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La storia dei sistemi di navigazione: dalle origini al IV Secolo dopo Cristo – parte I

tempo di lettura: 7 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA DELLA NAVIGAZIONE
PERIODO: ORIGINI – IV SECOLO DC
AREA: DIDATTICA
parole chiave: stelle, costellazioni, direzione, navigazione costiera
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Avete letto su OCEAN4FUTURE molti articoli sulla navigazione antica, una scienza affascinante nella quale c’è ancora molto da scoprire. Una domanda che ci possiamo porre è come navigavano gli antichi marinai? Quali erano le loro conoscenze? Inizio oggi una serie di articoli sulla storia della navigazione attraverso quelle invenzioni che di fatto consentirono agli Uomini di solcare gli Oceani con maggiore padronanza ed allargare i loro orizzonti.

Un origine sconosciuta
Probabilmente tra i primi umani ad aver navigato in mare aperto furono i popoli polinesiani, circa 50.000 anni fa, nella loro migrazione verso occidente dalle coste del sud america. Nel Mar Mediterraneo forse tutto iniziò circa 10.000 anni fa, quindi dopo l’ultima glaciazione, quando le acque incominciarono a risalire ed i nostri antenati, per necessità si ingegnarono per poter raggiungere per mare le nuove isole.

Probabilmente costruirono delle piccole imbarcazioni, intrecciando delle canne, che furono inizialmente propulse da semplici rami che si perfezionarono poi nelle prime pagaie. Forse, osservando una foglia galleggiare sull’acqua, sospinta dal vento, ebbero l’idea di costruire delle superfici di tessuti intrecciati per sfruttare la forza del vento, le prime vele. Le prime navigazioni avvennero lungo le coste, identificando punti di riferimento che potevano essere di aiuto per potersi orientare. Il poter raggiungere una destinazione e poi tornare a casa era infatti la condizione essenziale che necessitava di un concetto fondamentale, l’orientamento. In tempi antichi il poter stabilire dei punti cardinali di riferimento era legato ai cicli del Sole che sorge ogni giorno ad Oriente (Est) e tramonta ad Occidente (Ovest).

Orientamento
Iniziamo con questo termine che vedremo ci accompagnerà fino ai nostri giorni. Con orientamento intendiamo l’azione di orientarsi nello spazio verso una direzione seguendo determinati riferimenti. Punti che definiamo cardinali in quanto d’incontro dell’orizzonte con uno specifico riferimento. Non a caso ai naviganti antichi il Sole era il riferimento più importante al quale si sarebbero presto aggiunte nella notte le costellazioni.

fiordo a Gozo, antico sorgitore fenicio – photo credit @andrea mucedola

Sotto un certo aspetto l’Oriente aveva un significato mistico, sinonimo di perenne rinascita. Se quegli antichi marinai avessero voluto comunicarsi una direzione quale migliore definizione se non “verso il sorgere o il tramonto del Sole“? In quei secoli lontani nacque così un concetto fondamentale, l’orientamento inteso come la capacità di trovare una posizione all’interno di un sistema di riferimento seguendo una direzione. 

Superando la fase nomadica, incominciarono a studiare come raggiungere una destinazione per poi … ritornare al punto di partenza. Può sembrare banale, ma lo sviluppo delle tecniche di navigazione richiesero molti secoli per potersi affinare.

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navi della media età del bronzo davanti al porto di Acrotiri, Thera Akrotiri minoan town.jpg – Wikimedia Commons

I navigatori dell’età del bronzo
Nell’età del bronzo i commerci fra popoli diversi del Mediterraneo portarono alla nascita dell’organizzazione marittima moderna. I commercianti avevano bisogno di mezzi idonei per il trasferimento (le navi), di equipaggi addestrati a questa forma di lavoro (marinai), di basi logistiche dove rifornirsi e fare le manutenzioni (i porti) e, non ultimo, di apprendere il come ovvero l’arte dell’orientamento. Il primo passo fu identificare punti di riferimento cospicui, come montagne, isole o estuari dei fiumi, poi osservando il cielo notturno si accorsero dell’alternarsi delle costellazioni sulla linea dell’orizzonte.

navicella sarda – museo archeologico di Cagliari photo credit @andrea mucedola

Odisseo (Ulisse) descrive in molti passi dell’Odissea nozioni marinaresche che dovevano essere di patrimonio comune tra i marinai di quei lontani periodi. Intorno al III secolo a.C. il poeta greco Aratos di Soli pubblicò il suo Phenomena descrivendo in dettaglio le posizioni delle costellazioni ed il loro ordine di ascesa e tramonto. Queste erano informazioni vitali per qualsiasi navigatore per mantenere una determinata rotta. In particolare, una stella che sembrava restare fissa mentre le altre sorgevano e tramontavano girandogli intorno, poteva essere usata come riferimento per seguire una direzione.

