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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: ARMI SUBACQUEE
parole chiave: torpedini, siluri
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Ottimi comandanti e armi spuntate
Subito dopo lo scoppio delle ostilità, l’Ammiragliato britannico inviò diverse portaerei nelle acque ad ovest delle isole britanniche per contrastare la penetrazione dei sommergibili tedeschi nell’Atlantico e fornire un’adeguata scorta ai convogli.
Le navi alleate disponevano del sistema ASDIC, tra cui i modelli 123, 144Q e 147, costituito in parole semplici da un trasmettitore-ricevitore che inviava un’onda sonora altamente direzionale attraverso l’acqua; in pratica se l’onda sonora colpiva un oggetto sommerso veniva riflessa e raccolta dal ricevitore rivelandone la presenza. Conoscendo la velocità di propagazione del suono in acqua e la durata del tempo dalla trasmissione alla ricezione dell’eco , era quindi possibile calcolare la distanza del contatto subacqueo.
Dato che l’ASDIC non era in grado di discriminare gli echi superficiali (esisteva in altre parole una zona d’ombra), la tattica degli U-Boot si basava principalmente su attacchi effettuati in superficie. Ciò comportava che le vedette e, soprattutto, gli aerei da pattugliamento erano i pericoli maggiori per gli U-boot.
Il 17 settembre 1939, il Kapitänleutenant Glattes, comandante dell’U-39, individuò l’HMS Ark Royal e fu in grado di avvicinarsi inosservato al prestigioso bersaglio navale. Glattes lanciò tre siluri in sequenza, tutti con acciarini magnetici, che però esplosero prematuramente prima di colpire la portaerei (3). L’attacco rivelò alle unità di scorta la posizione del sommergibile ed i cacciatorpediniere britannici iniziarono la loro caccia.
Le cariche di profondità lanciate dai tre cacciatorpediniere di scorta, HMS Faulknor, HMS Foxhound e HMS Firedrake, danneggiarono l’U-39 così gravemente che Glattes fu costretto ad emergere e ordinare l’abbandono nave. L’intero equipaggio di 44 persone fu salvato.
Facendo tesoro dell’evento (anche se c’è da domandarsi come lo avesse saputo), due giorni dopo il comandante dell’U-29, Otto Schuhart, avendo avvistato la portaerei HMS Courageous, decise di utilizzare tre siluri con acciarini ad urto. Questa volta la scelta fu felice in quanto due dei siluri colpirono la nave sul lato sinistro esplodendo. La nave perse l’alimentazione elettrica, si capovolse e affondò in soli 20 minuti purtroppo con la perdita di 519 membri dell’equipaggio, compreso il suo comandante.
Il precedente attacco all’HMS Ark Royal da parte dell’U-39, avvenuto il 14 settembre, e l’affondamento del HMS Courageous tre giorni dopo spinse la Royal Navy a ritirare tutte le portaerei dagli approcci occidentali, cosa che si rivelò essere il maggior successo della marina tedesca per quattro anni.
Il 13 novembre 1941, mentre ritornava a Gibilterra, la HMS Ark Royal venne colpita da un siluro lanciato dal sommergibile tedesco U-81 al comando del Kapitänleutnant Friedrich Guggenberger. Dopo diverse ore di agonia, il 14 novembre 1941, durante il traino verso Gibilterra si capovolse sulla dritta ed affondò – Fonte IWM A6334 – autore Beadell, S J (Lt), Royal Navy official photographer The Royal Navy during the Second World War A6334.jpg – Wikimedia Commons
Un altro evento di malfunzionamento dei siluri si verificò dopo l’impresa di Prien a Scapa Flow. Dopo la perdita della HMS Royal Oak, l’Ammiragliato britannico decise di evacuare la base, distribuendo la flotta navi nelle basi di Loch Ewe (costa occidentale della Scozia), Firth of Forth e Firth of Clyde. Dönitz, prevedendone l’uso nelle zone settentrionali della Scozia, inviò due sommergibili, l’U-56 e l’U-59, con l’intenzione di mantenere costante la pressione nell’offensiva contro l’UK Home Fleet.
