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L’assedio di Malta del 1565: dallo sbarco dei Turchi alla presa di S. Elmo – parte II

tempo di lettura: 9 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE

PERIODO: XVI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: assedio, Malta
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Eravamo rimasti ad aprile 1565 ed alla fugace visita del Vicerè Don Garcia. Era in viaggio per raggiungere la Goletta e preparare anche lì le difese, visto che nessuno conosceva l’effettivo obbiettivo finale dei Turchi. Rimase a Malta solo un giorno. Non era certo quello che gli Ospitalieri si aspettavano. 

Verso i primi di Maggio, il Gran Maestro chiese ai suoi commissari di redigere un rapporto completo sulle forze militari disponibili.

  LINGUA CAVALIERI       SERVENTI d’ARMI  
Provenza 61 15  
Alvernia 25 14  
Francia 57   24   
Italia 160 5 (oltre a 10 volontari)  
Inghilterra 1 0  
Aragona 86 2  
Alemagna 13 1  
Castiglia 68 6  
TOTALE 471 77  

A questi numeri vanno aggiunti i 44 cappellani militari, per un totale di 592 uomini in arme appartenenti all’Ordine. Il calcolo finale porta, comprendendo anche i 5830 della milizia maltese e i 1120 mercenari, a 9117 combattenti. Un numero molto vicino agli 8500 menzionati dal Giacomo Bosio. Pochi giorni dopo, a Costantinopoli, l’Armata pronta a lasciare il porto ha dimensioni molto differenti. Al comando di Pialì Pascià ci sono 138 galere in assetto da guerra, che portano oltre 50 cannoni da campo e una forza di sbarco, comandata da Mustafà Pascià, di 38.300 uomini.

Gli obbiettivi affidati ai due generali da Solimano sono tre:

  • prendere Malta
  • prendere La Goletta (città tunisina in mano europea)
  • conquistare la Corsica

Cinque giorni di navigazione, e le vele della flotta turca compaiono all’orizzonte della costa orientale maltese. Il Forte di S. Elmo avverte il resto dell’isola con tre colpi d’artiglieria, cui rispondono quelli di Forte S. Angelo, della Notabile e di Gozo. Gli abitanti di Malta piombano nel terrore. Chi è rimasto fuori dai luoghi fortificati si affretta a raggiungerli, altri cittadini radunano gli averi e le provviste rimanenti, mentre gli addetti ai lavori di fortificazione moltiplicano gli sforzi (poiché non tutte le opere sono complete). Il Generale Coupier si apposta vicino al porto Marsascirocco con circa 1500 uomini, dove una barca turca si avvicina e poi ritorna alla flotta. Coupier continua a seguire gli spostamenti della flotta turca dalla costa e a un certo punto quasi tira un sospiro di sollievo, perché l’armata punta verso sud. Molti altri sperano che Pialì Pascià si diriga verso La Goletta e non molesti Malta, ma i Turchi gettano l’ancora  nelle insenature di Migiarro e Ghain Toffiha.

Giunta la notte, Coupier fa riparare il grosso della truppa nella Notabile, ma teme che i Turchi vogliano assediare proprio la città. Indecisi se evacuare la città, Coupier e i notabili inviano un messaggero al Gran Maestro, che lo riceve a tarda notte e lo incoraggia a mantenere la posizione; all’alba parte per la Notabile un contingente di uomini e munizioni.

malta 1565 assedio

I tre forti presidiati dai Cavalieri: S.Elmo, S.Angelo (Borgo), S.Michele (Senglea). La mappa è di poco successiva al Grande Assedio, quindi è già presente la cinta muraria de La Valletta nei pressi di S. Elmo

