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livello elementare.
ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MAR NERO
parole chiave: Cereali, esportazione, blocco del traffico marittimo, mine navali
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La guerra in Ucraina, con tutti i suoi dolori e orrori, rappresenta il fallimento delle democrazie occidentali che negli ultimi anni avevano accarezzato il sogno di instaurare un rapporto comune, basato su valori che evidentemente non sono universalmente condivisi. Ci ritroviamo quindi nel III millennio, in un mondo tristemente globalizzato che subisce i poteri transnazionali senza realmente comprenderne i rischi.
Per quanto si vogliano trovare giustificazioni, la guerra portata dai Russi in Ucraina è solo l’ultimo atto della politica zarista, poi mutuata dall’Unione Sovietica, intesa ad avere uno sbocco al mare continuativo per i suoi commerci. Lo ho già scritto in passato, la Russia è un grande Paese europeo, con una grande cultura che però ha sempre avuto come nemici la storia e la geografia.
Il cercare motivazioni etniche o religiose da parte dei belligeranti per giustificare le proprie azioni è una prassi universalmente comune, come lo è il difendersi tramite alleanze più o meno durature per difendere la propria indipendenza. Per quanto si leggano penne fantasiose che ricerchino giustificazioni politiche e anche morali nelle azioni di Putin, i fatti sono sempre quelli che contano. Gli Ucraini possono avere fatto degli errori nel Donbass ed in Crimea ma non bisogna dimenticare che popolazioni russofone e, soprattutto russofili, vi furono “seminate” dalle politiche sovietiche; gruppi familiari trapiantati come coloni nella regione industrialmente più ricca e, la storia ci insegna, questi matrimoni forzati sono raramente felici, specialmente se i suoceri fanno di tutto per incentivare l’instabilità.
Il blocco commerciale del Mar Nero
Al di là delle considerazioni sulle motivazioni che hanno portato al conflitto, vorrei affrontare brevemente gli effetti di questa guerra sul traffico marittimo, che in qualche modo influenzeranno le economie mondiali nei prossimi anni. In un mio precedente articolo avevo dato la notizia della probabili presenza di mine navali in mar Nero … un’azione difensiva da parte della marina ucraina e, da un punto di vista militare, logica e legittima, con lo scopo di impedire alle forze russe di sbarcare uomini e mezzi.
Gli effetti si sono visti: almeno una nave affondata ed un certo numero di mine navali alla deriva bonificate dalle forze di contromisure rumene e turche. Le notizie si rincorrono tra smentite reciproche e accuse di violazione del diritto internazionale. Di fatto Ucraina e Russia si sono accusate a vicenda di aver rilasciato alla deriva delle mine navali YaM 43 e YarM di epoca sovietica (almeno tre sono state rilevate e neutralizzate finora). L’unico fatto certo è stata la dichiarazione dell’Ucraina di aver minato l’area di fronte ad Odessa in ruolo difensivo (non con mine alla deriva).
La cosa interessante è che dalla dichiarazione ucraina di minamento, prevista dalla Convenzione dell’Aia, e la scoperta sia passato così poco tempo … come è possibile che delle mine alla deriva abbiano quasi raggiunto il Bosforo da Odessa in così poco tempo, percorrendo 360 miglia nautiche? Oltre a tutto solo una settimana dopo la notifica russa.
Da un punto di vista oceanografico, anche con venti forti da nord, una mina alla deriva dovrebbe impiegare circa 20-25 giorni per arrivare dall’area di posa originale. Inoltre, come è possibile che si siano rotti gli ormeggi rendendole libere di navigare trasportate dalle correnti marine? Anche considerando la vetustà di quelle mine, il cavo di ormeggio non è così facile da spezzarsi. Il sospetto è che potrebbero quindi essere state rilasciate in alto mare dai Russi per scopi di deception, dando poi la colpa agli Ucraini.
La sola conoscenza della presenza dei campi minati ha di fatto bloccato le operazioni di sbarco nella zona di Odessa, fatto che ricorda tanto un’analoga situazione avvenuta nella base di Wonsan in Corea nel 1950, quando mine sovietiche, concettualmente della I guerra mondiale, fermarono le forze americane, impedendo l’esecuzione di un piano che avrebbe potuto risolvere la guerra in una settimana. Gli analisti valutarono che il 70% delle perdite americane, nei primi due anni di guerra, fu indirettamente causato dall’impiego di quelle mine navali da poche centinaia di dollari a Wonsan.
Altri tempi, altri attori ma i fatti non cambiano. La storia si ripete. Ancora oggi le mine navali fanno male, non solo sul momento ma per le loro conseguenze sia politiche che economiche.
Il blocco delle esportazioni non si risolverà con la fine del conflitto
Volendo limitarci al campo commerciale marittimo, è doveroso parlare delle conseguenti interruzioni dei flussi di esportazione. I porti ucraini sono chiusi e ragionevolmente rimarranno chiusi per un certo tempo anche dopo la fine del conflitto. I danni alle infrastrutture portuali, la presenza di ordigni in mare e di possibili ostacoli alla manovra legati all’affondamento di imbarcazioni sono solo alcuni degli effetti evidenti.
Ammesso che si arrivi ad una soluzione politica del conflitto, i flussi commerciali marittimi dovranno essere ristabiliti a più presto.
