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La storia delle mine navali: dalle origini ai giorni nostri – parte VIII

tempo di lettura: 14 minuti

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livello elementare 
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: GUERRA DI MINE
parole chiave: mine navali

Dal dopo guerra alla Guerra del Vietnam
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, la situazione internazionale era comprensibilmente drammatica; in un Europa, profondamente ferita dalla guerra e necessitante di riaprire al più presto le vie di comunicazione marittime, i campi minati impedivano il libero traffico commerciale specialmente con l’altra sponda dell’Atlantico. Nonostante i piani di minamento fossero stati messi a disposizione da tutte le nazioni il lavoro di bonifica comportò uno sforzo straordinario in termini di uomini e mezzi non scevro di pericoli per il personale. 

South-Korean-Minesweeper

Lo scoppio di un dragamine Sud Coreano (minesweeper YMS 516) a causa di una mina ad influenza nella baia di Wonsan Harbour – USN  U.S. Naval Historical Center photo

Ancor oggi si ritrovano, dopo oltre 60 anni dal termine del conflitto, vecchie mine dragate e poi affondate durante le grandi operazioni di bonifica del secondo dopo guerra. Il meccanismo di dragaggio consisteva nel dragare meccanicamente le mine ormeggiate e quindi, quando in superficie, colpirle con le mitragliere di bordo per farle saltare o affondare su alti fondali [82]. Le contro misure mine (CMM) e la capacità di minamento furono sviluppate di pari passo dando diverse priorità seguendo una logica legata alle strategie locali; ad esempio le nazioni rivierasche, geograficamente più vicine al blocco sovietico, svilupparono maggiori capacità di minamento a scopo difensivo per bloccare, in caso di attacco, la Flotta sovietica nel Mar Baltico o nel Mar Nero. Oltre cortina, la componente di Guerra di Mine venne sviluppata per consolidare il possesso del territorio. In questo periodo vennero ideati e realizzati nuovi congegni di fuoco per le mine, basati sullo sviluppo di sensori combinati magneto-acustici e barici, e di sonar ad alta frequenza per la cacciamine.

Mentre in Europa la sensibilità verso la Guerra di Mine rimase elevata,  a causa della necessità di bonificare grandi aree di mare dalle mine della Seconda guerra mondiale, inspiegabilmente la Marina degli Stati Uniti decise di alienare il 90 % delle sue forze e di congelare tutti i finanziamenti per i studi e ricerche inerenti la Guerra di Mine. Nel 1946, il numero di dragamine in Pacifico fu portato da 374 a 14 e, nel 1950, a causa di ristrettezze fiscali, il finanziamento per una nuova classe di navi specialistiche fu tagliato [83].

In ambito americano, fu data enfasi allo sviluppo di nuove mine totalmente innovative sotto il concetto di impiego, come le Mk 60 CAPTOR, mine ormeggiate da alto fondale concepite per essere usate in oceano in barriere anti sommergibili. Le mine CAPTOR non erano costituite da una carica esplosiva ma da un siluro Mk 46 ASW che, in caso di scoperta da parte dei sensori acustici della mina, veniva lanciato dal sistema di attivazione contro il bersaglio di fatto utilizzando una geometria di ricerca simile a quella impiegata dai suoi cugini lanciati dalle navi antisommergibili.

 

Un’altra mina americana, divenuta particolarmente “famosa” durante la guerra in Vietnam, fu la Mk 62; in origine si trattava di una bomba di aereo che era stata modificata sostituendo la spoletta con dei sensori magneto-acustici. La mina, chiamata in codice DESTRUCTOR (DST), fu impiegata in maniera copiosa in Vietnam, prestandosi ad essere posata sia su terra (ad esempio nelle paludi e nelle risaie) sia nelle acque interne e costiere contro le motovedette vietnamite.

Nel periodo ebbero luogo due tra i più sanguinosi conflitti dopo la seconda guerra mondiale: la Corea ed il Viet Nam. È curioso vedere come il JCS (il Comando Congiunto Supremo statunitense), valutò le esigenze della Guerra di Mine nelle due e guerre. Nella prima l’importanza delle contro misure mine fu esaltata dalla sottovalutazione  della minaccia durante la pianificazione dello sbarco anfibio (vedremo poi che cosa comportò) mentre nella seconda si sentì la necessità di sviluppare nuovi tipi di mine navali, da impiegare anche nei fiumi e nelle risaie, per forzare politicamente gli avversari. Le lessons learned, per quanto durarono, influenzarono lo sviluppo tecnologico futuro delle apparecchiature dedicate a questa forma di lotta diversificando in parte anche le politiche degli armamenti dei vari paesi appartenenti all’Alleanza atlantica (NATO).