La mattina seguente, La Valletta assegna la difesa del Borgo ai cavalieri francesi, spagnoli e tedeschi, mentre alle più numerose schiere italiane, comandate dall’Ammiraglio De Monte, spetta quella della Senglea. Al Forte di S.Elmo decide di mandare il Balì Cav. d’Eguaras con 40 cavalieri e 200 mercenari spagnoli, in modo da supportare l’anziano Balì De Broglio, che è già lì a difenderlo con 120 uomini. La Valletta ordina anche di avvelenare tutti i pozzi e le riserve idriche dell’entroterra. I Turchi però non mostrano interesse per la Notabile, e nel giro di un giorno e mezzo tutta la flotta ritorna a Marsascirocco, dove poche ore prima erano sbarcati 3000 uomini di avanguardia. I Turchi costruiscono lì gli accampamenti. È domenica e Fra Roberto d’Evoli, un cappuccino rimasto schiavo dei musulmani per molti anni, infiamma gli animi dei soldati con le sue prediche. Un contingente di cavalleria si avvicina per provocare i Turchi e riesce a portarli fino alla fanteria di Coupier, che a sua volta indietreggia per far arrivare il nemico a distanza di tiro dell’artiglieria di Borgo. Dalla fortezza escono però 800 uomini, non autorizzati dal Gran Maestro, per aiutare Coupier. Lo scontro con i Turchi è violento e mette in rotta questi ultimi. I maltesi li inseguono a lungo, massacrandone molti e catturandone sei. Il Cav. Melchiore d’Eguaras, comandante della sortita di cavalleria, viene ferito a una gamba e sostituito con il Cav. Barrese, che riporta i cavalieri alla Notabile, mentre la fanteria rientra nel Borgo.

Il 21 maggio il Gran Maestro fiuta un attacco turco al Borgo, quindi ordina a Coupier di accamparsi con 600 archibugeri sulla collina di S.Margherita e al Gen. Gioù sotto i baluardi di fronte al Borgo con altri 400. Vieta inoltre ai Cavalieri di uscire e combattere allo scoperto, poiché molti di loro hanno intenzione di affrontare il nemico in campo aperto. Quando i Turchi attaccano, gli archibugeri si fanno trovare pronti e rispondono al fuoco, supportati dai cannoni del Borgo. Le ondate dell’attacco musulmano si infrangono contro il muro di piombo di quasi mille bocche da fuoco. Alla fine della giornata, i Turchi si ritirano lasciando sul campo 900 morti. Le perdite maltesi sono insignificanti.

Mustafà Pascià posiziona gli accampamenti nelle pianure di casal Tarxen, in quelle della Marsa e di fronte alla Sanglea (ovviamente a distanza di sicurezza dall’artiglieria maltese). Non riesce però a concordare una strategia precisa con Pialì Pascia, anche perché entrambi sono in attesa di Dragut. L’ottantenne corsaro rimane il favorito del Sultano, e proprio quest’ultimo vuole che sia consultato per ogni decisione importante.

In linea di massima, Mustafà vuole attaccare il Borgo, mentre Pialì ha messo gli occhi su S.Elmo. Alla fine, prevale l’opinioni di Pialì, che ha intenzione di spostare la flotta da Marsascirocco a Marsamuscetto (una delle due insenature che delimitano la penisola ove è posizionato S. Elmo), in modo da precludere ogni possibilità di soccorso da parte di navi cristiane. S. Elmo sorge all’estremità di una lingua di terra che viene interamente occupata dai Turchi. I lavori di costruzione delle trincee, posizionamento delle artiglierie e sistemazione della logistica continuano a ritmo incessante sotto la direzione dei due Pascià, che prevedono di prendere il forte in meno di cinque giorni. Il monte Sciberas, di fronte a S.Elmo, è un luogo impervio e roccioso, quindi gli Ottomani sono costretti a creare dei terrapieni portando terra dalla base del monte. Il 24 maggio, i cannoni iniziano a cantare.

