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Telops vs Cleptoscopio: la disputa con la Regia Marina – il periscopio Parte II

tempo di lettura: 9 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: DIDATTICA

parole chiave: periscopio, sommergibile, Triulzi, Telops, Cleptoscopio
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L’interesse per la vicenda dell’invenzione del periscopio Telops Triulzi e del Cleptoscopio Russo-Laurenti richiede qualche maggior chiarimento: la cronaca della contesa è descritta dettagliatamente nel saggio L’invenzione del periscopio per sommergibili di Augusto Maria Trivulzio e Sabina Triulzi. Dal saggio, che riporta diverse fonti scritte, quali gli scritti di Giulio Martinez, emergono dati inconfutabili, poi utilizzati da diversi storici, per rivendicare la priorità italiana nello sviluppo dei periscopi per le unità subacquee.

Come ho accennato nella prima parte dell’articolo, il ritrovamento dell’archivio di Paolo Triulzi ha permesso, per la prima volta, una ricostruzione dettagliata degli avvenimenti e dei successivi accadimenti che hanno travagliato la vita del Triulzi a seguito della sua invenzione, e si scopre che il Triulzi fu “scippato” della sua invenzione due volte!

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il regio sommergibile Delfino

Il primo scippo
Nel 1900, per navigare sottacqua, fu applicato al Delfino un comune cannocchiale terrestre, disposto verticalmente a guisa di alberetto, munito in alto e in basso di superfici riflettenti inclinate a 45 gradi in modo da far percorrere ai raggi luminosi una specie di Z. Sistemi analoghi erano stati in tutti i tempi usati per la visione su terraferma dagli osservatori, ad esempio nelle trincee, ma per l’esiguo campo di visione (di pochissimi gradi) non erano affatto adatti alla navigazione subacquea, per la quale era necessario avere un ampio campo di visione  sullo specchio d’acqua per trovare rapidamente quanto di interesse e, soprattutto, non perderlo di vista a causa di una lieve oscillazione della nave.

Come abbiamo accennato nella prima parte, la storia dell’invenzione italiana del periscopio inizia nel febbraio del 1901 quando l’Officina Galileo di Firenze viene informalmente invitata dal comandante del Delfino, il Tenente di Vascello Giuseppe Boselli, ad occuparsi di risolvere il problema.

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Dimostratore del Telops, Marzo 1901 Nella foto in alto si leggono i nomi delle persone ritratte: Palini, Toschi, Ambrosini, Ceccherini e Donini (dietro) e la nota “1901 Vecchia Galileo di Viale Regina Vittoria – Foto in basso: a sinistra immagine visione monoculare diretta e a destra visione binoculare – Immagini tratte dal sito http://www.periscopiotriulzi.altervista.org

Il Triulzi si mette all’opera, valuta diverse architetture ottiche e, alla fine di febbraio, costruisce un dimostratore: «un lungo tubo di cartone che da un locale dell’ultimo piano del fabbricato sporgeva dal tetto dell’Officina» in cui aveva disposto due cannocchiali a campo largo contrapposti, cannocchiali che aveva già progettato per osservazioni astronomiche. Stando al coperto si potevano vedere oggetti circostanti in grandezza naturale, senza deformazioni, per un settore di circa 60° con perfetta definizione e intensità luminosa. Per la notevole ampiezza del campo di visione si poteva far oscillare ampiamente il tubo ottico, come se ci si trovasse a bordo, senza perdere di vista un punto osservato verso il centro del panorama. Non conoscendo in dettaglio i requisiti operativi richiesti dalla Regia Marina, il Triulzi, come descrive di seguito, prosegue nelle prove:

«Seguitando nelle prove per indagare tutte le possibilità̀ della soluzione trovata, ottenni di poter esplorare contemporaneamente, con due osservatori, due campi opposti al vertice di 60° ognuno; e pur anche l’intero orizzonte provvedendo le estremità̀ del tubo ottico di sistemi obbiettivi e di altrettanti oculari in basso. Ho anche ottenuto di poter osservare uno stesso settore di 60 gradi con ambedue gli occhi per sommare le impressioni luminose evitando in tal modo anche l’affaticamento della visione monoculare. In tutte le varie disposizioni sperimentate vi era sempre la possibilità̀ di osservare le immagini per proiezione e di ritrarne fotografie».

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una rara foto del Comandante Boselli, da socio fondatore del Rotary di La Spezia, circa 1930

Di questa attività vi è conferma in una serie di fotografie ritrovate nell’archivio di Paolo Triulzi.  Con lettera riservatissima, nel marzo del 1901 l’ingegner Giulio Martinez informa il Comandante Giuseppe Boselli del ritrovato. Pochi giorni dopo il Boselli si rende conto personalmente di quanto affermato e,  poiché il periscopio corrisponde ai suoi desiderata, si impegna per attivare l’ordinazione della apparecchiatura il più presto possibile. Si legge, del ritrovato «il Boselli restò entusiasta e senza conoscerne la composizione ne fece una sommaria esposizione alla Spezia agli ingegneri del Genio Navale che costruivano il sommergibile, e il 2 aprile 1901 la Direzione del 1° Dipartimento delle Costruzioni Navali di La Spezia chiede formalmente alla Officina Galileo la disponibilità a fornire un “apparato ottico per il Delfino”, specificando per condizioni i requisiti constatati dal Comandante Boselli nell’esemplare di prova mostratogli a Firenze.

