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NO PLASTIC AT SEA

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Petizione OCEAN4FUTURE

Titolo : Impariamo a ridurre le plastiche in mare

Salve a tutti. Noi crediamo che l'educazione ambientale in tutte le scuole di ogni ordine e grado sia un processo irrinunciabile e che l'esempio valga più di mille parole. Siamo arrivati a oltre 4000 firme ma continuiamo a raccoglierle con la speranza che la classe politica al di là delle promesse comprenda realmente l'emergenza che viviamo, ed agisca,speriamo, con maggiore coscienza
seguite il LINK per firmare la petizione

  Address: OCEAN4FUTURE

L’importanza degli Stretti marittimi: da Suez a Panama

Reading Time: 8 minutes

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livello elementare

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ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XX SECOLO
AREA: SICUREZZA MARITTIMA
parole chiave: stretti, canali, choke point
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La sicurezza del transito mercantile negli stretti e nei canali marittimi, per un motivo o per un altro, è spesso oggetto di discussione nelle news. Questi passaggi, sotto un certo aspetto obbligati, sono oggetto di contenziosi economici e geopolitici legati al fatto che chi controlla il transito può esercitare il suo potere sugli altri. 

Un equivoco comune
I termini geografici “Canale” e “Stretto” sono spesso erroneamente considerati come sinonimi. In realtà, pur avendo a volte caratteristiche comuni, hanno delle differenze oceanografiche che ci permettono di distinguerli da un punto di vista scientifico. Possiamo dire che dal punto di vista oceanografico la differenza tra “stretto” e “canale” dipende dal tipo di masse d’acqua coinvolte. Se queste, da un lato all’altro della via d’acqua, hanno caratteristiche chimico-fisiche simili (in termini di densità, salinità, temperatura) si parla di “canale”, se invece sono dissimili si parlerà di “stretto“. Ad esempio, come vedremo  più avanti, lo stretto di Gibilterra separa le fredde e più “dolci” acque oceaniche atlantiche da quelle mediterranee che sono più calde e salate.  Può però capitare che uno stretto si possa trovare all’interno di un canale del quale costituisce la parte meno larga; ad esempio lo Stretto di Dover (Regno Unito), situato nel Canale della Manica e che ne è il punto più stretto (21 miglia).

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il canale della Manica osservato dalla sonda Sentinel-1 dell’Agenzia spaziale europea ci regala un’immagine che racconta molto sul traffico marittimo che attraversa il Canale della Manica – public domain 

Come si formano?
I canali e gli stretti possono essere frutto di processi geologici provocati dalla separazione delle placche o possono essere stati causati dall’erosione. Variazioni della morfologia del pianeta che, sebbene lente, continuano. Ad esempio ricorderete che, in diversi articoli su ocean4future, abbiamo descritto la straordinaria complessità della morfologia costiera che a volte prosegue al di sotto della superficie marina, disegnando canyon, pianure e montagne. Alcuni canali sono invece opere di origine umana, realizzate nel migliore dei casi attraverso costosi lavori di dragaggio di corsi d’acqua già esistenti con lo scopo di facilitare il passaggio delle navi per poter accedere ad alcuni porti o mettere in comunicazione mari diversi per risparmiare giorni di navigazione. Va da sè che i canali e gli stretti, avendo lo scopo di ridurre i tempi di navigazione (e quindi i costi del trasporto via mare) hanno da sempre avuto un’importanza geopolitica ed economica.

In viaggio attraverso gli oceani ed i mari
In molti articoli di ocean4future abbiamo parlato dei cosiddetti “choke point” strategici, imbuti geografici che raccolgono la maggior parte del traffico commerciale vitale per le economie globali. Iniziamo oggi un viaggio immaginario, partendo dalle coste orientali del Mediterraneo e attraversando  Suez, la porta del Mar Rosso.

Suez
Partiamo dal Canale di Suez, una via di comunicazione marittima aperta nel XIX secolo per collegare il Mar Rosso al Mar Mediterraneo. Il canale di Suez fu ovviamente realizzato per accorciare le rotte marittime dall’Europa al Medio Oriente ed all’Asia orientale, che un tempo obbligavano i naviganti a lunghe e pericolose navigazione circumnavigando l’Africa.