Wilhelm Zahn, comandante del U 56
Il 30 ottobre il Kapitänleutnant Wilhelm Zahn, comandante dell’U-56, avvistò una formazione importante, con le corazzate HMS Rodney, HMS Nelson, l’incrociatore da battaglia HMS Hood ed una dozzina di cacciatorpediniere di scorta. Zahn eluse lo schermo dei cacciatorpediniere e lanciò i suoi siluri contro il HMS Nelson. La salva di tre siluri con acciarini a contatto, pur urtando lo scafo, non esplosero. L’ennesimo e ripetuto malfunzionamento che portò la marina tedesca sia a sospendere l’impiego dei siluri, per cercare di comprendere le cause di tali anomalie, sia alla decisione di impiegare mine navali ad influenza magnetica, per colpire il traffico marittimo in entrata e uscita dagli accessi a Loch Ewe, Firth of Forth e Firth of Clyde.
Di fatto, tra l’ottobre 1939 ed il 1 marzo 1940 l’U-Bootwaffe fu in grado, grazie ai sui sommergibili, di circondare la Gran Bretagna di campi minati offensivi, deponendo migliaia di ordigni negli ingressi dei porti britannici principali. Una tattica sicuramente efficace che trovò la Royal Navy talvolta impreparata a controbattere la minaccia.
Secondo il capitano di vascello medico Stephen Roskill (1), storico ufficiale della Royal Navy dal 1949 al 1960 (autore citato dallo stesso Dönitz nelle sue memorie), in meno di sei mesi dall’inizio della guerra, 115 navi per oltre 400.000 tsl furono perse a causa delle mine navali. Per ironia anche l’HMS Nelson, scampato ai siluri di Zahn, urtò una mina al largo di Loch Ewe, riportando gravi danni allo scafo. Le mine navali, per un pò, divennero quindi di gran lunga più affidabili dei siluri le cui prestazioni non erano ancora ottimali. L’impiego delle mine ebbe un tale successo che l’estuario del Tamigi fu per molto tempo “affollato” dai relitti delle navi gravemente danneggiate che finivano in secca lungo gli argini del fiume.
La vera crisi dei siluri tedeschi si svolse nell’aprile 1940, durante l’operazione anfibia Weserübung, fase iniziale dell’invasione della Norvegia e della Danimarca. Ad assistere le navi di superficie della Kriegsmarine e combattere le unità della Royal Navy c’erano otto gruppi tattici di sommergibili, un numero significativo della forza operativa dell’U-Bootwaffe, che includevano battelli costieri (da tipo II A a D), ma anche oceanici (tipo VII A-C). La marina tedesca distribuì, da Narvik alle Orcadi, un totale di oltre 30 sottomarini (4) ed un gruppo venne schierato nel Canale della Manica.
Non si trattava ancora dell’impiego dei battelli tedeschi nella tattica detta a “branchi di lupi” (Rudeltaktik), che fu ordinata diversi mesi dopo, ma di sommergibili che operavano indipendentemente nell’area assegnata. Con una forza di tale consistenza l’U-Bootwaffe avrebbe dovuto bloccare facilmente la marina britannica ma non ci riuscì, in gran parte a causa dei malfunzionamenti degli acciarini dei loro siluri.
Quando il 15 aprile il British Expeditionary Force (BEF) salpò per Narvik, l’Alto Comando Navale e il BdU (Befehlshaber der Unterseeboote – Comando sommergibili tedesco) comandato dall’ammiraglio Karl Dönitz avevano opinioni divergenti su dove esattamente sarebbero sbarcati gli Inglesi. L’Alto Comando considerava più probabili i fiordi di Lavangen e Gratengen, a nord di Narvik, ma Dönitz riteneva che sarebbe avvenuto nel Bygdenfjord, sempre a nord di Narvik, ma ad una distanza maggiore.
Gunther Prien, sebbene fosse rimasto in mare per meno di due anni, fu tra migliori comandanti di U-Boot della seconda guerra mondiale: in 238 giorni trascorsi in mare, affondò 30 navi nemiche per un tonnellaggio complessivo di 193.808 t. L’ammiraglio Karl Dönitz disse di lui, che egli «era tutto ciò che un uomo doveva essere: una grande personalità, piena d’impegno, energia e gioia di vivere, totalmente dedito al dovere» – autore Schulze, Annelise (Mauritius) – Fonte Bundesarchiv Bild 183-2006-1130-500 – Bundesarchiv Bild 183-2006-1130-500, Kapitänleutnant Günther Prien.jpg – Wikimedia Commons
Effettivamente il 15 aprile 1940, Gunther Prien, comandante dell’U-47 ed uno dei migliori comandanti di U-Boot della seconda guerra mondiale, protagonista dell’impresa di Scapa Flow, arrivò a Bydgenfjord ed individuò tre grandi trasporti britannici (circa 30.000 tsl ciascuno) e molti altri minori che sbarcavano truppe su pescherecci. Immediatamente lanciò otto siluri con acciarino ad urto contro i bersagli, praticamente immobili in banchina per le operazioni di sbarco, ma nessun siluro esplose.
