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livello elementare
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ARGOMENTO: ARCHEOLOGIA
PERIODO: V – II MILLENNIO a.C.
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: popoli del mare
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Nel 1190 a.C., nella tarda età del bronzo, avvenne la più antica battaglia navale raccontata dalle fonti storiche, tra il faraone Ramses II ed i popoli del mare. Di questi popoli abbiamo già parlato in altri articoli su Ocean4future, identificandoli, sempre secondo le fonti antiche, in un numero di diverse popolazioni. In realtà il nome collettivo popoli del mare gli fu assegnato dall’archeologo ed egittologo francese Gaston Maspero (1846-1916) che riunì in una sola entità varie tribù della penisola balcanica e delle isole del Mediterraneo che avevano in comune l’uso della predoneria per mare e per terra.
Le iscrizioni egizie ne nominarono alcune:
nome attribuito | altro nome/probabile origine |
Pulasti | Filistei |
Lukka | Licia |
Ekewesh o Akaiwasha | Achei/Grecia |
Danauna | Danaans |
Shardana | Sherdens/Sardegna |
Tursha o Tersh | Tirreni o Etruschi/Lidia poi Italia centrale |
Shekelesh | Sicilia |
Tjeker e Alashiyaon | Cipro |
Probabilmente ve ne erano molti altri che potremmo definire, non andando troppo lontani dalla realtà, predoni del mare. L’uso moderno del termine pirati gli si addice in quanto, non esistendo acque di precipuo controllo, tutte quelle attività avvenivano in un mare che non era di nessuno.
In comune provenivano quasi tutti dalla regione mediterranea e probabilmente inizialmente non erano dei veri e propri popoli ma gruppi di guerrieri che si riunivano per saccheggiare le coste e le navi in mare, un metodo semplice di arricchirsi in un ambiente marittimo tutt’altro che primitivo.
Dopo l’ultima glaciazione, circa 5.000 anni fa, durante quella che viene chiamata l’età del bronzo, i popoli costieri erano già in grado di costruire navi in grado di navigare, anche se in maniera limitata, in alto mare. Le navi trasportavano merci in tutto il Mar Mediterraneo, navigando anche al di fuori, ad Est fino al Golfo Persico, la Mesopotamia e l’India, e verso Nord, oltre l’attuale stretto di Gibilterra, costeggiando le coste Atlantiche fino alle isole Britanniche e il mare del Nord. Il commercio di legname, grano, vino, olio, miele, ambra, cuoio, avorio, rame, spezie, ma anche schiavi arricchì questi popoli e favorì la nascita delle civiltà. Nacquero così città e porti importanti in cui si concentrarono i primi gruppi sociali.

entrata di navi nel porto di Thera (Santorini) Wall painting (13th BCE)
Era il periodo in cui la civiltà minoica fioriva a Creta, grande isola del Mediterraneo, crocevia di commerci con l’Oriente, dove vennero costruiti meravigliosi palazzi come quello di Knossos. All’epoca le città non avevano fortificazioni e la vita era svolta attorno al palazzo reale, che non era semplicemente la residenza del sovrano, ma il centro della vita politica, economica e sociale.

nave minoica, ricostruzione ipotetica
I grandi magazzini del palazzo raccoglievano e distribuivano le derrate alimentari che venivano poi trasportate nei villaggi limitrofi grazie a strade, a volte già pavimentate, che congiungevano i centri abitati con i porti. Un concetto moderno che si sviluppò presto in tutto il bacino Mediterraneo. Questi antichi popoli costruivano ponti per poter attraversare i fiumi e sapevano incanalare le acque per evitare gli allagamenti durante la stagione delle piogge. I canali erano progettati per assicurare le acque nei periodi di secca agli agricoltori e venivano mantenuti puliti da eventuali impedimenti. Curioso che dopo cinque millenni queste pratiche si sono dimenticate. Il mondo mediterraneo orientale, già nel tredicesimo secolo a.C. aveva un sistema di strade a volte più efficiente di quello di certi secoli successivi.
Tra i vari popoli, forse uno dei più famosi furono gli Achei. Essi svilupparono la cultura micenea, prendendo spunto dal modello minoico e costruirono splendidi palazzi a Micene e Tebe, centri del potere politico ma anche di grande cultura ed economia.
