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livello elementare.
ARGOMENTO: ARCHITETTURA NAVALE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Costruzione navale, architettura
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Premesse e considerazioni storiche
“Quaranta chilometri di deserto dividono di più gli uomini che cinquecento miglia di mare …”
Jules Verne, padre della moderna fantascienza e appassionato uomo di mare, considerava la barca il primo vero ed unico mezzo della civiltà e, tra le creazioni dell’ingegno umano, quella che combinava armonicamente esigenze tecniche, funzionali ed estetiche in un’unica espressione, al pari di diverse e straordinarie architetture della storia dell’Uomo. L’utilizzo di questo mezzo di trasporto si stima sia iniziato circa 6000 anni fa e nel corso di tutta la storia della navigazione, la forma dello scafo è stata sicuramente condizionata dai sistemi di costruzione, di propulsione, dall’uso cui la barca era destinata, dalle mode e anche dalla fantasia dei costruttori e dal sostanziale passaggio … dal remo alla vela.
I primi natanti furono principalmente creazioni delle culture che le concepirono e ogni popolazione utilizzo i materiali a disposizione nell’ambiente. Nell’ “Architettura senza Architetti“, il Luogo (Topos) delle Arti appare spesso spontaneo e casuale, ma ciò almeno in moltissimi casi non è vero. Questi lontani “Artefici” (non si pensi alla figura del progettista come noi oggi la conosciamo, ma comunque dobbiamo considerare saperi e conoscenze) delle scelte dei luoghi operavano sapienti “fondazioni“ dove la geologia, la latitudine, il clima e le risorse ambientali assumevano un ruolo importantissimo che a volte nel tempo, purtroppo, si è perso.
Il luogo dell’Arte e dell’ingegno e la scelta dello stesso
L’Arte navale, un tempo rispettosa dei propri limiti, per proteggersi e aprirsi al mare utilizzava semplici forme e intuitivi accorgimenti costruttivi compatibili con il sapere e con i principi “sani” (intesi come equilibrio e sostenibilità) per sfruttare, distribuire, convertire, accumulare e dissipare energia dal mare. Oggi, senza dover paradossalmente ricondurre tutto al legno, al giunco, alle pelli e alla natura nel suo significato più ampio e complessivo, non è più necessaria la massa, il peso e lo spessore a regolare e garantire vivibilità, comfort e sicurezza, bensì la leggerezza, la trasparenza, l’immaterialità dei nuovi materiali e delle tecnologie innovative.
Attraverso un attento “ritorno al futuro” possiamo oggi raggiungere, con i mezzi a nostra disposizione, l’espressione della vera contemporaneità, in un combinarsi di forme che ottimizzano sempre più l’impiego di risorse, minimizzano l’uso di materie distruttive, sostengono la riciclabilità, le fonti rinnovabili esauribili e la reintegrazione in una scala temporale umana. Nel lontano passato la zattera, il tronco scavato, i fasci di giunchi, la corteccia degli alberi e la pelle degli animali rigonfia d’aria furono le più remote tappe della prima fase nella tecnica di costruzione di scafi.
Lo spirito di osservazione, la capacità di adattamento e il concetto della galleggiabilità venivano suggerite da tutto ciò che “nuotava”: rami, tronchi o animali marini e terrestri.
La progettazione delle barche era affidata solo alla tradizione e all’abilità pratica di Maestri d’ascia e non esistevano vere scuole di costruzione navale, schemi o regole consolidate (almeno fino al 1670 anno in cui il maestro d’ascia Anthony Dean pubblicò “ Dottrina dell’architettura navale“ e il 1883, quando venne istituita a Glasgow la prima cattedra di Architettura Navale). Tutto il sapere fino a queste date era tramandato oralmente dai maestri artigiani, i carpentieri. Non esiste, a mio giudizio, un’unica linea evolutiva definita e nota nello sviluppo degli scafi delle imbarcazioni. In passato la trasmissione dei caratteri ereditari ha seguito un percorso tuttavia naturale, contestuale, di aggiornamento, oggi invece le basi morfologiche vengono “geneticamente modificate”, alterando il dna del patrimonio stesso con la licenza di aggiungere, eliminare o modificare la percezione del mezzo nautico, con significati spesso a me ancora non del tutto conosciuti o decifrabili!
