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Il linguaggio della vela

tempo di lettura: 5 minuti

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livello elementare 
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ARGOMENTO: VELA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: NAUTICA
parole chiave: Introduzione alla vela, terminologia
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Torniamo al mondo della vela, accompagnati da un’appassionata velista, Maria De Filippo, che ci accompagnerà in mare insegnandoci i segreti di questo sport affascinante.

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Benvenuti nel mondo della vela
Spesso chi si avvicina a questo straordinario mondo per la prima volta lo fa con un pò di timore, pensando che sia una disciplina troppo esclusiva e per pochi temerari del mare. Eppure pochi altri sport regalano lo stesso senso di libertà e di contatto con la natura come la vela, da cui si possono trarre grandi soddisfazioni sia in ambito crocieristico che nelle più tecniche regate veliche. Che si tratti di una piccola deriva o di un cabinato, per acquisirne le prime competenze bisogna conoscere alcuni elementi fondamentali di navigazione e acquisire un linguaggio nautico. Immaginando di salpare per una crociera, sarà stimolante imparare le manovre basilari e le parti che costituiscono la barca, che inizialmente ci sembreranno estranee ma che presto diverranno parte del nostro linguaggio.

Le parole “terribili”
Il vocabolario marinaresco è uno dei più belli e pittoreschi ma allo stesso tempo è estremamente tecnico. Nominare una cima con il termine corda farà rizzare i capelli in testa a qualsiasi velista, seppur parliamo comunque di “un insieme di fili intrecciati, di materiali vari, capaci di sopportare sforzi di trazione”; così susciterà ilarità a bordo dire parcheggiare invece che ormeggiare tirare invece che cazzare e … così via.

Ma perché tanta suscettibilità?
Utilizzare una terminologia chiara ed inequivocabile è indispensabile per esprimere un ordine di manovra preciso, che venga ben compreso ed eseguito rapidamente dall’equipaggio, in qualsiasi condizione di navigazione. Ad esempio, se parliamo di lato di dritta stiamo inconfutabilmente parlando del lato destro della barca, la prua è la sua parte anteriore e la poppa quella posteriore.

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Una volta saliti a bordo ci troviamo in coperta, sullo scafo della barca che ne permette il galleggiamento, e davanti a noi si apre un mondo fatto di cime, pulegge, rinvii, cavi e aste, ognuno con una sua esatta funzione. Albero, vele e timone sono indubbiamente gli elementi principali della barca. Ma anche nella sua parte immersa, l’opera viva o più comunemente carena, c’è qualcosa di essenziale: la deriva, ovvero quella lunga lama che contrasta lo scarroccio della barca, ovvero la spinta laterale del vento, permettendoci di risalirlo nell’affascinante andatura di bolina. Non preoccupatevi … ci arriveremo piano piano …

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Una volta salpati daremo la direzione alla barca con il timone e isseremo le vele utilizzando le drizze, cime inserite nella parte alta della vela, la penna. La vela maestra è la randa: una vela di forma triangolare che viene sostenuta dall’albero lungo un bordo, chiamato inferitura, mentre si estende per il suo lato più corto verso poppa portandosi sul boma, quel lungo braccio perpendicolare all’albero. Se avete qualche dubbio, guardate di nuovo lo schema in alto.

Per issare la randa dovremo manovrare con il timone affinché la barca sia nella direzione del vento, in modo che questo non gonfi troppo presto la vela, aumentando lo sforzo impiegato nella manovra.

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E’ il momento di occuparci ora del fiocco, ovvero della vela di prua. Anch’essa di forma triangolare, non viene inferita sull’albero ma lungo lo strallo, un cavo teso tra la parte anteriore della barca e la sommità dell’albero. Lo strallo ha una doppia funzione: vincolare l’albero alla barca (insieme agli altri cavi che costituiscono le cosiddette manovre dormienti), e permettere allo stesso tempo al fiocco di star su. Identico al fiocco per struttura e armo è il genoa, solo che quest’ultimo si sovrappone alla randa per estensione.

Ora siamo pronti a partire
Le vele prendono il vento ed inizia il gioco della vela: data una direzione del vento rispetto alla nostra rotta, cercheremo l’equilibrio perfetto tra organo direzionale e propulsivo della barca, governando con il timone e regolando le vele con le scotte. Le scotte sono cime fissate all’angolo poppiero delle vele e ne permettono l’orientamento in base al vento.

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Quando le cazziamo, cioè le tesiamo, stringiamo le vele avvicinandole all’asse longitudinale della barca, mentre quando le laschiamo allontaniamo le vele.

Attenzione! Si chiamano scotte perché quando scorrono veloci tra le mani dello sfortunato marinaio che cerca di afferrarle, provocano un gran bruciore. Ma come abbiamo detto è con il timone che governiamo la barca andando all’orza o alla puggia, cioè rispettivamente avvicinando o allontanando la prua alla direzione del vento.

Se vogliamo poi raggiungere una meta controvento dovremo continuamente zigzagare, dovremo cioè virare.

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La virata è una manovra fondamentale ottenuta passando con la prua nel vento e facendo girare le vele dal lato opposto in cui si trovano, nel gergo marinaresco si dice cambiando mura, lato della barca su cui il vento è incidente.

virata Opposta alla virata è la strambata o abbattuta che fa cambiare di mura alla barca ma passando con la poppa al vento.

strambata
Questo tipo di manovra viene eseguita con i venti provenienti dal settore poppiero. In questo tipo di andatura vengono armate, cioè montate, delle vele di prua particolari, caratterizzate dall’avere grandi superfici ed essere costruite con tessuti leggeri: i gennaker e gli spinnaker.

La nostra veleggiata nel ricchissimo linguaggio marinaresco per adesso termina qui. Buon vento a tutti.

Maria De Filippo

 

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mPer contattare Maria De Filippo e condividere l’emozione della navigazione a vela alla scoperta della natura:
email: mariadefilippo@ymail o magiesailing@gmail.com
Tel./ phone: 0039/3391961638

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