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Stress e fatica nel subacqueo di Giorgio Caramanna

Reading Time: 4 minutes

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livello elementare 
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ARGOMENTO: SUBACQUEA – DIDATTICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: stress, fatica, didattica, Giorgio Caramanna

 

Il comportamento umano è influenzato da una serie di fattori che vengono definiti “stressori”; questi possono essere originati sia dallo stato psicofisico dell’individuo che dall’ambiente esterno. Nell’attività subacquea è importante capire come reagire allo stress in modo controllato così da garantire sicurezza ed efficienza nelle immersioni.

Impatto della fatica sui subacquei
Uno stato di fatica estrema ha diversi effetti negativi sulle condizioni mentali e fisiche dei subacquei:

Capacità cognitive: perdita di flessibilità nel prendere decisioni e ridotta adattabilità ai cambiamenti della situazione. Questo può rendere il subacqueo incapace di reagire prontamente ad una situazione di emergenza.
Attività motorie: perdita di coordinazione e di manualità può compromettere seriamente la capacità di gestire la propria attrezzatura subacquea.
Capacità di comunicazione: difficoltà nel parlare ed esprimere concetti complessi. Nella fase di briefing un subacqueo stanco potrebbe non comprendere parti rilevanti delle informazioni.
Socialità: tendenza ad isolarsi e frequente irritabilità. La struttura di coppia e/o gruppo ne risulta compromessa.
Impatto fisiologico: maggiore sensibilità a problemi decompressivi.

Un evento isolato di fatica acuta, come ad esempio in conseguenza di perdita di sonno dopo un viaggio o attività fisica estrema, viene di solito risolto con un singolo periodo di riposo. Se invece lo stato di fatica si prolunga per più giorni (3 o 4) allora un singolo periodo di riposo non sarà più sufficiente ma occorrerà programmare un adeguato intervallo di recupero. Nelle operazioni subacquee perciò dei periodi di riposo devono essere inseriti come parte integrante della pianificazione.

Buona forma fisica, corrette tecniche di nuoto e riposo pre-immersione sono tutti elementi fondamentali per evitare di incorrere in livelli di fatica debilitanti; in ogni caso tutti abbiamo dei limiti ed è importante saperli riconoscere affinché l’attività subacquea rimanga sempre entro parametri di sicurezza.

Stress e panico
All’aumentare dello stress l’individuo tende a concentrarsi maggiormente su quelli che considera i compiti primari trascurando progressivamente le attività secondarie.

Ad esempio, se un subacqueo si trova a dover navigare in condizioni di bassa visibilità la sua attenzione sarà concentrata sul mantenere la corretta direzione probabilmente trascurando altre attività non strettamente legate alla navigazione. Questo comportamento ha l’ovvio vantaggio di ottimizzare le risorse mentali per l’attività più importante. Quando però lo stress supera un certo livello critico il rendimento del subacqueo è compromesso; infatti se lo stress continua ad aumentare si sviluppa una sorta di “visione a tunnel” con perdita di contatto con la realtà circostante. Il subacqueo dell’esempio precedente potrebbe essere così preoccupato dal mantenere la corretta direzione di navigazione da trascurare altri importanti parametri dell’immersione come massima profondità e consumi di gas respiratorio.

 

La reazione ad elevati livelli di stress è definita come “Sindrome adattativa generale di Seyle” ed è contraddistinta da quattro fasi consecutive:

Fase 1: un senso di shock e sorpresa rende l’individuo incapace di reagire; si è letteralmente “congelati dalla paura”.

Fase 2: l’individuo reagisce alla situazione anche grazie al rilascio di specifici ormoni.

Fase 3: le riserve di energia, sia fisica che mentale, iniziano a consumarsi.

Fase 4: in questa fase è probabile commettere errori e non si è in grado di nessuna ulteriore reazione; in pratica l’individuo è esausto.

In immersione le quattro fasi si susseguono in breve tempo, pochi minuti, ed un subacqueo esposto ad elevati carichi di stress diverrà presto incapace di ulteriori reazioni. Per questo motivo è necessario intervenire prontamente e questo è possibile solo con una preparazione adeguata, esperienza e ottimo controllo delle procedure di emergenza.

In condizioni di stress estremo il subacqueo dovrebbe adottare una procedura composta dai seguenti punti:

  • Fermarsi: interrompere temporaneamente le proprie azioni.
  • Respirare: mantenere il controllo della respirazione sia per conservare la miscela respiratoria sia come tecnica di rilassamento.
  • Pensare: identificare razionalmente il problema e cercare una soluzione adeguata.
  • Agire: mettere in atto la soluzione identificata al punto precedente.

E’ importante concentrarsi sulla soluzione pratica del problema prima che sia troppo tardi, quasi tutte le situazioni possono essere risolte in acqua da soli o con l’aiuto del proprio compagno d’immersione se si mantiene sufficiente lucidità mentale.

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Se lo stress non è controllato può degenerare in panico causando un’interruzione del pensiero logico; l’individuo non è in grado di agire razionalmente divenendo totalmente inattivo (panico passivo) oppure compiendo azioni incontrollate, irrazionali e spesso pericolose per se stesso e per gli altri (panico attivo).

Questa situazione è particolarmente pericolosa per un subacqueo con potenziali fatali risultati per due motivi principali:

  • il panico causa un aumento della respirazione che diviene anche inefficiente innescando ipercapnia (aumento della concentrazione di anidride carbonica nel sangue) ed una sensazione di “fame d’aria”. Come conseguenza spesso il subacqueo in panico rigetta l’erogatore e cerca di risalire in superficie in modo totalmente incontrollato.
  • L’iperattività del sistema nervoso simpatico determina una forte accelerazione del battito cardiaco, un marcato aumento degli zuccheri nel sangue e, in casi estremi, può causare un arresto cardiaco.

Fatica e stress sono quindi elementi da prendere in seria considerazione nel programmare la nostra attività subacquea perché il loro impatto sulle prestazioni, sia fisiche che mentali, è elevato e, se non adeguatamente controllato, può portare a situazioni di pericolo anche gravi.

Giorgio Caramanna

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