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Una storia quasi millenaria: il solcometro

tempo di lettura: 7 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: NAUTICA
PERIODO: XV-XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA

parole chiave: Solcometro, chip log

 

Tutti gli strumenti nautici che misurano la velocità di una nave sull’acqua sono noti come solcometri (in inglese chip log). Il termine inglese LOG richiama il suo primo design che consisteva inizialmente in una tronchetto di legno che veniva filato a mare legato ad una cima che aveva un numero di nodi ad intervalli uniformi, srotolata da una bobina. Il conteggio del numero di nodi passati tra le mani del marinaio nel tempo di misura dava la velocità stimata della nave. Non a caso usiamo ancora il termine nodi per misurare la velocità.

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Solcometro del XVIII secolo (1743), illustrazione tratta da Giovanni Poleni, De la meilleure maniere de mesurer sur mer le chemin d’un vaisseau – Autore  anonimo Solcometro 1734.jpg – Wikimedia Commons

Nel tempo, la costruzione del solcometro venne standardizzata. Il tronchetto venne sostituito da una più pratica tavoletta a forma di quarto di cerchio, o quadrante, con una dimensione e spessore  variabile. La cima veniva attaccata alla tavola con una patta d’oca, in pratica un sistema costituito da tre sagole disposte a raggiera attorno a un punto, al quale facevano capo e sul quale si esercitava la forza. Per garantire che la tavoletta si potesse immergere, orientandosi correttamente nell’acqua, era appesantita con piombo. La tavoletta così disposta offriva maggiore resistenza al moto della nave ed una lettura più accurata e ripetibile (ricordate il concetto di ripetibilità, avere una misura che sia costante). La patta d’oca era attaccata alla tavoletta in modo che, con un forte strattone, una delle cimette si sfilasse mettendo di traverso il solcometro e facilitandone così il recupero. Durante l’utilizzo, dal momento in cuoi veniva lanciata in mare, il marinaio contava il numero di nodi che passava per le sue mani in un certo periodo misurato da una clessidra.

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La bobina del solcometro è chiaramente visibile e raccoglieva la cima che aveva a distanze uguali dei nodi. Il primo nodo poteva segnare il primo miglio nautico (visibile sul mulinello appena sotto il centro). La piccola clessidra è posta in alto a sinistra mentre la tavoletta è in basso a sinistra. Il piccolo perno e la spina in legno chiaro erano un semplice meccanismo di rilascio per due linee della patta d’oca in modo da facilitare il recupero del solcometro – modello esposto al Musée de la Marine, Parigi – CC-BY-SA –  Wikimedia Commons – foto scattata daRémi Kaupp Loch à plateau.jpg – Wikimedia Commons

In pratica, il navigatore che aveva bisogno di conoscere la velocità della nave, faceva ammainare in mare il solcometro da un marinaio a poppa della nave e nel contempo veniva filata la cima. La barchetta rimaneva approssimativamente sul posto mentre la nave si allontanava nel suo moto. Il marinaio lasciava che la cima si esaurisse nel tempo prefissato di 30 secondi (la 120a parte di un’ora) e contava i nodi.

Il primo dispositivo noto per misurare la velocità in mare è attribuita al portoghese Bartolomeu Crescêncio, che sembra lo progettò tra la fine del XV secolo e all’inizio del XVI secolo. La barchetta, o barca di Bartolomeu Crescêncio, era costituita da un pezzo di legno a sezione triangolare, il Batel, il cui bordo ad arco era zavorrato di piombo in modo che rimanesse verticale nell’acqua. La misura veniva effettuata misurando con una clessidra il tempo che un oggetto galleggiante (un tronchetto di legno) impiegava per passare tra due punti di riferimento sul ponte. Il primo riferimento si trova sul diario di bordo di un olandese del 1623, non a caso chiamato a volte chiamato Dutchman’ Log. Per velocità superiori ai 6/7 nodi venivano utilizzate clessidre da 15 secondi e la velocità era ottenuta raddoppiando il numero di nodi usciti.

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estratto da A Regiment for the Sea di William Bourne BOURNE, William (d.1583). A Regiment for the Sea: Conteyning most profitable Rules, Mathematical experiences, and perfect knowledge of Navigation, for all Coastes and Countreys: most needefull and necessarie for all Seafaring men and Travellers, as Pilotes, Mariners, Marchants, &c. London: [H. Bynneman for] Thomas Hacket, [1574?]. (christies.com)

Il sistema, sebbene non preciso, era molto pratico e venne utilizzato dai marinai per molto tempo. La prima descrizione nota di un solcometro marino è contenuta nel libro A Regiment for the Sea di William Bourne, scritto nel 1574. Questo libro fu un riferimento per tutti i marinai dell’epoca e conteneva informazioni preziose per il loro lavoro, inclusi grafici delle maree e informazioni sulla longitudine, le fasi lunari e molte altre cose importanti per la navigazione. Il fatto che venga menzionato un log chip (solcometro) conferma la popolarità di questo primo solcometro. Di fatto sembra che Bourne ideò l’utilizzo di una clessidra di mezzo minuto per il cronometraggio. A quel tempo, un miglio era calcolato come 5.000 piedi, quindi in 30 secondi a un miglio all’ora, una nave avrebbe viaggiato di circa 42 piedi. Veniva utilizzato uno straccio rosso, come linea iniziale, da cui venivano contati i nodi (la lunghezza della cima tra due nodi, per un tempo di 30 secondi – 1/120 dell’ora – era circa di 15,43 metri). Molte navi usavano nodi distanziati di 8 braccia (48 piedi o 14,6 metri) l’uno dall’altro, mentre altre navi usavano 7 braccia. L’intervallo di tempo di lettura doveva essere quindi regolato in base alla distanza tra i nodi. L’uso di questo semplice dispositivo non forniva ovviamente una misura esatta della velocità, non potendo tener conto degli effetti del mare dovuti alle correnti e allo scarroccio ed all’imprecisione della misura della clessidra affetta da umidità e temperatura dell’aria. Si ovviava facendo delle misurazioni frequenti per ridurre gli intervalli e, con un maggiore campionamento, ottenere valori più vicini alla realtà.