Gli Egiziani non furono un popolo di grandissimi navigatori. L’eccezionale fertilità della loro terra li rese prima agricoltori e la mancanza di alberi di alto fusto (fatta eccezione per l’acacia, pessimo legno per costruire navi) li privò della materia prima per costruire buone e forti imbarcazioni. Nel IV millennio a. C. i Fenici (popolo semita insediato lungo le coste siriane tra il mare ed i monti del Libano e della Galilea, dove l’agricoltura era povera ma le montagne producevano alberi di alto fusto, soprattutto cedri di buona qualità) divennero presto buoni costruttori di imbarcazioni e ottimi navigatori nonché padroni incontrastati del Mar Mediterraneo. Tra i più grandi e i primi maestri nell’architettura navale. I Greci tra il VIII ed il VII sec. a.C. appresero soprattutto dai Fenici la costruzione delle navi ed i segreti della navigazione consentendo loro di conquistare successivamente tutto il Mediterraneo ed il Mar Nero. Al dominio dei Greci si sostituì, poi, quello dei Romani. Nella seconda metà del III sec. a. C. si affermava nel Mediterraneo occidentale il potere indiscusso di Roma.
Tra il 1400 ed il 1500 d. C. alcuni grandi navigatori al servizio di stati europei compirono importantissimi viaggi di esplorazione al fine di individuare nuove rotte commerciali, contribuendo allo sviluppo e allo studio di tecniche costruttive e di ingegneria navale. Il primo paese che si dedicò alla navigazione oceanica fu il Portogallo (1487 Bartolomeo Diaz, 1492 Cristoforo Colombo, 1498 Vasco de Gama). L’America settentrionale venne invece esplorata dai veneziani Giovanni e Sebastiano Caboto (1497-1498), dal fiorentino Giovanni da Verrazzano (1524) e dal francese Jacques Cartier (1535) che si inoltrò nel Canada. Nel 1519 il portoghese Ferdinando Magellano, al servizio della Spagna, costeggiò l’America Meridionale. Le nuove scoperte geografiche dimostrarono ancora una volta che la nave costituiva il mezzo fondamentale di espansione, di conquista e poi di sviluppo dell’economia.
Nel 1700 la costruzione navale adottò tecniche e metodologie di lavorazione più razionali ed economici. Il trattamento a caldo in sabbia umida del legno da curvare, sistemi per lo smaltimento delle acque dalle sentine, l’opera viva fu protetta da una fasciatura con lastre di rame, furono realizzati sistemi di areazione degli spazi interni e scafi con minore attrito al moto.
Tre innovazioni produssero notevoli cambiamenti alle costruzioni navali: la costruzione in ferro, l’impiego della macchina a vapore e la sostituzione dell’elica alla ruota a pale (l’idea dell’elica, ma solo l’idea, pur geniale, si deve comunque a Leonardo da Vinci 1452-1519). Queste fondamentali innovazioni (il ferro, la propulsione a vapore e l’elica) determinarono un notevole sviluppo degli scafi per dimensioni, forme, velocità e sicurezza.
Fine parte I – continua
Sacha Giannini
in anteprima sistema a tenone e mortasa per l’assemblaggio di assi delle navi antiche – autore originale Eric Gaba – Wikimedia Commons user: Sting – termini inglesi sostituiti con quelli italiani – Riferimento: Jean Taillardat, La Trière athénienne et la guerre sur mer aux Ve et IVe siècles, 1968, in : Jean-Pierre Vernant, Problèmes de la guerre en Grèce ancienne, Éditions de l’École des Hautes Études en Sciences Sociales, coll. Points, 1999 Mortise tenon joint hull trireme-en.svg – Wikimedia Commons
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architetto, yacht designer, perito navale ed ex ispettore di sicurezza del diporto per il rilascio delle certificazioni di sicurezza, è un appassionato e profondo conoscitore delle imbarcazioni a vela che effettua valutazioni tecniche e stime commerciali. Dal 2000 esercita la professione di architetto, tra terra e mare, impegnato nell’architettura come nel refitting di barche.
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