ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: VIII SECOLO a.C. – V SECOLO d.C.
AREA: MARE MEDITERRANEO
parole chiave: Roma, potere marittimo romano
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Le operazioni militari
Sebbene le fonti storiche citino l’utilizzo di navi armate per contrastare i pirati, Roma si trovò, nella sua fase di espansione nella penisola, impreparata per combattere la potenza marittima più importante, se non l’unica, del Mar Mediterraneo, Cartagine.
In seguito, come spesso avviene nella storia, passato il pericolo, l’interesse politico scemò per poi riavviarsi quando, nel I secolo a. C., i Pirati misero in pericolo le rotte commerciali fondamentali per la sopravvivenza di Roma. Quindi per necessità più che per convinzione il Senato ordinò ad un suo grande generale, Gneo Pompeo di eradicare la minaccia dei pirati nel Mediterraneo.
Gneo Pompeo organizzò la flotta creando divisioni navali e suddividendo il Mediterraneo in regioni da controllare. La sua azione fu tanto efficace che i pirati non solo furono battuti in mare ma anche inseguiti nelle loro basi e distrutti.
Un impegno importante della flotta romana avvenne durante la battaglia di Azio, 31 a.C., tra Ottaviano e Marco Antonio e Cleopatra, che portò alla fine della Repubblica, aprendo la strada al Principato. Di questa battaglia che cambiò la connotazione politica di Roma, passando da una Repubblica ormai stanca e decadente all’Impero, potrete leggere un articolo dedicato.
Con l’istituzione dell’Impero, Ottaviano ora Augusto, divenne imperatore e garante della pace. Roma non aveva più nemici sul mare e, negli anni seguenti, le attività marittime militari divennero per lo più di pattugliamento navale nei mari e nei fiumi dell’Impero anche se, nel III e IV secolo non mancarono situazioni di crisi specialmente nei mari del Nord.
Come erano fatte le navi militari?
Abbiamo visto nella prima parte che le navi militari avevano strutture diverse legate al loro impiego. Nonostante fossero dotate di vela, le navi della flotta da guerra in battaglia erano solitamente azionate da remi, riservando l’uso della vela solo durante i trasferimenti. La necessità di impiegare i remi comportava ovviamente equipaggi più numerosi.
Una caratteristica delle navi militari era la presenza del rostro (rostrum), uno sperone in bronzo inserito tra la parte finale prodiera della chiglia e la parte più bassa del dritto di prua usato per sfondare lo scafo delle navi avversarie o rompere i remi. Secondo Plinio il Vecchio, il rostro sarebbe stato inventato dall’etrusco Piseo figlio di Tirreno. Non a caso con il nome di Tirreni erano chiamati i pirati etruschi che imperversavano tra la Toscana e la Sardegna. Numerosi esemplari di rostri romani e punici sono stati recuperati alle isole Egadi dalla Sovrintendenza archeologica subacquea guidata da Sebastiano Tusa.
Sotto un certo aspetto, i primi marines li inventarono i Romani
Oltre ai marinai imbarcavano anche fanti di marina (miles classiari) per il combattimento corpo a corpo durante gli abbordaggi. Essi erano dotati di un armamento più leggero per facilitare i movimenti. La presenza di equipaggi più numerosi comportava esigenze logistiche maggiori non solo per l’alloggio ma anche per le necessità in termini di cibo e acqua.
Dopo la conquista della Grecia e degli altri territori orientali i Romani acquisirono cantieri navali e navi di altre flotte straniere. I costruttori romani seppero apprendere da quei popoli le conoscenze tecniche e professionali necessarie per sviluppare in proprio le loro navi.
Una costola dell’esercito ma con una sua autonomia
La Marina militare romana (classis) era posta sotto la supervisione dell’esercito ma utilizzava ufficiali e equipaggi propri. Su ogni nave imbarcava un trierarchus come comandante che si avvaleva di un beneficiarus, il comandante in seconda, ed un centurione. L’equipaggio era costituito principalmente da cittadini o da liberti arruolati come soldati in diverse e specifiche mansioni. La fanteria di marina (Classiarii) erano parte integrante della componente navale ed operavano sia negli scontri navali sia nelle operazioni anfibie.
Una curiosità: la maggior parte dei fanti di marina provenivano da Province non italiche e potevano acquisire (come anche per i marinai) la cittadinanza dopo 26 anni di servizio. Il loro armamento prevedeva lance falcate, particolarmente idonee per tagliare le cime nemiche, asce e spade di abbordaggio.
Non ultimo, a bordo esistevano anche medici, detti medici dupliciarii perché percepivano una retribuzione doppia, forse per invogliarli ad imbarcare. Peccato che questa norma non sia più stata applicata nelle marine moderne, sicuramente avrebbe risolto il problema cronico della loro mancanza. Secondo Gabriele Campagnano forse ce n’era uno per ciascuna trireme, mentre i vascelli di maggiori dimensioni potevano imbarcarne anche di più.
Una vasta tipologia di unità combattenti
La tipologia della navi della marina da guerra era molto vasta. In generale si passava da unità navali con una fila di remi fino ai giganti dell’epoca, le esareme che, in epoca imperiale, raggiungevano i 70 metri di lunghezza e 8 di larghezza. Queste ultime erano usate come navi comando anche se, a volte, potevano partecipare alla battaglia. In generale, le navi militari erano più lunghe e affusolate rispetto a quelle onerarie per essere più maneggevoli in combattimento. I rematori erano disposti in genere su due file appaiate o tre sovrapposte su piani sfalsati al di sotto del ponte.
Nelle navi con maggiori ordini di remi, come le quadriremi e quinqueremi, la disposizione dei rematori cambiava.
Un cenno particolare alle liburne che influenzarono l’architettura navale nei secoli a seguire. La liburna prese il nome dai pirati dalmati Liburni che operavano principalmente in Adriatico, attaccando e derubando le navi commerciali in transito. La struttura leggera di queste navi gli permetteva di avvicinarsi molto alla costa sia per attaccare che per ridossarsi. In alcuni casi, grazie al basso pescaggio potevano risalire anche i fiumi per potersi meglio nascondere.
Vennero impiegate nella battaglia di Azio, ma fu Ottaviano che, consigliato da Agrippa, decise di impiegarle stabilmente nella flotta, facendone un modello che durò per 4 secoli. Queste naves longae avevano una carenatura stretta, che comportava una grande manovrabilità e velocità. Nel tempo ne vennero costruiti diversi modelli a più ordini di remi.
Un ultimo cenno sulle navi imperiali, usate dagli imperatori per i loro viaggi di piacere. Erano unità di grandi dimensioni, poco marinaresche e maneggevoli ma molto confortevoli, delle vere navi da crociera del mondo romano.
Torneremo a conoscere meglio le navi militari romane con articoli dedicati.
Andrea Mucedola
immagine in anteprima rostro della battaglia delle Egadi scoperto da Sebastiano Tusa – credito RPM Nautical Foundation/Soprintendenza del Mare – Sicilia – cortesia dottoressa Alessandro De Caro Soprintendenza del Mare (regione.sicilia.it)
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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