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La burla del Bunga Bunga alla British Royal Navy

tempo di lettura: 9 minuti

 

livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: UK ROYAL NAVY 
parole chiave: Dreadnought hoax, Virginia Wollf

 

Oggi racconto la storia curiosa di un gruppo di attempatelli studenti inglesi che, all’inizio del secolo scorso, si divertirono ad organizzare nella austera Inghilterra post Vittoriana delle ben congeniate burle. Quella volta la vittima fu la Marina di Sua Maestà britannica … ferita a colpi di Bunga Bunga.

Premessa
Questo evento avvenne il 7 febbraio 1910, quando sei amici organizzarono uno dei più fantasiosi scherzi della storia britannica alla nave ammiraglia della Flotta della Manica; la lunga epoca vittoriana si era conclusa da meno di un decennio, ed ancora nell’impero britannico si respirava un’aria molto inquadrata, in cui dietro l’apparente rigore morale, si nascondeva una grettezza e mediocrità mentale verso quelli che venivano ritenuti inferiori o non allineati; in particolare verso il ceto povero e le donne. Una situazione che gli intellettuali del tempo denunciavano apertamente spesso usando la satira, il castigat ridendo mores, nei loro scritti con una sottile ironia sui vizi e difetti della loro società ma anche attraverso burle feroci verso l’autorità.

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Adrian Stephen, Robert Bowen Colthurst, Horace de Vere Cole, Leland Buxton e Lyulph “Drummer” Howard, in costume per la bufala del Sultano di Zanzibar a Cambridge – Fonte The ‘Dreadnought’ Hoax di Adrian Stephen, 1905 – autore W. Wright, Bishopgate – in seguito aggiornato da http://www.martyndowner.com/books/the-sultan-of-zanzibar/attachment/16-01-2010-222422/

Tutto ebbe inizio nel 1905, quando Adrian Stephen, fratello di Virginia Stephen, più nota come Virginia Woolf (dal cognome del marito), e William Horace de Vere Cole, poeta e irrefrenabile burlone, all’epoca tutti studenti dell’università di Cambridge, idearono una burla per vincere la noia quotidiana.

Avendo letto che il Sultano di Zanzibar si trovava in Inghilterra, decisero di impersonificarlo in una improbabile visita al prestigioso ateneo. L’idea venne però rapidamente modificata, realizzando che, in caso di scoperta, avrebbero potuto rischiare l’espulsione e quindi decisero di prendere in giro il sindaco della bella città. Essendo il Sultano apparso in fotografia sulla stampa locale decisero di inventarsi un personaggio fittizio e inesistente, un ricco zio del Sultano africano.

Si recarono quindi a Londra dove acquistarono in un negozio teatrale i costumi ed i trucchi necessari per mascherarsi e preavvisarono con un telegramma il sindaco del prossimo arrivo a Cambridge dello zio del Sultano, nel quale si mostrava interessato a conoscere la città, casa madre di una delle università più prestigiose dell’impero. La messinscena funzionò molto bene, visto che furono ricevuti formalmente dal sindaco che li accompagnò addirittura ad un bazar di beneficenza dove, Cole, in quanto zio del ricco Sultano, si adoperò ad effettuare “enormi acquisti su tutte le bancarelle“.

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Cartolina commemorativa dello scherzo di Cambridge Hoax, con il sindaco che riceve Horace de Vere Cole nelle vesti dello zio del Sultano di Zanzibar, 1905 – Fonte https://magnet.xataka.com/preguntas-no-tan-… para-reirse-de-la-armada-britanica
The Cambridge Hoax postcard, 1905 – 1.jpg – Wikimedia Commons

Sebbene la visita fu un successo tale da essere riportata sul Daily Mail, l’articolo intrigò un investigatore privato che, alla fine, scoprì che in realtà si era trattato di uno scherzo goliardico. La beffa fu tanto gradita che incominciarono a circolare anche delle cartoline postali per ricordare l’evento. Se Stephen e Cole, non fossero stati benestanti probabilmente avrebbero potuto avere dei problemi ma, grazie alla disponibilità finanziaria, riuscirono a scampare all’espulsione dall’università. Vi domanderete, tutto qui? Non proprio.

La burla del Bunga Bunga
Passarono cinque anni, e il caso volle che alcuni ufficiali di Marina imbarcati sul HMS Hawke proposero di fare uno scherzo ad un ufficiale imbarcato sulla corazzata HMS Dreadnought, tra l’altro cugino di Adrian Stephen; non una nave qualunque ma la nave ammiraglia della prestigiosa flotta della Manica sotto il comando, nientedimeno, dell’ammiraglio Sir William Wordsworth Fisher. L’idea piacque e quella banda di eterni ragazzi (tra cui Horace Cole, Anthony Buxton, Duncan Grant, Cecil Guy Ridley e Virginia, sorella di Stephen) idearono una visita ufficiale, questa volta a bordo della nave ammiraglia e nelle vesti dell’Imperatore di Abissinia e del suo seguito.

