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Dalla deriva dei continenti alla teoria della tettonica a zolle ed il fondo degli oceani

tempo di lettura: 6 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: GEOLOGIA

PERIODO: XX-XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: deriva dei continenti, placche, oceani, sismicità, vulcani
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Una migrazione continua
In origine i geologi ritenevano che la superficie terrestre non fosse cambiata molto da quando il pianeta si era formato circa 4,6 miliardi di anni fa. Essi pensavano che gli oceani ed i continenti fossero sempre stati  dove sono ora.

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Alfred Wegener, 1924-1930, Fonte Bildindex der Kunst und Architecture,  autore foto sconosciuto File:Alfred Wegener ca.1924-30.jpg – Wikimedia Commons

Circa un secolo fa uno scienziato tedesco, Alfred Wegener, studiando i ritrovamenti di animali e vegetali  in Africa ed in Sud America si rese conto che esistevano formazioni rocciose simili in continenti lontani ed ipotizzò  che le formazioni geologiche avessero di fatto la stessa origine ma a causa di sconvolgimenti geologici si erano successivamente divise. La sua teoria fu pubblicata in Germania nel 1929 con il libro “L’origine di continenti e oceani” e fu determinante per lo sviluppo della teoria attuale di espansione dei fondi marini. Wegener aveva notato che la forma attuale di continenti faceva ipotizzare che, qualora riavvicinati, le loro linee di costa si sarebbero compensate integrandosi fra di loro come tessere di un puzzle. Quindi i continenti dovevano galleggiare su uno strato inferiore in continuo movimento.  Nel 1915, Wegener propose la teoria della deriva dei continenti ipotizzando l’esistenza di uno strato meno denso nelle profondità della terra chiamato “mantello” sul quale i continenti si spostavano.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è GEOLOGIA-MAPPA-DIGITALE-NASA-VULCANI-ESS_PasteBitmap015937.png

Mappa digitale dell’attività tettonica della Terra – Fonte NASA – 2002File:Plate tectonics map.gif – Wikimedia Commons

La sua affascinante teoria, ritenuta da molti fantasiosa, non aveva all’epoca sufficienti elementi per essere validata.  Decenni dopo, negli anni ’50 e ’60, i geologi marini Bruce Heezen, Marie Tharp ed Henry Menard, utilizzando i dati raccolti dagli eco-scandagli per mappare le dorsali oceaniche del Nord Atlantico ed il Pacifico, notarono che queste creste si estendevano per migliaia di chilometri in lunghe catene montuose continue che sembravano cucire la superficie della Terra. 

Gli scienziati osservarono che la cresta delle dorsali oceaniche aveva una topografia molto simile a quello zone di rift vulcaniche sui continenti. La loro tipica forma a “V” nelle valli centrali, con costoni molto ripidi  su entrambi i lati, portarono i geologi marini a dedurre che le dorsali medio-oceaniche fossero formate da vulcani attivi sul fondo marino.

Un altra scoperta importante, avvenuta anch’essa dopo la seconda guerra mondiale, derivò dagli studi sulle caratteristiche magnetiche del fondo marino con i magnetometri; si scoprì che nelle ere geologiche avvenne un’inversione delle caratteristiche magnetiche della Terra ovvero un’inversione dei poli magnetici. Le misurazioni magnetiche mostrarono che le rocce del fondo marino risultavano avere particelle magnetiche allineate con direzioni opposte, particolarmente visibili nell’analisi delle anomalie magnetiche (positive o negative). 

I dati magnetometrici  rivelarono  un modello di alternanza di rocce “a strisce” sul fondo marino, correnti parallelamente alle dorsali medio-oceaniche ed estese centinaia di miglia su entrambi i lati di esse.  In pratica queste segnature dimostrarono quella dinamicità dei fondi marini che ancora oggi presentano una continua evoluzione.

Una visione pittorica dei movimenti tettonici sia a livello marino che terrestre – autore sconosciuto – Fonte 1BLS Geografia  http://profpozzi2016-1bls-siria.blogspot.com/2017/01/la-tettonica-placche-o-zolle.html

Nel 1960 Harry Hess, geologo della Princeton University, e Robert Dietz, oceanografo della US Coast e Geodetic Survey, ipotizzarono che la crosta dell’oceano tende a raffreddarsi diventando sempre più densa e quindi affondando nelle zone di subsidenza delle fosse oceaniche. Di fatto vulcanesimo ed attività sismiche  sono presenti nelle zone di subduzione ai bordi o ai margini dei continenti con effetti  percettibili anche sulle terre emerse.

