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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: ITALIA
parole chiave: Trasportatori subacquei
La rinascita nel dopoguerra
In due articoli precedenti abbiamo raccontato l’evoluzione o meglio quella che fu definita la metamorfosi di un’eccellenza delle forze speciali della marina militare italiana: dai gamma fino alla creazione degli arditi incursori.
La sala storica del Gruppo Operatori Incursori del COM.SUB.IN. raccoglie cimeli interessantissimi dei mezzi impiegati dagli incursori del dopoguerra – si ringrazia per la consulenza il C.te Libardo
Nel 1947, il comando di MARICENTROSUB si occupava della formazione dei palombari e dei sommozzatori. L’Italia del dopoguerra era devastata, i porti erano bloccati da navi affondate e ordigni di ogni tipo rendevano pericolose le attività in mare. Iniziò la grande bonifica del dopoguerra dove, i Gamma furono impiegati nelle operazioni di neutralizzazione di mine navali e esplosivi, operando con mezzi spesso poco funzionali. In accordo con l’articolo 59 del Trattato di pace di Parigi del febbraio del 1947, alla Regia Marina Militare Italiana fu vietata la costruzione, acquisto e sostituzione di navi da battaglia, oltre all’utilizzazione e alla sperimentazione di unità portaerei, naviglio subacqueo, motosiluranti e di mezzi d’assalto di qualsiasi tipo.
SSB in un magazzino a San Bartolomeo La Spezia. 1945 – credito Ufficio Storico della Marina
Sotto la cenere
Dopo la guerra erano restati pochi siluri a lenta corsa con materiali di rispetto sparsi in diverse località italiane. Soprattutto si erano perse molte delle risorse umane che avevano collaborato allo sviluppo dei mezzi di assalto. Nel 1950, con il consenso non ufficiale degli anglo-americani, venne deciso di riavviare segretamente le attività dei mezzi di assalto presso la Stazione tecnica autonoma (STA) di Bacoli, Napoli, creando nel contempo una Forza di Marina con caratteristiche simili a quelle dei reparti commando britannici.
SSB, fotografato all’Isola di Sant’ Andrea, 1944
L’incarico di rimettere insieme la STA fu dato al CV GN Ruzzier. Un compito non facile: si trattava di rintracciare i pochi specialisti rimasti, ex appartenenti alla Decima MAS, per rimettere in efficienza, con i pezzi di ricambio conservati nei magazzini, gli ultimi quattro Siluri a Lenta Corsa disponibili. Come ricorderete negli articoli precedenti, durante l’utilizzo degli S.L.C. erano emerse molte lacune tecniche che avevano portato nel 1943 alla realizzazione di una versione aggiornata del mezzo di attacco subacqueo. Essi furono chiamati S.S.B. (Siluro San Bartolomeo) dal nome dell’officina armi subacquee della Regia Marina Militare che si trovava a San Bartolomeo, una località in periferia di La Spezia e ne furono realizzati due tipi, caratterizzati dalla lettera A e B.
Siluro San Bartolomeo tipo B – Sala storica Gruppo Incursori COM.SUB.IN. da opera citata
Il Siluro San Bartolomeo tipo B, progettato dagli ingegneri Maciulli e Travaglini, era un’evoluzione del SSB. Un vero e proprio semovente subacqueo nel quale gli operatori subacquei, sempre muniti di autorespiratori ad ossigeno, potevano restare all’interno del mezzo, in un abitacolo aperto ma protetto. Un altra importante novità era che fu dotato di piccole pinne posizionate nella parte anteriore, retrattili, con funzioni di aumentare la sua maneggevolezza in quota. Il mezzo poteva sostenere una velocità più elevata (4 nodi in trasferimento rispetto ai 2,5 del precedente) e portare un carico esplosivo maggiore. In quel periodo, per un loro sviluppo ulteriore. si pensò a due ex ufficiali tecnici della Regia Marina, gli ingegneri Cattaneo e Pucciarini. Nel 1948 i due ingegneri furono convocati, nel massimo segreto dalla Marina Militare per il recupero e messa in funzione degli ultimi SSB. Si trattava, in barba all’articolo 59 del Trattato di pace, di operare in maniera occulta, mantenendo la segretezza su ogni attività in corso. Allo Stato Maggiore della Marina, solo Cattaneo, che aveva fondato a Milano la CABI CATTANEO, si dimostrò disponibile mentre Pucciarini decise di riversare la sua esperienza nel campo commerciale, fondando a Livorno la Cos.Mo.S, (Costruzione Motoscafi Sottomarini di Livorno). Vedremo come entrambi furono i precursori dei moderni sistemi di trasporto subacquei oggi impiegati da tutte le Marine moderne.
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Cattaneo, dopo aver rimesso in piedi, tra il 1948 e il 1950, cinque SSB, nel 1952 sviluppò dei nuovi mezzi chiamati RSM (Ricerche Mine Subacquee) che furono seguiti nei primi anni ’60 da una nuova serie, RSM 2^ serie tipo C, poi identificati semplicemente come mezzi tipo C, di cui possiamo mostrare alcune foto dell’esemplare conservato presso la sala storica del GOI.