Non solo gas
Si parla molto di gas e di carbone ma esistono altri beni di importanza vitale per le economie globali: i cereali e i loro prodotti lavorati. Come è noto l’Ucraina è uno dei maggiori produttori e esportatori. Nel 2021/22 gli economisti hanno stimato nel 2021/2022 la produzione sarebbe stata di 42 milioni di tonnellate (Mt) di mais (fonte USDA) di cui circa 33,5 Mt sarebbero stati destinati alle esportazioni (circa il 17% dell’esportazione globale – quarto esportatore di mais al mondo). Per quanto concerne il grano, la produzione sarebbe stata di 33 Mt di cui 24 destinati all’export (terzo esportatore con una quota di circa il 12% del mercato globale). Non ultimi i semi oleosi che, nello stesso periodo, avrebbero avuto una produzione di 17,5 Mt, oltre il 30% della produzione globale. Una perdita che si somma a quella della Russia la cui produzione di grano era stimata intorno agli 80 Mt. Considerando che, secondo le stime USDA nel 2021/22 la Russia avrebbe dovuto produrre almeno 75,5 Mt di grano e che, in assenza di sanzioni, avrebbe portato ad un’esportazione totale di circa 35 Mt, sarebbe diventata il più grande paese esportatore globale con quasi il 17% dell’offerta. Analogamente per i semi di girasole, per i quali rappresenta il 27% della produzione mondiale.
Lo spettro della fame è l’anticamera della rivolta
La guerra in Ucraina ha di fatto ridotto le coltivazioni e bloccato i flussi di esportazione. Un danno economico enorme che, trattandosi di cibo, solleva il problema della sicurezza sociale, sia dal punto di vista dell’inflazione alimentare sia di potenziali disordini che, in caso di interruzione del flusso dii rifornimento, potrebbero generarsi in particolar modo nei Paesi più poveri. Non dimentichiamoci che i disordini della primavera araba nacquero proprio a seguito dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari. Ad oggi le esportazioni dal Mar Nero sono limitate a quelle dai porti russi ed il blocco dei porti ucraini ha reso la situazione delicata. Di fatto, nell’attuale incertezza, la Cina (storicamente grande acquirente di mais ucraino) si è già mossa per garantirsi nell’immediato una fornitura sufficiente. Va considerato che nel 2021 aveva importato 8,2 Mt di mais ucraino (circa il 30% delle importazioni cinesi totali). L’incertezza ha però portato i Cinesi a guardare sempre più agli Stati Uniti per compensare eventuali carenze, ed al grano russo (chiudendo un occhio alle problematiche legate all’uso dei fitofarmaci). È probabile che anche i principali importatori in Medio Oriente e Nord Africa vorranno assicurarsi tali risorse, senza guardare troppo al sottile, al fine di disporre di scorte adeguate. Per quanto concerne l’esportazione dell’olio di girasole è probabile che molte nazioni si orienteranno su altri prodotti sostituitivi come l’olio di semi di soia. Una tendenza che si è osservata nel più grande importatore mondiale di olio vegetale, l’India. È probabile che questa tendenza si possa rafforzare sui mercati internazionali.
In pratica, i mercati statunitensi potrebbero avvantaggiarsi della situazione, moltiplicando la produzione di grano primaverile, mais e soia per soddisfare le necessità mondiali. Una risorsa di cereali importante per l’Europa, anche se non dobbiamo dimenticarci che i limiti dei fitofarmaci e prodotti anticrittogamici per le coltivazioni negli Stati Uniti sono differenti dai nostri. Acquisteremmo cereali a costi maggiori ma meno sani. Sarebbe forse meglio investire, specialmente in Italia, in un programma europeo di produzione autonoma, riaprendo le culture nella regione Sud.
Un mare Nero in tutti i sensi … per molto tempo
In sintesi, l’instabilità sulle rotte del mar Nero sarà sicuramente perniciosa per le economie mondiali, causando un effetto a palla di neve su tutti i settori commerciali. Solo con il raggiungimento di un accordo duraturo fra le parti per la riapertura in sicurezza dei porti commerciali, compresa la bonifica delle aree minate dichiarate, si potrà sperare in una lenta ripresa. Considerando l’area minata dichiarata dall’Ucraina (i Russi negano di aver minato il mar Nero) sarebbe necessario impiegare per la sua bonifica una forza di contromisure mine numericamente importante, per creare innanzitutto dei corridoi di traffico liberi dalle mine dove instradare i mercantili.
la nuova unità CMM russa, Kurbatov, Classe Alessandrit, attualmente in mar Nero. Le sue apparecchiature per le contromisure contro le mine (MCM) includono un sonar, veicoli subacquei filoguidati (ROV) e autonomi (AUV) – Fonte Департамент информации и массовых коммуникаций Министерства обороны РФ File:Тральщик “Александр Обухов”.jpg – Wikimedia Commons
Allo stato attuale le forze ucraine (quello che resta) e russe (un solo cacciamine classe Alexandrit) sono assolutamente insufficienti per tale bonifica e solo una forza internazionale potrebbe mettere fine a questo stallo. Un fattore che prima o poi si presenterà intorno ai tavoli internazionali.
Andrea Mucedola
in anteprima mina ad urtanti russa – autore Konstantin Kc – Fonte https://web.archive.org/web/20161023202833/http://www.panoramio.com/photo/58860233
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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