Nel 1963, un geofisico canadese, J. Tuzo Wilson propose la teoria della tettonica a zolle ipotizzando che la crosta terrestre, o litosfera, possa essere in realtà suddivisa in placche rigide che galleggiano sopra uno strato di roccia sottostante chiamato astenosfera. L’astenosfera (caratterizzata dal numero 5 nel disegno a lato ed evidenziata dal colore arancione) è una fascia rocciosa relativamente superficiale del mantello terrestre che giace sotto la litosfera e sopra la mesosfera, compresa tra i 250 e 300 km di profondità. In essa  le rocce sono parzialmente fuse favorendo quindi la dinamicità delle zolle. Nel 1965 John Tuzo Wilson formulò la teoria sulla tettonica a placche, dividendo la superficie terrestre in dodici placche litosferiche che galleggiano sulla sottostante astenosfera. Wilson sviluppò uno dei concetti fondamentali della tettonica a zolle con la sua ipotesi sull’origine di punti caldi (hot spot), formazioni vulcaniche attive collocate nel mezzo delle placche. Lo spostamento di queste darebbe origine ad una catena di vulcani allineati lungo il percorso della zolla, come una dorsale oceanica, ma asismica. Nello schema teorico della Tettonica a zolle, i punti caldi sarebbero pertanto dei punti fissi. Il modello di Wilson determinò l’accettazione universale del modello di Hess dell’espansione dei fondi oceanici.

La tettonica a zolle ha fornito una teoria unificante che spiega i processi fondamentali che determinano la morfologia della Terra. Essendo le fosse e le dorsali strutture non stabili ma dinamiche c’è una continua evoluzione delle strutture geologiche profonde. Una fossa può quindi essere sostituita e distrutta da un’altra mentre la risalita del magma, attraverso una dorsale, può arrestarsi fino all’arresto completo. Una nuova dorsale può nascere nel bel mezzo di un continente oppure in un mare di piccole dimensioni: quando grandi masse di materiale caldo in risalita giungono in prossimità della litosfera fratturandosi o dando origine ad un embrione di una nuova dorsale.

Come nasce un oceano
La lava inizia a fuoriuscire dalle spaccature formando la nuova crosta oceanica mentre i margini dei due nuovi continenti, sottoposti ad una spinta di fatto si possono allontanare fra loro. Le acque invadono rapidamente la depressione creando lo stadio giovanile di un oceano. In ultimo vi è lo stadio di maturità; lungo i margini dell’ormai ampio bacino oceanico si accumulano i detriti che vanno a formare la scarpata oceanica, il confine fra la crosta oceanica e quella continentale

Il ciclo di Wilson
Questo fenomeno geologico è noto come il ciclo di Wilson“. Il processo geologico si può anche invertire: i continenti possono riavvicinarsi e, scontrandosi, dar luogo al fenomeno dell’orogenesi ossia alla creazione di una catena montuosa. Questi processi non sono purtroppo esenti da problemi: si ha la generazione di terremoti e tsunami che sconvolgono le coste ed il territorio.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è GEOLOGIA-RODINIA-Rodinia_reconstruction.jpg

Ricostruzione del Rodinia, circa 750MA, con evidenziate le cinture orogeniche di 1,1 miliardi di anni. Questa ricostruzione si basa sul modello “tradizionale” mostrato e discusso in Meert & Torsvik, 2003 (a loro volta basati su Dalziel, 1997 e Torsvik et al., 1996 che afferma esplicitamente l’età di 750 Ma); vedere anche The Antarctic Sun 2011 – autore John Goodge – Fonte Rodinia reconstruction.jpg – Wikimedia Commons

Dallo studio delle strutture geologiche attuali si è potuti risalire alle antiche strutture continentali, identificando i grandi super continenti Pangea (250 milioni di anni fa) ed ancor prima il Rodinia (750 milioni di anni fa). Secondo questa teoria, in un ciclo di circa 500 milioni di anni, si formerebbe un nuovo “super-continente” che tenderebbe poi a smembrarsi per ricomporsi in seguito.

Come si distribuiranno i continenti in un futuro molto lontano?
Secondo questa teoria ci possiamo considerare alla metà di questo ciclo e, fra circa 250 milioni di anni, il ricongiungimento delle zolle dei continenti formerà un nuovo super continente, che ha già un nome, Pangea ultima.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è GEOLOGIA-250-MA-Pangaea_italiano.png

il supercontinente denominato Pangea, risalente a 250 milioni di anni fa – autore non noto –  Pangaea italiano.png – Wikimedia Commons

Quando avverrà la maggior parte degli attuali continenti collideranno con l’Eurasia, compattandosi poi insieme. Queste modifiche varieranno naturalmente il clima del pianeta, la composizione dell’aria e degli oceani. Come vedete,  nella scala del tempo, noi siamo un nulla e ciò che creiamo sarà distrutto da un ciclo più grande di noi. Le nostre azioni devono essere quindi mirate a salvare l’attuale, mitigando gli effetti dell’andamento climatico per consentire alle nuove generazioni di adattarsi e sopravvivere.

 

in anteprima  la struttura e le placche della crosta terrestre – realizzato da Fradeve11 – File:Plates tect2 it.svg – Wikimedia Commons
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Alcune delle foto presenti in questo blog possono essere state prese dal web, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo

 

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