Torniamo alla Corea 
Nel giugno del 1950, a seguito dell’invasione da parte nord coreana della Corea del Sud, superando il 38° parallelo, il Consiglio di sicurezza dell’ONU decretò che era avvenuto un atto di aggressione da parte della Corea del Nord contro la Corea del Sud. Un’aggressione senza avvertimento e provocazione, a seguito di un piano accuratamente preparato con gli alleati, più o meno occulti cinesi e russi. L’ONU stabilì un’azione militare contro gli aggressori invitando le Nazioni ad inviare contingenti militari nell’area per un’azione di polizia sotto l’egida delle Nazioni Unite [84].

La Corea, a similitudine della Germania, al termine della Seconda Guerra Mondiale aveva subito una suddivisione geografica tra le forze armate dell’Unione Sovietica nel nord del paese e degli Stati Uniti al Sud. L’attacco comunista alla Corea del Sud parve all’opinione pubblica americana come un’ulteriore conferma della teoria dell’espansionismo dell’Unione Sovietica. Nonostante la Corea non rientrasse nell’area di sicurezza esterna degli Stati Uniti, un eventuale abbandono di una nazione considerata alleata fu considerato da Washington inaccettabile e si prospettò la possibilità di un intervento armato. La legittimazione internazionale all’intervento venne sancita  da una Dichiarazione delle Nazioni Unite immediatamente dopo l’invasione nord coreana, ottenuta dal Consiglio di Sicurezza senza alcun veto da parte dell’URSS [85]. Militarmente parlando l’attacco era stato pianificato con minuziosa precisione dai nord coreani, supportati dai consiglieri militari russi presenti sul territorio, tenendo conto della debolezza organica e strutturale dell’esercito del sud e della burocrazia della macchina militare americana. Ai primi del mese di agosto, il 90% del territorio sud coreano cadde in mano comunista e solo il grande porto di Pusan, con il suo entroterra, rimase sotto il controllo delle Nazioni Unite. Rasentando una sconfitta senza precedenti, il Generale McArthur, confidando nella superiorità navale ed aerea garantita delle Forze americane, progettò di sbarcare i propri uomini ad Inchon e Wonsan, per tagliare in due le linee nord coreane e quindi procedere, con una manovra a tenaglia, per annientare le forze nemiche. Dopo il primo sbarco ad Inchon, avvenuto il 15 settembre 1950, fu rapidamente avviata la seconda fase che ne prevedeva un secondo a Wonsan, circa 80 miglia a nord del 38° parallelo.

A seguito della notizia di un probabile minamento nordcoreano, furono assegnati alla Task Force dieci dragamine con il compito di bonificare le vie di accesso alla spiaggia in tempo utile per permettere il trasferimento delle truppe. Le navi si dimostrarono non adeguate  dal punto di vista qualitativo e quantitativo per operare in un simile scenario. L’imprevista impervietà dei campi minati, con oltre 2000 mine di fabbricazione russa (anche se risalenti alla Prima Guerra Mondiale), comportò un ritardo di otto giorni. Strategicamente fu un disastro perché  permise la ritirata delle forze nord coreane facendo fallire il piano di accerchiamento del Generale [86]. In seguito fu scoperto che gli specialisti russi, prima di lasciare l’area, non solo avevano addestrato i nord coreani ma avevano personalmente assemblato le mine più complesse, con sensori ad influenza magnetici, quindi pianificato i piani di minamento e verificato la posa degli ordigni. Questa era avvenuta impiegando dei pontoni con la collaborazione di lavoratori locali.