I mezzi C o TEC, che sostituirono concettualmente gli SSB, avevano una limitata velocità, poco più di 2 nodi di crociera, con un’autonomia totale di 26 miglia. Il loro impiego si basava sull’ipotesi che i bersagli navali fossero all’interno di sorgitori il cui accesso fosse sbarrato da reti di protezione. Trasportavano uno (TE) o due operatori (TEC) con relative cariche e potevano essere trasportati tramite sommergibili senza dover utilizzare dei contenitori pressoresistenti. Eravamo agli inizi di quella che si sarebbe chiamata guerra fredda e c’era la consapevolezza che, in caso di necessità, non si sarebbe più potuto contare sull’effetto sorpresa di cui avevano fruito i gamma durante la guerra. Le tecnologie e le tattiche difensive si erano adeguate e si sarebbe dovuto prevedere il rilascio degli operatori subacquei quindi da distanze molto maggiori di un tempo.
BIR 55
Nel 1955 fu un veterano della guerra, il Capitano di Vascello Gino Birindelli, medaglia d’oro al valor militare e pilota di SLC, a dare un impulso in questo settore. Birindelli, dal maggio del 1954 al maggio del 1956, comandò il “Raggruppamento Subacqueo ed Incursori Teseo Tesei” e, dalla attiva collaborazione con Cattaneo, nel 1955, nacque il BIR 55, dove BIR era in onore di Gino Birindelli. Si trattava di un nuovo mezzo che avrebbe dovuto trasportare quattro operatori, navigando sia in superficie, come un motoscafo, sia in immersione nella fase finale. Il BIR 55 poteva raggiungere la velocità massima di circa 5 nodi con una autonomia di 40 miglia. A seguito delle lezioni acquisite, nel 1958 nacque il BIR 58, un mezzo con una maggiore affidabilità e stabilità in superficie che consentiva di operare anche con mare superiore a due.
Nel libro “Il Gruppo Incursori tra Passato e Presente“, da cui sono tratte queste immagini, sono inserite le schede tecniche di quei mezzi subacquei. A seguito dei rinnovati potenziali teatri operativi negli anni ’60 si decise l’alienazione dei BIR 55 e 58 ipotizzando un nuovo mezzo trasportatore. Nel 1961 venne quindi sviluppato il BIR 61, un mezzo di dimensioni maggiori, in cui al pilota era devoluto esclusivamente il compito di condurre il mezzo, mentre l’azione finale era assegnata ai quattro operatori. Il mezzo forniva delle prestazioni decisamente migliori, garantendo una velocità di superficie massima di 8 nodi ed una autonomia di 40 miglia a 5,5 nodi.
BIR 58 – Sala Storica del Varignano
Cos.MO.S.
Al di fuori della Marina Militare, la ditta Cos.MO.S. di Pucciarini continuò a realizzare diversi tipi di sistemi concettualmente simili ai maiali, sempre basati su profili di missione del tempo di guerra. Parallelamente incominciò a pensarne una versione ad uso ricreativo, l’Ippocampo, che venne poi impiegato anche da altre Marine (USN).
un mezzo della Cos.Mo.S. anni ’90 – Hi Sutton
Una svolta nelle tecnologie sembrò emergere negli anni ’70. Esiste una interessante corrispondenza tra l’ingegnere Franco Harrauer e lo scrittore e ricercatore Lino Mancini su un progetto del 1972 decisamente curioso. Il mezzo, simile ad un motoscafo off shore ma con capacità di navigazione subacquea, fu soprannominato Nessie (come il mostro di Loch Ness). Secondo il sito HI SUTTON doveva essere lungo dodici metri e presentava una prua avveniristica molto allungata da motoscafo offshore.
Se fosse stato realizzato, avrebbe potuto ospitare otto uomini collocati in una piccola cabina di pilotaggio dietro il container motore che si trovava nel mezzo dell’imbarcazione. In superficie avrebbe sfruttato la potenza di due motori diesel Isotta Fraschini ID 38 SS da 500 CV che azionavano le due eliche di superficie semi-sommerse, separate dall’elica del SDV, utilizzata per la propulsione subacquea. Un progetto avveniristico, forse troppo per quegli anni. Secondo una lettera di Harrauer a Mancini, l’idea nacque addirittura nel 1972 ma fu poi accantonata.
Non è noto se il progetto arrivò mai a termine nella Marina Militare italiana, ma va citato in quanto Swimmer Delivery Vehicle (SDV) simili, di cui parleremo nei prossimi articoli, furono in seguito realizzati da molte marine militari straniere.
L’ultimo mezzo prodotto dalla Cos.MO.S. fu probabilmente il CE4F. Sembrerebbe che fu venduto solo alle forze speciali turche SAT (Su Altı Taarruz). A gennaio 2017 la sua esistenza fu resa nota quando un esemplare fu donato all’Università di Yildiz Teknik. Il mezzo aveva un dislocamento di circa 4 tonnellate e poteva raggiungere una velocità massima di 7,5 nodi (6 nodi in trasferimento) con un range di 30 nm. Inoltre poteva probabilmente trasportare quattro incursori con diversi tipi di armi, compresi otto mini siluri da 124 mm.
I mezzi costruiti da Cos.MO.S. vennero venduti in tutto il mondo, sia a livello ricreativo che militare, ma come vedremo con caratteristiche tecniche e operative diverse. In particolare, nei prossimi articoli descriveremo come nelle altre Marine militari si sviluppò il concetto di SDV che ebbe le sue radici nei mezzi costruiti dagli Italiani.
Nota di redazione:
ringrazio per i contributi storici e bibliografici il comandante incursore Giovanni Libardo ed altri membri dell’Associazione Nazionale Arditi Incursori Marina (ANAIM) che vissero quegli anni di sperimentazioni al limite del possibile.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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