dai re di Napoli, di Aragona e dal Papa, aveva combattuto per mare i Turchi. Egli  si fece carico anche della costruzione di fortificazioni e mise a disposizione la sua piccola flotta  proponendo di risollevare le sorti della popolazione locale per farne dei marinai e dei fornitori di merci e viveri alle navi di passaggio; fu l’unico breve momento in cui  una marina militare percorse le acque senesi benché non  portasse la bandiera della repubblica né risulta che sia stata oggetto di interesse o di direttive circa il suo impiego da parte del governo. Alla  morte del Morosini, nel 1460, subentrò nell’Argentario una società di cittadini senesi che ancora un volta non riuscì a sviluppare e difendere quella zona dimostrando un’inefficienza tanto eclatante da smuovere il governo che ne dichiarò decaduta la concessione nel 1474; i centri restarono come prima spopolati e miserabili e le razzie saracene continuarono.

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Ritratto dell’epoca di Pandolfo Petrucci

Infine, a inizio del ‘500, i porti senesi furono appaltati da Gaetano Bichi e l’Argentario fu venduto a Pandolfo Petrucci, abile politico e diplomatico, ma sempre senza che vi fosse alle spalle una concreta politica governativa di sviluppo se si eccettua la visita che, nel 1532, fu fatta fare al celebre architetto militare Baldassarre Peruzzi: il risultato della sua  perizia non fu dissonante da quelle, secolari, che l’avevano preceduta: le fortificazioni dovevano essere rafforzate.

Non furono tuttavia rari i cittadini senesi che divennero ufficiali di marina servendo sotto altre bandiere (4). Uno dei più famosi fu Bartolomeo Peretti: nato a Talamone nel 1503 e brillante ufficiale dell’esercito al soldo dei Medici, nel 1536 armò a proprie spese una galera e “lavorando in proprio” catturò molte navi di pirati mettendosi  poi a servizio del papa nella cui flotta fece una rapida carriera diventando Capitano Generale delle galere. Anche fuori dal Mar Tirreno  le sue vicende furono costellate di successi: combatté  i Turchi in Grecia  e sbarcò  nei dintorni di Costantinopoli.

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Khair El Din detto il Barbarossa

Nel corso di queste operazioni occupò e saccheggiò l’isola di Lesbo, terra d’origine della famiglia del famoso corsaro Khair El Din detto il Barbarossa che ne fu particolarmente addolorato e serbò un profondo rancore. Il Peretti morì nel 1544: in quello stesso anno il Barbarossa assalì Talamone e, non avendo dimenticato l’antico nemico, colse l’occasione per vendicarsi a modo suo: fece profanare la sua tomba e incendiò la sua casa.

* * *

Al termine delle lunghe guerre per il possesso dell’Italia svoltesi nella prima metà del XVI secolo le truppe spagnole e fiorentine attaccarono l’Argentario difeso da senesi e francesi nel giugno 1555: cadde prima Porto Ercole e poi Talamone, ma non si assisté a scontri navali a causa della grande disparità di forze: come al solito i senesi sul mare non avevano nulla ed erano presenti solo tre galere francesi contro ben 42 unità nemiche (5). La città di Siena si arrese alle forze fiorentine nel 1555 e l’ultimo focolaio di resistenza a Montalcino si spense nel 1559. Il territorio della repubblica venne aggregato a Firenze sotto la sovranità di Cosimo Medici mentre il tratto costiero con l’Argentario, Orbetello e Talamone assieme ad altre località della fascia costiera  andò invece a formare lo Stato dei Presidi, un piccolo stato fantoccio formato da territori non contigui fra loro, posto sotto il completo controllo della Spagna e amministrato dal Viceré di Napoli che ebbe un’imprevista longevità, sopravvivendo per più di due secoli fino a Napoleone.

Guglielmo Evangelista
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immagine in anteprima: La presa di Port’Ercole nel 1555 da parte degli Spagnoli. (affresco del Vasari, particolare)
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NOTE

(1) Le Balìe medievali erano magistrature straordinarie e temporanee con poteri molto ampi, spesso istituite in situazioni di emergenza, ma anche per l’esecuzione di urgenti opere pubbliche. 

(2) La Diana era un leggendario fiume sotterraneo che si credeva scorresse sotto Siena e che avrebbe risolto i problemi di approvvigionamento idrico della città. Nel medioevo furono fatti molti inutili scavi per  trovarlo dei quali restano numerosi cunicoli nel sottosuolo. 

(3) A Talamone i Fiorentini erano tenuti a mantenere solo un castellano, un capitano e 33 uomini.

(4) Numerosi senesi entrati nell’Ordine di Malta, in quello di Santo Stefano o al servizio del Papa si fecero onore sul mare nel XVII e nel XVIII secolo come Giovanni Bichi, Marcantonio Zondadari e Mario Chigi. In tempi molto più recenti va ricordato Corradino Chigi, ufficiale della marina sarda, combattente a Tripoli e a Curtatone, capitano del porto di Livorno ed infine contrammiraglio nella Regia Marina.

(5) Una delle navi francesi fu utilizzata per portare a Civitavecchia le donne e i bambini in fuga dal  paese e su un’altra si imbarcò il comandante dei senesi Pietro Strozzi che raggiunse Roma per cercare aiuto dal Papa.
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