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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XVI SECOLO
AREA: MEDITERRANEO
parole chiave: Cervantes, Don Chisciotte, Lepanto
“Agli uomini di cuore, a coloro che si ostinano a credere nel sentimento puro. A tutti quelli che ancora si commuovono. Un omaggio ai grandi slanci, alle idee e ai sogni.” Miguel de Cervantes
Una delle più solenni e suggestive rievocazioni della battaglia di Lepanto è quella che fece il grande Miguel de Cervantes nel Prologo della seconda parte del suo Don Chisciotte 1.
la battaglia di Lepanto – affresco di Giorgio Vasari – autore Sailko
Giorgio vasari e aiuti, la battaglia di lepanto, 1572-73, 03.jpg – Wikimedia Commons
Il celebre scrittore spagnolo Miguel de Cervantes, allora ventiquattrenne e squattrinato hidalgo, partecipò di persona, alla grande battaglia avvenuta il 7 ottobre 1571 dove fu gravemente ferito perdendo l’uso della mano sinistra.
La battaglia di Lepanto, detta anche battaglia delle Echinadi o Curzolari, fu uno scontro navale avvenuto il 7 ottobre 1571, nel corso della guerra di Cipro, tra le flotte musulmane dell’Impero ottomano sotto il comando di Alì Mehemet Pascià e quelle cristiane della Lega Santa guidate da Don Giovanni d’Austria. La Lega Santa riuniva le forze navali cristiane formate in gran parte dalla Repubblica di Venezia e l’altra metà composta congiuntamente dalle galee dell’Impero spagnolo, dello Stato Pontificio, della Repubblica di Genova, dei Cavalieri di Malta, del Ducato di Savoia, del Granducato di Toscana del Ducato di Urbino, della Repubblica di Lucca, del Ducato di Ferrara e del Ducato di Mantova. Molti storici sono concordi nel riconoscere che gran parte del merito della sua vittoria debba essere ascritta a Sebastiano Venier, 75enne Duca di Candia, e “general de mar” della repubblica di Venezia, oltre che allo sforzo Politico di Marcantonio Colonna, comandante pontificio, che fu in grado di smussare i contrasti tra Spagna e Venezia mantenendo l’unità d’intenti della flotta. |
Una curiosità
Lo scrittore Miguel de Cervantes era anche noto in Spagna come “el manco di Lepanto” soprannome, di cui era particolarmente orgoglioso, basato anche anche sulla rima dato che in Spagna Lepanto è pronunziata accentando la a e non la e come in Italia.
stampa ritratto di Miguel de Cervantes – autore William Kent
Miguel de Cervantes Saavedra cph.3b18360.jpg – Wikimedia Commons
La battaglia che egli definisce “prodigiosa” e gli appare come l’evento più alto e la più alta occasione di passione e di gloria (‘la màs alta ocasion“) che abbiano visto i secoli passati, tutti, e ora i presenti, e quale non spereranno mai di vedere “los venideros“, ovvero quelli futuri. Prosegue dicendo che, se gli si proponesse e gli si rendesse possibile un miracolo, egli preferirebbe essersi trovato presente a quello scontro favoloso, pur col duro scotto pagato, piuttosto che sentirsi di nuovo sano delle sue ferite senza aver preso parte a quella “ocasion” invidiata dai Cristiani coraggiosi e fedeli di tutti i tempi.
Ché se ora è uno storpio, come gli rinfacciano stupidamente e disumanamente certi nemici e invidiosi, la sua storpiatura non se l’è procurata appunto “en alguna taberna“, in qualche rissa di bassa osteria, ma in una giornata d’armi e di ardori, vissuta combattendo contro “el crudo pueblo infiel“.
Ecco il brano:” In quella dolce occasione io ero triste, con una mano che afferrava la spada, e il sangue dell’altra che diramava giù. Sentivo il petto piagato da una profonda ferita, e la sinistra era lì, già spezzata in mille parti. Però il giubilo, che mi prese l’anima vedendo vinto il crudele popolo Infedele da quello cristiano, fu tanto, re e signore mio, che non capivo se ero ferito davvero. Dunque era tanto mortale il mio sentimento (di gioia) che talora mi strappava via la coscienza (del dolore).” Si noti: “A esta dulce sazòn“: in questa dolce situazione”.
E, per concludere, bisogna ricordare che Cervantes quel giorno non era in gran forma, a causa di una violenta febbre; tanto malato che Don Francisco de S. Pedro, il capitano della galea La Marquesa, che avrebbe poi combattuto all’ala sinistra dello schieramento navale cristiano, comandata dall’ammiraglio veneziano Agostino Barbarigo, lo voleva dispensare dal già imminente combattimento. Sembrebbe che Cervantes protestò urlando che per lui era meglio la morte che starsene ozioso sotto coperta in quel fatale frangente, riuscendo così a convincere Don Pedro.
Cervantes salì quindi febbricitante su un battello, a capo di dodici uomini, combattendo al fianco de “La Marquesa” e spingendosi sempre più avanti per far fuoco più da presso sulle navi turche. Nel combattimento due palle di archibugio lo centrarono al petto, e una gli disfece, come sappiamo, la mano sinistra. Come amava dire, a maggior gloria della destra, ricordando l’episodio e considerandosi fortunato (e noi con lui dato ciò che produsse) per avere conservato la possibilità di scrivere.
Un episodio collaterale alla grande battaglia ma che ci consente di ricordare questo grande scrittore che fu anche un coraggioso soldato degno figlio della Spagna del Siglo de oro.
Gianluca Bertozzi
Nota
1 dal secondo Prologo del Don Chisciotte “Al soldato è molto più glorioso il cadere estinto sul campo, che l’essere debitore della libertà alla fuga; ed io sento così al vivo la verità di questo principio, che se mi venisse adesso proposto e reso facile l’impossibile, presceglierei le ferite delle quali fui ricoperto nella prodigiosa giornata a tutti nota 1, piuttosto che il non aver riportata ferita alcuna per non esservi intervenuto. ” Le ferite note che Cervantes riferisce erano quelle di Lepanto.
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