Naturalmente chi deteneva il potere possedeva il monopolio sui commerci che veniva gestito da mercanti che scambiavano vasi raffinati, metalli preziosi, tessuti, avorio e ambra in una rete di distribuzione che copriva tutto il Mar Mediterraneo. Era un mondo dal punto di vista economico decisamente libero ed estremamente vivace anche dal punto di vista culturale, oggi diremmo globalizzato. Ciononostante esistevano differenze economiche e sociali che andarono ad aumentare con l’affermazione dei popoli più potenti. Le tribù minori non sempre si integrarono e crebbero fenomeni di banditismo sia per terra che per mare.
La potenza politica di maggiore importanza del periodo, l’Egitto, era nata lungo il Nilo, grazie al benessere economico derivato dai frutti della terra dell’area più fertile del mondo antico. Non a caso i loro sovrani, i faraoni, furono in grado di costruire monumenti colossali che sono sopravvissuti fino ai giorni d’oggi. Le piramidi di Gizeh, la Sfinge e i templi di Tebe, Karnak e Luxor sono memorie di quei periodi storici estremamente floridi in cui la ricchezza arrivava dal mare e dai fiumi. Non che non avessero nemici ma avevano il controllo del territorio per cui i tentativi di saccheggio venivano contrastati efficacemente.
Nel XVII secolo a.C., il più antico popolo indo-europeo conosciuto, gli Ittiti, fondò un grande impero nell’Asia Minore. La loro capitale era Hattusa, vicino a Bogazkale, Turchia, a circa 145 km da Ankara, da dove controllavano l’Anatolia, la Mesopotamia settentrionale, la Siria e la Palestina. Nella loro espansione arrivarono ad attraversare anche il mare e conquistare Cipro, favoriti dal fatto che il livello del Mediterraneo era più basso ed era più facile attraversare piccoli tratti di mare.
Parallelamente alla nascita di queste civiltà incominciarono a svilupparsi dei gruppi sociali che, ad una vita stanziale, preferirono mantenere una nomade, dedicandosi a saccheggiare i villaggi e le navi mercantili.
Erano quelli che furono chiamati i popoli del mare. Durante il regno di Arnuwanda III, intorno all’anno 1200 a.C., i popoli del mare invasero per la prima volta la terra degli Ittiti ma furono rigettati in mare. Ma quella vittoria non durò a lungo. Le invasioni dei popoli del mare causarono per secoli instabilità, paura e carestie, distruggendo i villaggi e minando la struttura degli Stati. I popoli che avevano creato società floride, dove la povertà era solo un ricordo, si ritrovarono improvvisamente impotenti a controbattere questa minaccia.
Quando gli Stati non furono più in grado di proteggere i propri cittadini, morì l’economia e diminuirono le risorse disponibili. Queste situazioni portarono a disordini, rivolte, sfide verso un’autorità non più in grado di assicurare la serenità del popolo. Le rotte mediterranee diventarono sempre più insicure. Per assurdo il sistema sociale teoricamente perfetto, in cui arte e scienza si erano sviluppate, dando a tutti l’illusione di un mondo ideale, attraverso un sistema assistenzialista fece crollare il sistema di valori abbandonando un popolo debole nelle mani di altri che miravano solo ad ottenere ricchezza e rispetto con nuove conquiste.
Quando furono presenti civiltà potenti regnò la stabilità e la prosperità nei loro confini. Quando il controllo delle rotte venne a mancare, a causa della debolezza dello Stato, ci fu una recrudescenza dei fenomeni criminali fino all’inevitabile collasso.
I popoli del mare, sotto un certo aspetto, non si sono mai estinti non essendo legati ad un’etnia ma ad un fenomeno sociale. Oggi come 5 millenni fa, i popoli hanno un solo modo per sopravvivere, ovvero consolidare il proprio tessuto sociale basandosi su una cultura comune. Questo significa conoscere la propria identità specifica attraverso la comprensione delle proprie origini culturali, confessionali e linguistiche che può solo rafforzare il senso di appartenenza ad un’entità che si chiama il nostro Stato. Chi non crede nei valori dello Stato di appartenenza non può sentire il bisogno di difenderlo. E questo fu quello che accadde tante volte nella storia, quando civiltà prospere si avviarono velocemente alla loro fine distrutte dall’interno dall’indebolimento del loro tessuto sociale.
Questo non significa rifiutare altre culture, la cui conoscenza può n genere portare sempre un arricchimento. Arricchirsi culturalmente non deve però significare dare via la propria identità. E’ quello che accadde a tanti popoli mediterranei, compresi i Romani, il cui civiltà si indebolirono al punto da cedere il potere ai nuovi padroni del mondo …
fine parte I – continua
Andrea Mucedola
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. E’ docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione scientifica.
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