UDT2

Sommozzatori per lo sminamento delle mine nella base di Wonsan, Corea del Nord, 1950 – Underwater Demolition Team swimmers leave the USS Diachenko to clear mines from Wonsan Harbor, North Korea, on October 26, 1950. Navy photo by C.K. Ros of Combat Photo Unit Two

L’Ammiraglio Allan E. Smith, Comandante della Forza anfibia a Wonsan, dichiarò che, nonostante la superiorità tecnologica delle forze americane, armi considerate primitive erano state in grado di bloccare le azioni di una moderna Task Force [87]. Il Comandante delle Forze Navali dell’Estremo Oriente, l’ammiraglio Turner C. Joy, dichiarò che la maggiore lezione acquisita durante tale operazione era che la Guerra di Mine, considerata da molti una forma di lotta secondaria, si era rivelata determinante ed in futuro non doveva essere più rilegata ad un ruolo secondario. Gli echi del fallimento di Wonsan, raggiunsero gli Alti Vertici militari ed il Capo delle Operazioni Navali (CNO), l’Ammiraglio Forrest P. Sherman, ne sottolineò la gravità: “When you can’t go where you want to, when you want to, you haven’t got command of sea. … Now, we are going to start getting mine-conscious beginning last week.

Queste dichiarazioni sembrarono, anche se per un breve periodo, non cadere nel vuoto e ben 65 dragamine e 22 cacciamine costieri furono commissionati dalla Difesa all’industria nazionale. Operativamente, la lezione appresa a Wonsan fu di estrema utilità per la preparazione dello sbarco a Chinnanpo essenziale per il rifornimento delle truppe americane; prima dell’inizio delle operazioni furono  effettuate ricognizioni aeree dell’intelligence durante le ore di bassa marea per identificare le estensioni dei campi minati. Inoltre, furono impiegati mezzi specialistici in numero adeguato per poter assolvere l’operazione nei tempi prefissati [88]. In altre parole, il fattore “tempo contro riduzione della minaccia”, elemento fondamentale per la teoria della riduzione del rischio sulla quale si basa la guerra di mine moderna. Nonostante fosse stato valutato che il 70% delle perdite americane in Corea, nei primi due anni di guerra, fu indirettamente conseguente all’impiego delle mine navali da parte del nemico [89] a Wonsan, nel 1958 i fondi vennero nuovamente tagliati per sopraggiunte priorità [90]. Se ne sarebbero pentiti.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è STORIA-NAVALE-MINE-NHHC-CH-53-DRAGAGGIO-VIETNAM-822x1024.jpg

Operazioni di dragaggio magnetico con Sikorsky CH-53D Sea Stallion appartenente al HMM-463 che sta trainando un’apparecchiatura  (magnetic orange pipe) nella baia di  Hon Bay, North Vietnam, 18 Marzo 1973, Catalog #: USN 711571 – Copyright Owner: National Archives – autore della foto: fotografo di 1 classe George Norris – USN 711571 Operation End Sweep, 1973 (navy.mil)

Vietnam
Negli anni ’60, durante il conflitto con il Vietnam, i nord vietnamiti ed i vietcong, impiegarono mine di fabbricazione russa o cinese, contro gli americani. La tecnica da loro impiegata fu simile a quella impiegata dai Confederati durante la guerra civile coordinando l’uso di mine navali, in particolare lungo i fiumi, e dell’artiglieria costiera. Vennero impiegati ordigni improvvisati (IED) ottenuti utilizzando cesti di vimini riempiti di esplosivi con congegni a tempo e di prossimità. Al di là dei risultati in termini di danni [91], le truppe americane vissero con terrore tali pattugliamenti, non essendo in grado di poter affrontare tale minaccia asimmetrica con mezzi adeguati. D’altro lato, il ritardo dell’impiego di mine navali da parte americana, necessario per limitare i rifornimenti alle forze nord vietnamite, fu dovuto al volere politico dell’Amministrazione Jonhson (1964-1968) che vide nell’uso di queste armi il pericolo di allargare il conflitto. Negli anni successivi, nonostante il CNO, l’Ammiraglio Moorer, avesse ripetutamente richiesto l’autorizzazione all’impiego delle mine, le proposte avanzate non riuscirono ad arrivare ai vari Segretari di Stato e furono filtrate dagli Alti Vertici del Joint Chiefs of Staff (JCS), indecisi se insistere o no sull’impiego di armi di cui non condividevano la priorità e gli scopi di impiego.