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come identificare la stella polare seguendo la direzione dell’allineamento delle due stelle dell’orsa minore  Finding polaris.png – Wikimedia Commons

Gli antichi astronomi avevano notato che vi erano delle stelle e costellazioni che non tramontavano mai, le circumpolari. Tra di esse una stella, tra l’altro non particolarmente luminosa, era più fissa delle altre, la stella polare. Gli antichi marinai compresero che la costellazione dell’Orsa Minore orbitava attorno a quel punto, il polo nord celeste, in un cerchio più stretto rispetto all’Orsa Maggiore (il Settentrione dal latino septemtriones – septem triones – ovvero la costellazione dei “sette buoi da lavoro» identificati nelle sette stelle dell’Orsa). L’angolo tra quella stella e l’orizzonte dipendeva dalla latitudine dell’osservatore, ma questo, probabilmente, non lo capirono subito. Sebbene il concetto di rappresentazione geometrica su carta della geografia non fosse ancora nato, la sua altezza divenne presto un riferimento importante. I marinai compresero che mantenendo la sua altezza costante rispetto all’orizzonte potevano navigare con una direzione precisa, ovvero quella che oggi noi chiamiamo latitudine.

Stelle e costellazioni
In caso di non visibilità della polare, gli antichi navigatori usavano altre stelle e costellazioni per determinare le direzioni cardinali. Si resero infatti conto che le posizioni in cui “apparivano e scomparivano” all’orizzonte le stelle erano costanti e non cambiavano nel tempo. Una nozione astronomica importante e molto complessa che richiedeva la memorizzazione da parte dei naviganti del comportamento delle costellazioni principali durante le stagioni. Questa conoscenza fu nel tempo però dimenticata a seguito della scoperta di nuovi strumenti di orientamento, come le bussole. Appare però interessante rilevare che la metodologia impiegata dai Polinesiani e dagli antichi popoli mediterranei nella navigazione stellare non fosse inizialmente molto diversa. Sicuramente i navigatori più esperti conoscevano a memoria i movimenti delle stelle cosa che li rendeva professionisti ricercati.

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il cielo stellato ruota intorno alla stella polare per cui il sorgere ed il tramontare delle costellazioni sulla linea dell’orizzonte fu sfruttato dagli antichi per orientarsi in alto mare – Autore Dan Muntz – Fonte https://www.flickr.com/photos/28443805@N05/2985454779/ 90 Minutes of Your World.jpg – Wikimedia Commons

Le nozioni dei movimenti celesti vennero inserite nei primi portolani, documenti nautici che raccoglievano su carta le nozioni geografiche dell’epoca. Non a caso le rotte di navigazione del Mediterraneo (periploi in greco) erano probabilmente già mappate nel IV secolo a.C.. Nel I secolo dopo Cristo, esistevano portolani che coprivano anche le rotte atlantiche, dell’Africa nord-occidentale, del corno dell’Africa ed oltre il Golfo arabico verso la lontana India. Queste informazioni non erano di patrimonio di tutti ed avevano una loro segretezza commerciale. Conoscere le rotte migliori voleva dire arrivare più celermente a destinazione e commerciare più proficuamente. Lasciato il porto, quando la terra non era più visibile, gli antichi marinai, in condizioni di buona visibilità, stimavano di notte le indicazioni dalla stella polare mentre di giorno il sorgere o il tramonto del sole. Le navigazioni erano sicuramente perigliose e gli incidenti molto frequenti ma i guadagni economici erano sempre molto alti.

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asse romano – photo credit @andrea mucedola

Nascita del potere marittimo
Roma ebbe la capacità di assimilare le conoscenze altrui ed utilizzarle per i propri scopi commerciali e militari. Molte delle abilità marittime dei Romani furono ereditate dalle esperienze maturate dagli altri popoli e, almeno nei primi anni, i navigatori delle loro navi erano di origine greca o fenicia. Roma creò però il metodo ovvero l’organizzazione necessaria per mantenere insieme una struttura marittima complessa e funzionale che serviva un Impero che andava dalle isole britanniche alle lontane terre dell’Oceano Indiano. Furono create basi navali con magazzini e depositi necessari per gestire l’enorme flusso delle merci necessarie alla sopravvivenza di Roma. Eliminato il fenomeno della pirateria, i comandanti delle navi commerciali onerarie romane potevano percorrere rotte sicure, protetti da un’organizzata flotta militare. Oltre alle merci, preziose informazioni sui luoghi di destinazione, nozioni di meteorologia e di oceanografia venivano inglobate nei portolani. Il potere marittimo esercitato da Roma fu rappresentato sin dai primi anni anche sulla monetazione romana, la forma di comunicazione più importante e popolare del periodo.

Ma con quali conoscenze nautiche quegli antichi navigatori affrontarono gli spazi aperti? Non bastava conoscere le stelle, si dovevano capire i loro movimenti. Secondo Plinio, questa conoscenza, che ho citato nella prima parte, fu sviluppata dai Fenici che, abili commercianti, furono tra i primi a raggiungere le più lontane destinazioni del Mediterraneo, venendo a contatto con gli scritti dei più grandi astronomi dell’antichità, i Caldei. Per poter sfruttare appieno quelle nozioni era però necessario possedere degli strumenti di misura che scopriremo nel prossimo articolo.

fine parte I – continua

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