Nella stessa lettera “si richiede alla Galileo di mantenere segreta l’invenzione e di non procedere, per il momento, alla richiesta di brevetto.»

Paolo Triulzi si reca a La Spezia per vedere come installare il suo periscopio sul Delfino e ne fa un progetto che, su istruzione del Dipartimento di La Spezia con data 20 aprile, viene portato direttamente dal Martinez al Ministero della Marina e illustrato all’ing. Laurenti, quale incaricato delle costruzioni sottomarine. Il Laurenti “parve ben disposto verso la Galileo” ma il tempo passò senza nessun riscontro.

A questo punto, la Galileo prese come agente, per il buon fine dell’operazione, la ditta LoMBaFer di Lombardi & Ferrari di Firenze, fornitrice di carbone, che «vantava grandi relazioni ministeriali e si dicevano intimi del Ministro Zanardelli». Sarà per le pressioni del Boselli e/o l’azione dei rappresentanti della Galileo, che il 18 maggio 1901 il Laurenti scrive al Martinez, scusandosi del ritardo, ma poi ancora silenzio sino al 12 luglio, quando il Laurenti chiede di poter vedere il periscopio.

«Così dopo 5 giorni dalla richiesta, l’Ing. Laurenti poté guardare attraverso quello strumento – stando coperto dal tetto dell’officina – il panorama all’intorno dello stabilimento come se l’osservasse all’estremità superiore del Periscopio».

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 estratto da La Tribuna del 25 agosto 1901©Archivio MNS&T

Nonostante l’urgenza di risolvere il problema del Delfino, ancora silenzio … sino a domenica 25 agosto 1901 quando comparve sul giornale “La Tribuna” la notizia in prima pagina di una nuova invenzione italiana: “Il cleptoscopio pei battelli sottomarini”, realizzata dagli ingegneri navali Gioacchino Russo e Cesare Laurenti, ed in cui si cita anche il Telops. La notizia sembrò cogliere di sorpresa l’Officina Galileo di Firenze che, ovviamente,  reagì immediatamente con un duro comunicato del Lombardi e del Ferrari, in cui si rivendica la priorità del Telops, di cui la Regia Marina e gli ufficiali erano a conoscenza dal mese di marzo, e in cui si accusa gli inventori di averne carpito il segreto e si chiede una indagine. Nel comunicato però viene citato il brevetto del Cleptoscopio depositato a Roma in data 28 luglio, informazione di cui nell’articolo non vi è traccia. A questo punto sorge un dubbio. Come faceva l’Officina Galileo a conoscerne l’esistenza se “era ancora mantenuto segreto dall’Ufficio delle Privative Industriali”?

La controreplica Russo-Laurenti fu altrettanto immediata e venne pubblicata il 29 agosto 1901. L’ingegner Martinez stese allora tutta la storia della vicenda dell’invenzione del Telops per farla pubblicare sul Giornale d’Italia: ma il giornale si rifiutò di pubblicarla, “forse perché la ritenne troppo vivace.”

Decaduto ogni motivo di riservatezza, il 3 settembre 1901, Paolo Triulzi depositò in Firenze i brevetti e, il giorno successivo, a Roma, venne depositato un brevetto suppletivo per il Cleptoscopio.

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estratto da La Tribuna del 27 agosto 1901 © Archivio MNS&T estratto da La Tribuna del 29 agosto 1901 © Archivio MNS&T

La situazione, quanto meno imbarazzante, minacciava di degenerare in uno scandalo, e il 6 settembre 1901alle ore otto, senza nessun preavviso, e senza nessun accompagnatoreil Ministro della Reale Marina, S.E. l’Ammiraglio Enrico Costantino Morin, si fece trovare sull’uscio della Officina Galileo per rendersi conto della controversia e provvedere. Questo per sottolineare la gravità del fatto.

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Enrico Costantino Morin Enrico Costantino Morin nacque a Genova nel 1841 e come molti altri residenti nella città all’epoca, intraprese sin da giovane la carriera militare nella marina sabauda, diplomandosi alla scuola di marina di Genova il 7 novembre 1852.
Si distinse, come tenente di vascello, nella campagna del 1860-61 e quindi, come comandante della Garibaldi, in un giro del mondo (1879-82); vasta eco ebbe la sua coraggiosa decisione, sulla via del ritorno, di attraversare il Canale di Suez sebbene fosse stato bloccato con mine per la rivolta di ‘Orabī Pascià. Dopo una lunga ed attiva carriera, il 24 ottobre 1893 venne nominato Viceammiraglio e rimase in servizio attivo sino al 30 aprile 1906. Per le sue competenze venne nominato Ministro della Marina Italiana rimanendo in carica in due gabinetti Crispi (1893-94 e 1894-96) e nei gabinetti Saracco (1900-01) e Zanardelli (1901-03), e divenendo poi, per pochi mesi, Ministro degli Esteri nel 1903. A lui è intitolata la bella passeggiata a mare di La Spezia – ufficio storico della marina