Anche sotto Nixon, l’Amministrazione statunitense rifiutò di netto tale proposta ritenendo che [92] :
–  in caso di minamento offensivo, i Russi avrebbero potuto fornire ai nord vietnamiti i loro mezzi causando il rischio di una escalation del conflitto con la partecipazione diretta di truppe sovietiche;
–  i nord vietnamiti avrebbero potuto comunque usare le ferrovie interne per il supporto logistico alle loro truppe in alternativa alle rotte costiere e fluviali;
–   il minamento americano avrebbe potuto far fallire i negoziati per la limitazione delle armi strategiche in corso con l’Unione sovietica.

A seguito dell’offensiva nord vietnamita del marzo 1972, gli Stati Uniti presero due importanti decisioni: una prettamente politica, accusando direttamente i sovietici di complicità  nell’invasione del Vietnam del Sud, ed una militare, dichiarando che gli Stati Uniti avrebbero intrapreso qualsiasi passo necessario per proteggere le Forze Americane dislocate nel Sud Vietnam [93]

In realtà, conscio della gravità della situazione, Henry Kissinger confidava nella possibilità di ottenere, durante i colloqui segreti con Le Duc Tho a Parigi, uno spiraglio di uscita onorevole (una exit strategy) per concludere la guerra [94]. A seguito del netto rifiuto nord vietnamita a trattare, il presidente americano Nixon optò per un incremento dei bombardamenti (ricordiamo tutti le immagini terribili degli attacchi con il napalm) ed ordinò di minare i porti del Nord Vietnam. La maggior parte dei minamenti fu effettuato per via aerea impiegando non solo gli aerei delle portaerei ma anche i bombardieri B52 ed i P3, aerei da pattugliamento della Marina normalmente impiegati in compiti di sorveglianza marittima.

Il minamento di Hayphong e degli altri porti fu talmente efficace che i nord vietnamiti, non in grado di poter effettuare alcuna azione di contromisure, furono costretti a rivedere i loro piani di supporto logistico e chiusero il porto per più di 300 giorni [95]. Nixon impiegò le mine navali come strumento di coercizione politica e dichiarò che non avrebbe rimosso le mine fino a quando tutti i prigionieri di guerra americani fossero stati rilasciati.

Nel gennaio del 1973, a seguito degli accordi di Parigi, fu finalmente firmato l’accordo denominato “Agreement on ending the war and restoring the peace in Vietnam” che prevedeva il rilascio di tutti i prigionieri di guerra e lo sminamento da parte americana del porto di Haiphong.

Nel febbraio seguente, la 7ma  Flottiglia CMM (Task Force 78) americana incominciò, con dieci dragamine oceanici (MSO), l’Operazione END SWEEP, per rimuovere le mine posate durante il conflitto. Nell’operazione, che terminò nel luglio dello stesso anno, furono impiegati elicotteri pesanti CH 53 Sea Stallion predisposti per rimorchiare dei kit di sminamento meccanico e ad influenza. I rapporti della U.S. Navy riportarono che le esplosioni, a seguito delle operazioni di dragaggio, furono limitate in quanto i congegni di auto sterilizzazione presenti sulle mine le avevano rese inerti. Ovviamente questo non era noto ai vietnamiti che pensarono che gli americani avessero acquisito una capacità tecnologica tale da attivare a distanza le mine. I costi dello sminamento furono notevoli [96]. D’altra parte, le Forze di CMM di superficie americane, per lo più composte da MSO, fino ad allora erano state impiegate in maniera limitata ed impropria lungo i fiumi in ausilio alle unità di pattugliamento costiero [97]. Tale uso improprio aveva comportato una rapida decadenza dell’efficienza dei mezzi e soprattutto del livello di addestramento e, con l’aumentare dei costi durante la guerra, la decisione, a mio avviso discutile, di utilizzare gli elicotteri con compiti di dragaggio (AMCM – Airborne Mine Counter Measure) non aveva incrementato l’efficienza delle operazioni. Quando l’Ammiraglio Elmo E. Zumwalt, fu promosso Capo delle Operazioni Navali (CNO), nel 1970, riconobbe l’importanza della Guerra di Mine e la mancanza di integrazione nella flotta dovuta ad una avversione degli Staff che privilegiavano lobby interne legate agli interessi dell’industria bellica [98]. Il vantato successo nell’impiego degli elicotteri in ruolo AMCM, trionfalmente propagandato da alcuni vertici della Marina al termine delle operazioni in Vietnam [99], portò nella prima metà degli anni ’70 alla riduzione del numero di unità di contro misure mine di superficie [100] e, in seguito, alla cancellazione dei programmi di acquisizione di nuove classi.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è DRAGAMINE-MSC-72-EX-Dotterel-poi-ITN-Abete-1024x823.jpg