Non fu un fatto isolato in quanto, il giorno precedente, il Kapitänleutnant Herbert Schultze, comandante dell’U-48 (il sommergibile che sarebbe diventato in seguito il sommergibile di maggior successo della Kriegsmarine con 312.000 tonnellate affondate in quasi sei anni), aveva attaccato con suoi siluri senza successo la corazzata HMS Warspite, veterana dello Jutland, vicino a Westfjord.
Il 19 aprile Gunther Prien si avvicinò alla HMS Warspite e lanciò una salva di due siluri che ancora una volta non esplosero. Non si trattò solo di eventi “sfortunati”. Il mancato affondamento dei trasporti e delle navi da guerra britanniche aggravò il bilancio delle perdite che la Royal Navy stava infliggendo alle navi da guerra tedesche, nonché ai mercantili di rifornimenti. Il giorno successivo Prien avvistò un convoglio a sud-ovest di Westfjord, ma decise di non attaccare perché aveva perso ogni fiducia nei suoi siluri. Dönitz racconta nelle sue memorie che il comandante del sommergibile si presentò infuriato nel suo ufficio gridando: “Herr Admiral, non ci si poteva aspettare che combattessi con una spada di legno” (2). A lì a poco avrebbero compreso il problema … che non era solo loro.
Fine IV parte – continua
Andrea Mucedola
Ringrazio la Rivista Marittima per la gentile concessione alla pubblicazione del saggio che è stato arricchito di nuove informazioni e diviso in sei parti per facilitarne la lettura. A differenza della prima versione, ho escluso la situazione dei siluri italiani (contenuta nell’articolo pubblicato sulla Rivista Marittima, 2022) che riprenderò in un saggio dedicato.
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Note
(1) Stephen Roskill, The War at Sea 1939‐1945, Vol. II (Uckfield, East Sussex, United Kingdom, Naval & Military Press, (1956)
(2) David Wright, Habersham, “Wolves Without Teeth: The German Torpedo Crisis in World War Two” (2010). Electronic Theses and Dissertations. Cap. 5
(3) Clay Blair, Hitler’s U boat war: the hunters 1939-1942, Random House publishing Group, (2010)
(4) tra cui U-43, U-67, U-68, U-69, U-79, U-81, U-96 U-105, U-124, U-126, U-127, U-129, U-131, U-201, U-205, U-206, U-331, U-332, U-372, U-375, U-402, U-431, U-434, U-451, U-453, U-557, U-558, U-562, U-563, U-565, U-574, U-575, U-584, U-652, U-752
Riferimenti
Clay Blair, Hitler’s U boat war: the hunters 1939-1942, Random House publishing Group, (2010)
Edwyn Gray, Nineteenth Century Torpedoes and Their Inventors, Naval Institute Press, Annapolis, Maryland, (2004).
Karl Doenitz, Memoirs: Ten Years And Twenty Days Paperback, March 22, (1997).
David Wright, Habersham, Wolves Without Teeth: The German Torpedo Crisis in World War Two (2010), Electronic Theses and Dissertations.
Caly Blair, Hitler’s U-Boat War: The Hunters 1939-1942. New York: Random House, (1996).
Stephen Roskill, The War at Sea 1939-1945, Vol. II (Uckfield, East Sussex, United Kingdom, Naval & Military Press, (1956).
Buford Rowland, William B.Boyd, U.S. NAVY Bureau of Ordnance in World War II, Chapter VI, the Library of the University of California, (1953).
OP 635 (1st Rev) – TORPEDOES MK 14 AND 23 TYPES manual.
Winston S. Churchill, The Second World War, Vol Two: Their Finest Hour (Boston: Houghton Mifflin, (1985).
Morison, Samuel, History of United States Naval Operations in World War II, Vol 10, The Atlantic Battle Won, May 1943-May 1945. Champaign, University of Illinois Press. ISBN 978-0252070617, (2002).
Gian Carlo Poddighe, Sistemi di protezione subacquea nella Seconda guerra mondiale. Precedenti, scelte, tecnologie, aspetti costruttivi, (2018).
Giorgio Miovich, Sistemi d’arma delle forze A/S e subacquee con elementi di acustica subacquea, edizioni Accademia navale Livorno, (1978).
Erminio Bagnasco, Maurizio Brescia, Sommergibili italiani 1940-1943 parte I Mediterraneo, Dossier Storia Militare, (2013)
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.