In particolare, Buxton avrebbe recitato la parte dell’Imperatore e sarebbe stato accompagnato dal suo seguito (compresa Virginia in abiti maschili) e da Adrian Stephen nelle vesti di un (improbabile) interprete. Horace Cole avrebbe vestito abiti occidentali, in perfetta tenuta da cerimoniale con cilindro e frac, mentre il falso Imperatore e il suo seguito, inclusa Virginia, avrebbero indossato barbe e baffi finti ed elaborate vesti orientali, annerendosi la pelle con una tinta scura. Mandarono quindi un telegramma di preavviso all’ammiragliato e partirono in treno per raggiungere la nave; durante il viaggio cercarono di imparare qualche improbabile parola in swahili (tra l’altro senza sapere che quella lingua non era usata in Abissinia). Al lor arrivo furono ricevuti da un ufficiale in alta uniforme che li accompagnò con tutti gli onori a bordo della HMS Dreadnought.

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La nave da battaglia HMS Dreadnought (1906) in navigazione. Entrata in servizio con la Royal Navy britannica nel 1906, la sua costruzione generò una profonda impressione negli ambienti delle marine militari dell’epoca spingendo le altre marine alla realizzazione di unità similari che vennero identificate genericamente con lo stesso nome. In estrema sintesi si basavano su due innovazioni rivoluzionarie: una artiglieria consistente principalmente in un gran numero di cannoni pesanti e monocalibro, ed un apparato propulsivo basato su turbine a vapore, un sistema di nuova ideazione. Va ricordato che l’unità fu idealizzata dall’ingegnere colonnello del Corpo del Genio Navale italiano Vittorio Cuniberti che, nel 1903, aveva pubblicato sulla rivista Jane’s Fighting Ships un articolo intitolato Una nave da battaglia ideale per la Royal Navy, in cui proponeva il progetto di una nave da 17 000 tonnellate di dislocamento armata con dodici pezzi da 305 mm, protetta da una corazzatura spessa 305 mm e capace di una velocità di 24 nodi (proposto anche alla Regia Marina italiana senza ricevere un grande interesse) – Fonte U.S. Naval Historical Center – Autore U.S. Navy HMS Dreadnought 1906 H61017.jpg – Wikimedia Commons

Nel resoconto di questa epica burla, scritto molti anni dopo ovvero nel 1935, confidarono di essersi resi conto all’arrivo a bordo del rischio che correvano ma la commedia era iniziata e bisognava ora recitarla. Per assurdo, al momento dell’imbarco, Stephen si accorse che il comandante della nave era un viso conosciuto; facevano infatti parte dello stesso club e si erano spesso incontrati. La situazione era però tale che, grazie al “proverbiale tatto e formalità degli ufficiali di marina”, nessuno si arrischiò a investigare sulla sua identità e Stephen non fu scoperto. Ad un certo punto l’Ammiraglio chiese a Stephen di tradurre delle informazioni sulla flotta britannica e sulla sua prestigiosa nave per “l’Imperatore”. Ci fu un momento di panico: si resero conto che se a bordo della nave da battaglia fosse stato presente un interprete avrebbe potuto scoprire immediatamente che la regale delegazione non parlava la lingua abissina. Per fortuna dei burloni, nessuno era in grado di poter capire e Stephen iniziò ad improvvisare con ostentata professionalità; rivolgendosi all’imperturbabile Imperatore, incominciò a mescolare sproloqui vari in latino e greco, parole storpiate, senza alcun senso che contenevano alcuni dei termini tecnici usati dal blasonato ufficiale della Royal Navy (giusto per dare un senso al discorso). Ogni volta che il comandante mostrava loro una caratteristica della nave, gli illustri ospiti ricevevano quindi frasi senza senso alle quali rispondevano con vivo compiacimento «Bunga, Bunga!».

Ma non era finita; arrivò il momento del pranzo e gli ufficiali britannici insistettero affinché la reale delegazione consumasse il pranzo con loro. Il rischio stava diventando troppo grande visto che i baffi posticci incominciavano a staccarsi dai visi sudati degli imbroglioni che rifiutarono educatamente dicendo che la famiglia reale poteva toccare solo il cibo preparato in un certo modo. La visita proseguì fino a quando l’Ammiraglio insistette per un saluto militare all’“Imperatore”, una salva di colpi di cannone (anche per dimostrare la potenza della Marina di Sua Maestà). Ancora una volta il genio di Stephen aggirò il problema rispondendo all’Ammiraglio che l’Imperatore ringraziava ma declinava l’offerta, considerando le fatiche che l’equipaggio avrebbe dovuto fare per ripulire dopo l’esercitazione i possenti cannoni. Al termine della lunga visita il regale gruppo lasciò la nave e gli imbroglioni ripresero il treno del ritorno, compiacendosi fra di loro del successo. Apparentemente nessuno si era accorto di nulla e il segreto doveva essere assolutamente mantenuto. Ma il diavolo ci mise la coda, perché pochi giorni dopo la foto della reale delegazione fu pubblicata sul Mirror. Stranamente non ci fu un seguito: la bufala aveva funzionato bene e apparentemente nulla era trapelato. Una nine days news che sarebbe svanita come tante nel tempo.