Dragamine MSC 72 Dotterel ceduto poi alla marina militare italiana come ABETE, capoclasse della omonima classe di dragamine costieri – Photographs of U.S. and Foreign Naval Vessels – Photo courtesy of catalog.archives.gov National Archives Identifier: 6933877 Mine Warfare Ship Photo Index AMS (navsource.org)

… e nel resto del mondo
Nel resto del mondo una nuova Era stava cominciando con lo sviluppo dei sistemi di dragaggio e di cacciamine di cui molti sono ancora in servizio oggigiorno. In Italia, a partire dagli anni cinquanta, furono costruiti i dragamine classe LegniLa prima serie, denominata Classe Abete, era costituita da diciassette unità costruite negli Stati Uniti (ex classe Adjoutant) e trasferite alla Marina Militare Italiana nell’ambito degli aiuti del dopo guerra. Una seconda serie di dragamine (19 unità) furono realizzate nei cantieri italiani basandosi sullo stesso progetto americano. In particolare, le prime dodici unità (costruite tra il 1953 ed il 1957) costituirono la Classe Agave mentre le ultime sette unità, costruite nei cantieri navali di Monfalcone, costituirono la Classe Bambù

Durante il loro servizio, a similitudine di quanto avveniva in altri paesi europei, alcuni dragamine furono trasformati in cacciamine mentre altri in pattugliatori. In Italia, all’inizio del 1982, venne costituito il X Gruppo Navale Costiero che partì per il Sinai il 25 marzo 1982 composto da tre unità Classe Bambù trasformate in pattugliatori costieri. Queste unità vennero inviate a Sharm el-Sheikh per le operazioni di pattugliamento nel golfo di Aqaba, nell’ambito della Forza Multinazionale e di Osservatori delle Nazioni Unite per il controllo del rispetto degli accordi di Camp David (libera circolazione nello Stretto di Tiran). I quattro dragamine Mogano, Bambù, Palma e Mango, trasformati in pattugliatori costieri, furono dipinti di bianco ed a poppa, dopo lo sbarco delle attrezzature  per il dragaggio meccanico, venne creata una tuga contenente gli apparati di condizionamento necessari per poter operare in Mar Rosso. Nel 1988 gli ex dragamine ricevettero un nuovo distintivo ottico: Bambù P 495, Mango P 496, Mogano P 497, e Palma P498. Essi restarono in servizio fino agli anni novanta prima di essere sostituiti dalle moderne unità di pattugliamento costiero classe “Sentinella”. Ma parleremo delle nostre unità più approfonditamente in un prossimo articolo. 

Andrea Mucedola

in anteprima esplosione avvenuta  nel Mar Tirreno, nel dopo guerra – foto di proprietà dell’autore 

 

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PAGINA PRINCIPALE

 

PARTE I PARTE II PARTE III

PARTE IV PARTE V PARTE VI

PARTE VII PARTE VIII

 

Note
[82] La maggior parte, ma non la totalità, di esse non presentano più un immediato pericolo, a causa del deterioramento dei congegni di fuoco, ma la quantità di esplosivo contenuto all’interno le potrebbero rendere ancora appetibili ad organizzazioni criminali.

[83] Tamara Melia Moser, opera citata pag. 68

[84] Documento delle Nazioni Unite S/1507 del 26 Giugno 1950

[85] Il rappresentante dell’Unione Sovietica aveva abbandonato prima della votazione il Consiglio di Sicurezza per protesta per l’ostinazione americana a mantenere un rappresentante della Cina Nazionalista al tavolo anzichè quello del nuovo Governo comunista cinese. Sarebbe interessante capire quanto la sua assenza dall’aula fu strumentale o voluta dall’U.R.S.S per scatenare il conflitto.