Il 17 settembre la Galileo fece quindi notificare una diffida a Russo, a Laurenti ed al Ministro perché ritirassero il brevetto e non si servissero del Cleptoscopio. La risposta venne recapitata nella notte tra il 19 e il 20 settembre 1901. Così il Martinez relazionò a Triulzi:

«Officina Galileo Firenze
Firenze, li 20 Settembre 1901 ore 7 am

Gent.mo Sig. Triulzi
Ebbi la sua lunghissima – Non ho tempo ora di parlare dei telemetri – Le dirò̀ in poche parole del Telops. Fu notificata Martedì̀ [17 settembre 1901] una diffida tanto a L. [Laurenti] che a R. [Russo] e al Ministro perché́ ritirino entro 10 giorni il brevetto e non si servano del Cleptoscopio.

Contemporaneamente mio padre scriveva all’Ammiraglio Accinni offrendosi quale mediatore nella questione che si accendeva, dicendo che anche noi Officina eravamo d’opinione di non far scandali: nella lettera dava di ladri a quei signori. Stanotte [19-20 Settembre 1901] è arrivata risposta – La citazione ha impressionato: malgrado la stessa son disposti a trattare: quindi non si sentono sicuri di affrontare una causa! Ma preferiscono trattare con lui o con uno dell’Officina – È tempo di metter fuori Lombafer [Lombardi e Ferrari] e trattare: ma chi andrà̀ a Roma?

Io son troppo dolce e facile a cedere: Lei troppo muto e non pratico di S. Agostino: Papà troppo loquace e troppo violento (vorrebbe tra le condizioni un comunicato ufficioso del Ministero in nostro favore). Forse converrebbe mettere insieme due energie: forse se non fosse la posizione ambigua di Pasq. [Pasqualini] potrebbe trattar lui che devesi recare a Roma per far parte della commissione per i nuovi elettricisti!

Che ne pensa? Sono in giuoco anche i suoi interessi. La chiusa della sua lettera mi lascia credere che a venire ad un accordo Ella è certo favorevole: ma questo accordo io credo non si potrà̀ fare che salvando l’onore di L. R [Laurenti e Russo] se non il loro amor proprio. Mi scriva d’urgenza che cosa ne pensa: quali secondo Lei sarebbero le condizioni – Non sono le condizioni che può dettare un vincitore, ma quelle che può dettare chi ha preso un sopravvento ad un nemico forte che si vuol ritirare con l’onore delle armi. Poi avuta la sua risposta – sentito – che finora mancato il tempo – il parere degli altri decideremo e spero che non mancherà̀ la sua approvazione –

Mi creda
Firmato: G. Martinez»

La faccenda ormai diventò una questione legale e ne andava dell’onore della Regia Marina italiana. Un vero pasticciaccio: non sappiamo chi abbia trattato, forse il Prof. Luigi Pasqualini, ma sicuramente in quella occasione furono esaminati i due brevetti. E la risposta del Ministero fu che «le accuse dell’Officina Galileo non erano giustificate e la R. Marina riteneva suo diritto preferire il Cleptoscopio al Telops».

Soltanto anni dopo Russo, il vero inventore del Cleptoscopio, ammetterà̀ che fu inventato dopo che il Laurenti aveva visto il Telops sperimentale e aveva riportato che “doveva trattarsi di una macchina fotografica con il vetro smerigliato portato in basso, molto lontano dall’obiettivo”.

Dalla ricostruzione storica emerge quindi che il Telops, anche se brevettato solo il 3 settembre 1901, fu inventato nel marzo del 1901 e che il comportamento del Laurenti non fu certamente corretto, antecedendo interessi personali, impedendo alla Regia Marina di dotarsi di uno strumento più̀ confacente alle sue esigenze operative ed impedendo al Triulzi ed all’Officina Galileo di installare il primo Telops già̀ alla fine del 1901.

Fine II parte – continua

Gian Carlo Poddighe
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Immagine in anteprima: Sommergibile DELFINO nelle acque del golfo della Spezia circa 1892. Notare il cleptoscopio” sporgente dalla torretta.
 

(*)       SINTESI DEL SAGGIO:

L’invenzione del periscopio per sommergibili di Augusto Maria Trivulzio, Sabina Triulzi a cui si rimanda per completezza di informazione, analisi della documentazione tecnica e fondamentale conoscenza di un importante capitolo di storia dell’industria italiana. da: Atti della Fondazione Giorgio Ronchi Anno LXX, n. 3 – Maggio-Giugno 2015 –  pagg. 279-342 su FONDAZIONE GIORGIO RONCHI http://ronchi.isti.cnr.it
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