Filippo II di Spagna

Dal canto suo, il Gran Maestro si rallegra per la scelta turca. Immagina infatti una lunga resistenza di S.Elmo, che possa almeno dare il tempo di finire le fortificazioni della Sanglea o di vedere arrivare i soccorsi del Viceré. Per questo, invia al forte altri uomini e munizioni, portando il numero dei difensori totali a 600: 500 soldati e 100 cavalieri. Alla notizia, poi, che le riserve idriche maltesi consentiranno ai cristiani di sopravvivere per circa quattro mesi, La Valletta ordina di uccidere tutto il bestiame e salarne le carni, in modo da risparmiare tutto il consumo idrico animale. Purtroppo per l’Ordine, il Vicerè continua a negare gli aiuti e l’arrivo di una grande flotta cristiana, guidata da Filippo II di Spagna, sembra lontano. Arrivano invece i rinforzi turchi, sia quelli guidati dal rinnegato calabrese Luccialì (con la sua “Guardia di Alessandria”), sei galee e 900 uomini, sia quelli di Dragut (il 30 maggio), altre 15 galee e 1500 uomini. Il Gran Maestro teme soprattutto le capacità tattiche e militari di Dragut, tanto da mettergli alle calcagna la sua galea personale per spiare i suoi movimenti prima dell’arrivo a Malta.

In una settimana di bombardamento continuo, le mura di S.Elmo subiscono gravi danni.
Il Gran Maestro decide di radunare un contingente e raggiungere S.Elmo per barricarvisi all’interno assieme ai suoi, ma gli altri Cavalieri gli impediscono di partire. Tuttavia molti di loro, vedendo i fratelli in difficoltà, si imbarcano su scafi leggeri per raggiungere la zona calda; il Gran Maestro cerca di favorirne il passaggio bersagliando il campo dei Turchi con l’artiglieria di S.Angelo. Una scheggia di pietra ferisce gravemente Pialì Pascià e tra i suoi uomini si sparge la voce della sua morte. Il 29 Maggio i Cavalieri approfittano del caos nella catena di comando nemica e improvvisano una sortita, massacrando inizialmente molti turchi. La loro reazione è però pronta, e dopo un breve scontro, riescono a spingere di nuovo i Cavalieri all’interno del forte. Le sorti della giornata propendono a favore dei turchi quando il fumo delle armi viene portato dal vento proprio sugli spalti. Il tempo di aspettare che si diradi, e i Cavalieri si ritrovano con un cannone turco, piazzato sulla controscarpa, che fa fuoco sul revellino. I fanti turchi mostrano grande coraggio, approntano le scale e tentano di arrivare agli spalti. Purtroppo per loro, le scale sono troppo corte, e la scalata si trasforma ben presto in un massacro. Le scale cadono sui soldati, la ritirata è resa difficile dalla controscarpa e i Cavalieri li bersagliano senza sosta. In poche ore, dall’alba a mezzogiorno, 3000 cadaveri riempiono il fosso. I Cavalieri morti sono 20, i soldati 100.

1565 mappa assedio di malta

Il posizionamento finale delle batterie ottomane (blu) e dei forti degli Ospitalieri (rosso)

Il Cavaliere Bridiers, ricevuto un colpo di moschetto in pieno petto, allontana i confratelli, dicendo loro di occuparsi di chi può sopravvivere (“non mi contate più nel numero dei vivi“); si trascina poi fino alla cappella del forte e muore ai piedi dell’altare. Il balì di Negroponte e il commendator Del Broglio, anziani e sanguinanti, sono trasferiti assieme agli altri feriti a Borgo, ma chiedono a La Vallette di poter tornare al loro posto e morire con le armi in mano.

Fra tanti guerrieri c’è anche un cavaliere codardo, che si imbarca con i feriti pur avendo solo una piccola escoriazione (“un colpo di cui appena vedevasi il segno“). Il Gran Maestro, disgustato, lo fa arrestare e condurre in prigione. Per sostituire i morti e i feriti, La Vallette invia a S. Elmo cento uomini freschi. Ma il forte è ormai un luogo di lacrime e sangue. Moltissimi Cavalieri e soldati sono sulle mura con le braccia al collo, zoppicanti o con le bende sulla testa. Gli arti amputati durante il combattimento rimangono sparpagliati in terra perché non c’è neanche il tempo di raccoglierli. Ogni giorno, gli assediati perdevano altri uomini senza avere più la possibilità di rimpiazzarli. Alcuni di questi inviano messaggi al Gran Maestro, chiedendogli di abbandonare S. Elmo e partecipare all’ultima difesa di Borgo e Senglea, ma La Vallette chiarisce che devono rimanere sul posto.