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i falsi dignitari con l’imperatore di Abissinia, 1910 – fotografia scattata al Lafayette studio –  notare in basso a sinistra la scritta “Bunga Bunga gedelika” – Fonte  National Portrait Gallery: NPG P1293 Dreadnought hoax larger photo.png – Wikimedia Commons

Passò qualche tempo e il destino volle che Stephen e i suoi amici di merenda incontrassero a passeggio per Londra il Comandante della Dreadnought. L’arcigno ufficiale, finalmente illuminato, li riconobbe ed incominciò una sceneggiata degna della Commedia dell’arte: il Comandante si mostrò inorridito dal loro ardire, poi disse di essere intenzionato a chiamare la polizia per denunciare il malfatto, e quindi … viste le reazioni dei burloni … si mise a ridere. In pratica, la faccenda, dopo i primi momenti critici, sembrava ancora una volta essersi conclusa nei migliori dei modi.

Diverse settimane dopo, il cugino di Stephen, ufficiale del HMS Dreadnought, si presentò a casa di Adrian con un’espressione cupa, dicendo che erano state poste delle domande in Parlamento sull’accaduto e chiese che Stephen e i suoi “co-cospiratori” si presentassero nell’aula per chiedere scusa. Di fatto, la burla non solo era stata divulgata ma era divenuta “virale” sulla stampa; tra l’altro un giornale pubblicò un’intervista con un uomo che affermava di aver assistito alla visita degli abissini che avevano spesso usato come intercalare l’espressione “Bunga Bunga”. Si scoprì quindi che l’intercalare era di fatto il toponimo di una località nel Golfo di Moreton, sulla costa orientale dell’Australia, altro che abissino. Inutile dire che divenne presto un tormentone sulla bocca dei ragazzini delle strade di Londra, che incominciarono ad usare “Bunga Bunga” come sinonimo di presa in giro, noi diremmo presa per i fondelli.

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Vignetta relativa alla “burla del Dreadnought” del 7 febbraio 1910. Fonte pubblicata originariamente su Daily Mirror, febbraio 1910 da http://www.clemson.edu/caah/cedp/cudp/scr/articles/scr_38-2_gerzina_essay.pdf : “Boscimani e Blackface: Bloomsbury e la razza” di Gretchen Holbrook Gerzina. Data 1910-02 – Autore William Haselden DreadnoughtHoaxCartoonDailyMirrorFebruary1910.jpg – Wikipedia

Ma non finì qui. Secondo gli stessi autori della burla, in seguito alcuni ufficiali della Marina britannica decisero di condurre la propria rivalsa contro di loro utilizzando la stessa moneta; Cole li ricevette nel suo salotto ed il cugino già citato di Stephen accompagnato da un collega annunciarono che erano venuti per vendicare l’onore della Royal Navy a colpi di … bastone.

In pratica lo avrebbero vergato per lavare l’offesa (l’uso della verga era comune nelle scuole come metodo educativo per i bambini ma non certo per le persone adulte). Cole piagnucolò di essere stato malato e che non avrebbe potuto sopportare una tale punizione e gli Ufficiali risposero che, essendo la terza settimana che si recavano a Londra per vendicare l’onore della Marina, non potevano accettare un nuovo rinvio. Cole, che era caduto nella trappola, accettò la punizione ma solo se gli fosse stato permesso di rispondere … ugualmente. In pratica avvenne un reciproco scambio di sei vergate (che furono definiti “colpi cerimoniali”) nelle basse terga, e gli Ufficiali, non paghi della loro burla, si recarono poi a casa degli altri “abissini” per ripetere lo scherzo. Una vendetta tragicomica se si considera l’età dei soggetti.

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ritratto di Virginia Woolf (25 gennaio 1882 – 28 marzo 1941) del 1902 – Fonte Filippo Venturi Photography Blog – Autore George Charles Beresford (1864–1938)  George Charles Beresford – Virginia Woolf in 1902 – Restoration.jpg – Wikimedia Commons

L’unica ad essere risparmiata fu Virginia Woolf  che anche in seguito raramente menzionò l’accaduto, pur definendolo nel 1940, “la burla più audace della storia“.

L’onore della Marina inglese fu così almeno in parte ripulito e le due parti si strinsero la mano e si separarono con puro aplomb inglese. Quando la notizia dello scherzo si sparse tramite la stampa, oltre al comprensibile gossip nei club della city, l’imbarazzante evento provocò comunque numerose interrogazioni in Parlamento che portarono ad una gestione più oculata delle norme di sicurezza agli accessi sulle navi di sua Maestà. Se non altro a qualcosa almeno era servito.

E il termine Bunga Bunga?
Sebbene la prima vittima fosse stata la Marina di Sua Maestà, in seguito il termine scherzoso divenne un tormentone e venne inserito nelle barzellette anglosassoni come sinonimo di pratiche non proprio ortodosse ed intese non tanto al piacere ma a punire qualcuno … la storia recente la sapete.

 

Note
Si ringrazia Walter Leotta per aver segnalato questo curioso episodio.

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