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il progetto del canale di Suez di Negrelli

Il canale fu costruito su progetto dell’ingegnere italiano Luigi (Alois) Negrelli, ma di cittadinanza austriaca, e fu inaugurato nel 1869. Successivi lavori ne aumentarono nel tempo la profondità e la larghezza per adattarlo alle nuove esigenze. Ad esempio, gli ultimi lavori nel canale, ultimati nel 2015, hanno consentito di raddoppiare la circolazione delle navi sebbene solo su 72 dei 193 chilometri della sua lunghezza, grazie all’allargamento di 37 chilometri del canale originale ed allo scavo di una nuova via di 35 chilometri.

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il traffico AIS attraverso Suez

Attualmente il canale ha una lunghezza di circa 193,30 km (compreso un canale di accesso Nord di 22 km e un canale di accesso a Sud di 9 km), con una profondità di circa 24 metri ed una larghezza che varia tra 205 e 225 metri, che consente il transito di navi con pescaggio massimo di 20,12 metri. Nel canale transitano in media 78 navi al giorno che devono transitare secondo una tabella di marcia ben precisa regolata dall’Autorità marittima che gestisce il Canale, attraverso diverse stazioni di controllo lungo la rotta e la presenza obbligatoria a bordo di piloti egiziani. Annualmente oltre 17.000 navi transitano da Suez, che rappresenta circa il 7,5% del traffico mercantile mondiale.

Il punto di debolezza del canale di Suez, come della maggior parte delle vie d’acqua ristrette, è la possibilità di un blocco accidentale o voluto del traffico che può causare importanti pesanti danni commerciali. Nel caso di Suez il suo blocco costringerebbe la riprogrammazione delle rotte del traffico mercantile, obbligando le navi alla circumnavigazione dell’Africa con un aggravio di 15/20 giorni sul transito normale (dovuti a 7/8 giorni di maggiore navigazione e ad altri 8/10 giorni di attesa e scarico nei porti di destinazione). Ricorderete il recente caso del mercantile Ever Given che ha nuovamente portato il mondo armatoriale a riflettere sulla sicurezza negli stretti e nei canali strategici.

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Lo stretto di Bab el Mandeb
Dopo aver attraversato il Mar Rosso, navigando verso Sud, incontriamo lo stretto naturale di Bab el-Mandeb, in arabo per la “porta delle lacrime”. Crocevia di traffici mercantili sin dall’antichità, questo stretto ha assunto oggi un’importanza strategica dove gli interessi delle grandi e minori potenze, tra pirati e fazioni politiche in lotta, si fronteggiano in una guerra tutt’altro che fredda che ha come obiettivo finale il controllo del traffico marittimo. L’uso di mine navali e di attacchi con battelli veloci ai mercantili sta preoccupando la comunità internazionale che ha incominciato ad identificare un disegno politico ben preciso per forzare gli equilibri esistenti. Come nel caso di Suez, una chiusura di questo stretto obbligherebbe un istradamento commerciale marittimo attraverso il Capo di Buona Speranza (con tempi decisamente lunghi e costi che ricadrebbero inesorabilmente sul privato).

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Lo stretto di Hormuz
In uscita dal Mar Rosso, dirigendoci verso Oriente troviamo diversi stretti di importanza strategica. Iniziamo con quello di Hormuz. Situato tra Iran, Emirati Arabi Uniti (UAE) e Oman, questo apparentemente largo braccio di mare connette il Golfo Persico/Arabico con il Golfo dell’Oman e gli accessi al Mare Arabico. Hormuz, teatro di frequenti scontri politico-militari negli ultimi trent’anni, è ancora oggi considerato il più importante punto di passaggio del traffico petrolifero, grazie ad un flusso mercantile che costituisce circa il 20% di quello globale.