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un curioso solcometro ideato dal Poleni basato su una sfera … la descrizione del funzionamento si trova seguendo questo link

Poiché un solcometro misurava la velocità del mezzo attraverso l’acqua questa era affetta da alcuni errori; in particolare l’effetto delle correnti, conosciuto anche nell’antichità (come risulta da uno studio del Poleni del 1734), ed il movimento dell’acqua stessa davano errori che non potevano essere corretti. I navigatori per correggerli si affidavano quindi a correzioni di posizione (ottenute nel controllo della navigazione stimata). Inutile dire che l’esperienza del capitano era fondamentale. Nel XVIII secolo furono sviluppati i primi solcometri meccanici che trainavano un rotore (taffrail) collegato ad una lunga cima che trasmetteva il numero dei giri ad un contatore. Era così possibile risalire al cammino percorso. La sua invenzione viene attribuita, nel 1688, ad un liutaio inglese, Humphry Cole, che inventò il cosiddetto patent log, in cui un rotore a palette veniva trainato da poppa, e le sue rivoluzioni erano registrate su un contatore. Si diffusero nel diciannovesimo secolo andando a sostituire il tradizionale solcometro a barchetta. L’inconveniente era il loro ingombro poppiero e le conseguenti limitazioni durante la manovra della nave. I contatori di questo tipo non divennero comuni fino alla metà del XIX secolo, quando furono montati sul parapetto di poppa, dove potevano essere letti in qualsiasi momento dal timoniere; un altro inglese, Thomas Walker, introdusse perfezionamenti successivi del registro dei brevetti a partire dal 1861. Questa forma di registro è ancora in uso.

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dettaglio di un contatore prodotto da Taffrail Negus – conservato al King’s Point Merchant Marine Museum – autore foto Roy Smith Negus Taffrail Log.jpg – Wikimedia Commons

Dalla seconda metà del XX secolo, i marinai continuarono ad utilizzare versioni meccaniche ed elettromeccaniche più moderne però basate su una piccola girante a pale, fissata attraverso il fondo dello scafo, con il sensore alloggiato in un tubo che poteva essere rientrato quando la nave era ferma o navigava in bassi fondali. Questo strumento si mantenne in uso soprattutto su yacht più piccoli per molto tempo.

I solcometri moderni
Con lo sviluppo della tecnica, sulle navi maggiori, incominciò ad essere utilizzato un solcometro elettromagnetico, più affidabile in quanto non avendo parti meccaniche, non possiede un meccanismo soggetto a guasti. Uno sviluppo successivo fu il solcometro a pressione che utilizzava un tubo di Pitot per determinare la differenza tra la pressione dinamica e quella statica, una variazione che è proporzionale alla velocità del mezzo. Non a caso tale sistema è ancora utilizzato sugli aerei. In pratica, il sensore è costituito da due tubi, uno all’interno dell’altro, di cui uno ha l’apertura verso prora (per poter determinare la pressione dinamica) da confrontare con quella statica misurata dall’altro tubo aperto verso poppa. I due tubi sono in comunicazione attraverso una membrana che trasmette la variazione ad uno strumento (reostato) che trasforma la differenza di pressione in un valore elettromagnetico. Negli ultimi anni sono disponibili sul mercato sensori di velocità che utilizzano due trasduttori ad ultrasuoni, posti uno a prua ed uno a poppa, che inviano impulsi ultrasonici attraverso l’acqua che scorre oltre lo scafo. Calcolando la differenza di tempo nella propagazione dell’impulso da un sensore all’altro, il dispositivo calcola la velocità dello scafo nell’acqua.

Inoltre, utilizzando una tecnologia simile a quella utilizzata dall’ecoscandaglio acustico (trasmissione e ricezione del suono attraverso l’acqua), sono disponibili i solcometri Doppler, in grado di misurare il movimento dell’imbarcazione rispetto al fondale o agli strati dell’acqua. La frequenza utilizzata è superiore a quella dell’ecoscandaglio con una lunghezza d’onda più corta (ovvero con una frequenza maggiore, generalmente compresa tra i 100 a 600 Khz) che consente una migliore diffusione della riflessione (riflessioni multi-percorso) con un angolo del fascio più piccolo (circa 60 gradi), e riducendo le dimensioni fisiche del trasduttore. Diffondendosi di meno, la potenza irradiata dal raggio sonoro rende l’eco più forte. Generalmente, un solcometro Doppler può ricevere echi dal fondale marino solo fino a una profondità di 200 metri circa. Tuttavia, in mare aperto, il solcometro può ancora funzionare riferendosi però non più al fondo del mare ma ad uno strato compreso tra 10 e 30 metri sotto la chiglia. Questa velocità  è chiamata “speed over water” simile a quella ottenuta dagli altri tipi di solcometri ma le riflessioni da uno strato in profondità eliminano l’effetto dei disturbi causati dall’imbarcazione stessa e delle correnti superficiali causate dal vento e dal moto ondoso. I sistemi doppler vengono utilizzati anche su boe oceanografiche e sistemi scientifici per poter valutare i flussi di corrente.

Un lungo cammino da quando quel poco conosciuto marinaio iniziò a misurare con il solcometro a barchetta la velocità della sua piccola nave.  

 

in anteprima solcometro a mano Speyer – autore foto Lokilech 
Speyer Handlog.jpg – Wikimedia Commons

 

 

 

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