[86] James A. Field, Jr. “History of United States Naval Operations: Korea” Dipartimento della Marina – Naval Historical Center, Washington DC, Cap. 8 part. 1

[87] Tamara Melia Moser, citazioni dell’Adm Allan Smith , Wonsan Korea 1950: “The Navy able to sink an enemy fleet, to defeat aircraft and submarines, to do precision bombing, rocket attack, met a massive 3000 mine field laid off Wonsan by soviet naval experts … The strongest Navy in the world had to remain in the sea of Japan while a few minesweepers struggled to clear Wonsan” opera citata pag. 67 “ We have lost control of the seas to a nation without a Navy, using pre-World War I weapons, laid by vessels that were utilized at the time of the birth of Christ” opera citata pag. 76

[88] Peter J. Fanta “Sea Mines at the operational level of war”, Naval War College, Newport, R.I. novembre  1995, pag. 9-10

[89] Arnol S. Lott”Most dangerous Sea – A history of Mine Warfare and an account of U.S. Navy Mine Warfare Operations in WWII e Korea”, Annapolis, MD – U.S. Naval Institute, 1959, pag. 285

[90] Tamara Melia Moser, opera citata, pag. 86

[91] Le unità bersaglio erano in genere pattugliatori fluviali viet cong che attivavano i sensori acustici delle mine al loro passaggio.

[92] Sabrina Edlow “U.S. Employment of Naval Mines: a Chronology”- Center of Naval Analyses – Alexandria Virginia – Aprile 1997 riferito ad incontri di studio con l’Ammiraglio Thomas H. Moorer febbraio 1997

[93] Sabrina Edlow opera citata, pag. 5.  con riferimenti a: Marvin Kalb and Bernard Kalb “Kissinger” Little, Brown and Co. –Boston 1974 – La dichiarazione del Pentagono comportò un rafforzamento della presenza americana in Indocina con lo spostamento di 6 portaerei e di 20 B 52 ridislocati nelle basi aeree in Tailandia

[94] Sabrina Edlow opera citata, pag. 5. sempre da Marvin Kalb and Bernard Kalb “Kissinger” Little, Brown and Co. – Boston 1974 “If the North Vietnamese would agree to a cease-fire and a return of amercan prisoners of war, the US would withdraw from Indochina within 4 months” colloqui di Parigi – Henry Kissinger 2 maggio 1972

[95] Tamara Moser Melia,opera citata, pag.91-92

[96] Sabrina Edlow opera citata, pag. 8 – Il costo totale dell’operazione superò i 20 milioni di dollari, più del doppio del costo delle armi impiegate, e comportò la perdita di due elicotteri, di materiali e di vite umane

[97] Dal marzo 1965 al dicembre 1972, la U.S. Navy costituì la Coastal Patrol Force, in seguito definita Task Force 115, il cui obiettivo fu quello di interdire i movimenti di generi diretti in supporto delle forze nemiche. L’Operazione, denominata MARKET TIME, fu effettuata con l’ausilio dei dragamine che pattugliarono il Golfo del Tonchino a cavallo del 17mo parallelo. Tale attività fu considerata riduttiva dagli equipaggi di queste navi altamente specialistiche che lamentarono un decadimento del livello addestrativo e l’aumentare delle avarie agli apparati motore non studiati per queste missioni. Questo fattore convinse erroneamente, o fu usato strumentalmente dai vertici della U.S. Navy per valutare la non importanza a mantenere in servizio gli MSO. Di fatto, senza un adeguato piano di mantenimento e supporto tecnico, nel 1965 le unità di contro misure mine, per lo più dragamine oceanici da 600 tonnellate, avevano raggiunto un livello così basso di efficienza da richiederne le dismissioni dal servizio.

[98] Tamara Moser Melia, opera citata, pag. 98 – l’Ammiraglio Zumwalt sottolineò: “I think that we in the U.S. Navy … have frequently been accused of not giving sufficient interest to the field of mine warfare, and in part , I believe, this is the result of the fact that our Navy is made up of three unions: the Aviation Union, the Submarine Union and the Destroyer Union and I therefore made myself the head of the Mine Warfare Union to try to get an equal balance of interest within the United States Navy in this important field.”

[99] L’elicottero in ruolo di CMM ha il pregio di poter coprire la stessa area di mare molto piu velocemente che una nave di superficie, ma la percentuale di bonifica raggiungibile è minore. L’entusiamo degli staff del Pentagono è, a mio avviso, legato alla maggiore attenzione che la Difesa americana ha sempre mostrato per tutto cio che vola.

[100] Dal 1966 al 1976 il numero passò da 200 a … 3 dragamine – Fonti U.S. Navy –Archivi U.S. Post Graduate School Monterey CA.

 

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