Qualche numero: con una larghezza di appena 21 miglia nautiche nel punto più stretto, i mercantili seguono degli instradamenti, vere autostrade del mare per immettersi sulle rotte che vanno ad oriente  oppure si dirigono verso Aden/Bab el Mandeb. Lo Stretto di Hormuz è attraversato da un terzo delle esportazioni mondiali di petrolio greggio via mare e collega i grandi produttori del Medio Oriente con i clienti in tutto il mondo. Questo ne fa uno stretto strategico di primaria importanza

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Dozzine di petroliere viaggiano ogni giorno attraverso lo Stretto, ma il loro passaggio è diventato, dal 1990, molto più complicato: mine navali ed attacchi, compreso il recente sequestro di una nave cisterna registrata nel Regno Unito, hanno messo in luce il pericolo per gli armatori del  transito nello stretto. Sebbene l’Iran abbia negato qualsiasi collegamento a questi attacchi, il comportamento ostile della Guardia Rivoluzionaria iraniana non ha spesso aiutato a comprendere le dinamiche degli eventi. Questa situazione non sembra essere destinata a migliorare, in particolar modo se si considera l’innalzamento della tensione commerciale tra gli Stati Uniti (e quindi buona parte dei Paesi occidentali) e la Cina, interessata a salavaguardare con l’aiuto anche iraniano le rotte energetiche della Maritime Silk Road.

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Malacca
Navigando verso Sud Est, troviamo un’altra via marittima di importanza strategica: lo stretto di Malacca, passaggio storico tra l’oceano Indiano ed il Pacifico. Questo stretto marittimo è forse secondo solo ad Hormuz per il volume del traffico mercantile mondiale. La via d’acqua è particolarmente suggestiva e si restringe progressivamente da circa 97 miglia nautiche fino ad una strettoia di circa 1,7 miglia, il Phillips Channel, che si affaccia sul gigantesco hub marittimo di Singapore.  

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Abbiamo citato la Maritime Silk Road. Bisogna ricordare che lo stretto di Malacca è sulla rotta marittima diretta in Cina, Indonesia, Giappone e Corea del Sud. Nel suo punto più stretto, i rischi di collisione tra navi è elevato. Inoltre, come lungo le coste somale, vi è la possibilità di attacchi da parte dei pirati che non disdegnano di attaccare anche le navi alla fonda in attesa di entrare in porto. In caso di una sua chiusura, esistono due rotte alternative attraverso lo stretto di Lombok o lo stretto di Sunda, tra Java e Sumatra, che comunque allungherebbero i tempi di transito in maniera significativa.

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Buona parte del traffico mercantile attraverso Malacca dirige verso i grandi Paesi asiatici, non a caso la rotta fa parte della Maritime Silk Road cinese 

Panama
Continuando verso oriente, il traffico si dirige verso i grandi Paesi orientali,  verso l’Australia e, attraversando l’immenso Pacifico, verso le Americhe. Arriviamo ora ad un altro canale importante che mette in comunicazione il Pacifico e l’Atlantico, Panama. Il suo progetto originario del canale risale al XIX secolo con uno studio del 1829 eseguito dall’ingegnere inglese John Lloyd su commissione di Simón Bolívar.

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Le fasi della costruzione furono molto complesse, sia per ragioni politiche  che ingegneristiche. Finalmente i lavori iniziarono nel 1907, intrapresi dal genio militare statunitense, e si conclusero il 3 agosto 1914, seguendo i progetti del colonnello Gothal, ma l’inaugurazione ufficiale fu effettuata solo il 12 luglio 1920.

Il Canale di Panama è lungo 50 miglia e largo solo 33 metri nel suo punto più stretto, chiamato Culebra Cut. Nonostante ciò, ogni anno circa 14,000 navi lo attraversano, la cui metà ha come destinazione finale i grandi porti americani.

Nel 2016 é stato terminato lo scavo di due canali di accesso alle nuove chiuse e all’allargamento del canale di navigazione. Il progetto ha visto la costruzione di due nuove serie di chiuse in corrispondenza di ciascuno degli imbocchi del canale, parallele a quelle già esistenti. 

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traffico AIS attraverso Panama

Il progetto, che ha visto attivamente coinvolto un consorzio italo-spagnolo del settore delle costruzioni marittime, ha realizzato, proprio in Italia, le nuove paratoie giganti, che porteranno a raddoppiare il transito del canale entro il 2025. In caso di blocco del canale, l’alternativa sarebbe di allungare il viaggio di 8000 miglia, transitando attraverso lo Stretto di Magellano, Capo Horn ed il Passaggio di Drake in Sud America.

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Un’alternativa sicuramente terrificante per il traffico che comporterebbe reazioni politico militari dei grandi paesi americani.

Fine I parte – continua … dall’altra parte dell’Atlantico

 

 

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