La maggior preoccupazione dei Cavalieri sembra essere quella di finire sotterrati durante i cannoneggiamenti, considerandola una morte poco onorevole, quindi il Gran Maestro è costretto a ripetere loro di non abbandonare i loro posti e non tentare atti eroici.  Invia anche tre commissari per valutare le effettive condizioni in cui versa S. Elmo; due di loro lo reputano ormai indifendibile e, anzi, non capiscono come abbia fatto a resistere per così tanti giorni, mentre il terzo, Costantino Castriota (che si vantava di discendere da Scanderberg), pensa di poterlo far resistere ancora a lungo, e chiede al Gran Maestro di assegnargli la difesa del forte. Molti cittadini, soldati e abitanti delle campagne sfuggiti ai Turchi chiedono di seguire Costantino, mentre La Vallette stuzzica i difensori del forte dicendo loro che volendo possono ritirarsi, perché per ognuno di loro che abbandonerà S. Elmo ci sono dieci volontari pronti. I difensori del forte, colpiti nell’orgoglio, dichiarano al Gran Maestro (ci vogliono due missive, perché La Vallette rimanda indietro la prima, considerandola poco sottomessa) che rimarranno a difesa di S. Elmo fino alla morte.

La milizia di Costantino viene così sciolta e la difesa del forte rimane ai superstiti dei primi assalti. S. Elmo, gravemente danneggiato, ancora resiste. Dopo il suo arrivo, Dragut ordina di avvicinare l’artiglieria e di posizionare altre quattro colubrine sulla punta opposta al forte (divenuta poi Punta Dragut), in modo da colpirlo anche al fianco. In realtà, Dragut non approva la scelta di lasciarsi alle spalle sia la fortezza del Gozo che la Notabile, ma essendo arrivato con una settimana di ritardo, accetta le decisioni dei due Pascià. Il 3 giugno, Mustafà Pascià ha due settimane di ritardo rispetto al piano originale. Ordina quindi un attacco congiunto via terra e via mare, non prima di aver completamente raso al suolo il bastione del forte. Migliaia di Giannizzeri passano sul fossato, ormai riempito, con il supporto di 4000 archibugieri. Per gli assediati è quasi impossibile affacciarsi alle breccia aperta nelle mura. I Giannizzeri arrivano a pochi metri da ciò che resta del forte e trovano la breccia presidiata da tutti i sopravvissuti; la linee di difesa sono costituite da tre soldati alternati a un Cavaliere. Dopo essersi scaricati addosso gli archibugi, le due parti arrivano a un corpo a corpo furioso. Le alabarde vanno in frantumi, le spade si spezzano, e a molti non rimane che affrontarsi a colpi di pugnale o di pietra.

Un’arma terribile
Per la prima volta, l’Ordine sperimenta quel giorno un’arma terribile. Dall’alto delle mura, i Cavalieri gettano sugli assalitori, ammassati sotto la breccia, dei cerchi di stoppa infuocati (inzuppati di pece e olio bollente). Ogni cerchio manda a fuoco da tre a sei Turchi, creando un grave scompiglio. Per sei ore è un continuo di cadaveri in fiamme e corpi che volano giù dalle mura sulla massa degli assedianti. A denti stretti, Mustafà fa suonare la ritirata. 2000 dei suoi sono morti, mentre i Cavalieri rimasti sul campo sono 17. Purtroppo i Cavalieri hanno perso 300 soldati (contando anche i gravemente feriti). Il Gran Maestro è sempre più convinto che la difesa di S. Elmo sia la chiave per resistere fino all’arrivo degli aiuti e, con l’ennesimo stratagemma, riesce a far arrivare al forte altri 150 soldati e Cavalieri. Non ci fu bisogno di convincere nessuno, perché si presentarono tutti volontari.

tomba di S.Elmo

Le parole del Vassallo sono chiare: il forte era diventato una tomba, i volontari erano destinati alla morte

Fine  parte II – continua

Gabriele  Campagnano 

articolo pubblicato originariamente su http://zweilawyer.com

 

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