livello elementare
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ARGOMENTO: PESCA
PERIODO: XX-XXI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Pesca sostenibile, rossetto
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Le misure di gestione introdotte con il “Regolamento Mediterraneo” (CE) 1967/2006 hanno l’obiettivo di assicurare lo sfruttamento sostenibile delle risorse biologiche nel Mar Mediterraneo, la limitazione dell’attività di pesca, la protezione della biodiversità, lo sviluppo dell’acquacoltura e l’attuazione del codice di condotta della FAO per i settori di pesca responsabili.
Eppure nel nostro Paese, l’applicazione di queste norme ha creato situazioni di conflitto tra i portatori d’interesse. Oggetto di controversia sono i divieti contenuti in tale regolamento, imposti dalla Comunità europea e recepiti dalla legislazione nazionale, che se hanno il giusto fine di proteggere, conservare e risanare le risorse alieutiche e l’ambiente, sono spesso accusati dalle associazioni ed organizzazioni di categoria di non tenere conto delle peculiarità regionali e dell’importanza economica della pesca artigianale per molte comunità marittime, che vedono ridotti i loro introiti in un mercato già in crisi.
Uno dei casi è la pesca tradizionale del rossetto (Aphya minuta), un piccolo pesce della famiglia dei Gobiidae. Il rossetto è una specie costiera di acque libere, presente in tutti i mari italiani fino a circa 80 m di profondità; ha una colorazione rosata trasparente, i cui esemplari adulti, lunghi appena 60 mm, conservano caratteristiche larvali a causa del breve ciclo vitale associato alla veloce maturazione delle gonadi. Il suo corpo, allungato e compresso lateralmente, è coperto di scaglie cicloidi molto caduche, assenti dalla nuca alla prima pinna dorsale. Presenta dimorfismo sessuale: i maschi hanno una testa più grossa, con la regione golare più gonfia, denti diseguali, peduncolo caudale più alto e pinne più sviluppate. Durante la maturità sessuale gli individui acquisiscono abitudini bentoniche e muoiono subito dopo il periodo riproduttivo, che può variare in base all’area geografica, concentrandosi nei mesi estivi in Adriatico, e in primavera ed autunno nel Mar Ligure. L’ Aphia minuta è un predatore gregario molto attivo: i banchi numerosi si muovono in continua ricerca di alimento vivo seguendo le correnti che trasportano le grandi masse di plancton. La pesca del rossetto rappresenta quindi un’attività significativa dal punto di vista socio-economico e un’importante risorsa durante i mesi invernali nell’ambito della pesca artigianale nel Mar Ligure, nel Tirreno, in Adriatico, in Sicilia e in Sardegna. La cattura di questa specie, che avviene tramite la “sciabica a maglia fine”, è vietata ai sensi del succitato regolamento comunitario, entrato in vigore in Italia il 1° giugno 2010, che introduce misure tecniche per migliorare la selettività degli attrezzi da pesca, limitandone la dimensione delle maglie a 40 millimetri, al fine di salvaguardare il novellame di sardine (Sardina pilchardus) e acciughe (Engraulis encrasicolus), commercializzato con il nome di bianchetto, per il quale è usato proprio quel metodo di pesca.
In virtù di ciò, alcune regioni tra cui la Liguria e la Toscana (zona GSA 9), per ottenere l’autorizzazione alla pesca del rossetto e del cicerello (Gymnammodites cicerelus), si sono avvalse di norme che concedono deroghe alle regole generali sull’uso degli attrezzi da pesca e la distanza minima dalla costa, come disposto dal Decreto Ministeriale del 28 dicembre 2015. Il permesso ottenuto alla pesca di tali specie adulte vale solo rispettando rigide condizioni per un ristretto numero di unità, comprese in uno specifico elenco allegato al decreto ministeriale, che possono avvalersi della tipologia di pesca con la sciabica da natante e la rete a circuizione senza chiusura, svolgendo tale attività entro la distanza di tre miglia dalla costa. L’approvazione del nuovo Piano di gestione per la pesca in Toscana e Liguria autorizza la cattura del Rossetto in queste aree fino al 2018, creando secondo alcuni un’evidente disparità di trattamento tra le regioni. In quelle in cui i Piani di gestione non sono stati ancora approvati, i pescatori che fanno uso della sciabica, se sorpresi a pescare dalle motovedette della Guardia Costiera, subiscono il sequestro delle reti e onerose sanzioni.
Tale sistema di pesca utilizzato, la sciabica, il cui nome proviene dall’arabo šabaka (rete), è tra gli attrezzi di uso più antico, la cui diffusione nel bacino del Mediterraneo è avvenuta proprio grazie ai flussi culturali di scambio con i Paesi arabi. Si tratta di un sistema da traino semi-pelagico formato da due lunghi lati di rete che confluiscono in un piccolo sacco a maglie molto fitte (1-2 mm) dove avviene la cattura. Le sciabiche si differenziano principalmente in base alla specie bersaglio e si distinguono in sciabica da spiaggia e da natante a seconda che queste operazioni vengano condotte rispettivamente da terra o dalla barca. Le caratteristiche di armamento variano molto da marineria a marineria e da regione a regione, assumendo denominazioni differenti.
Le “rossettare”, in uso nelle marinerie liguri, sono sciabiche di dimensioni molto contenute con cui si pratica una pesca mirata e selettiva; vengono utilizzate su piccole imbarcazioni da equipaggi spesso composti da due persone che cercano i rossetti su fondi molli mediante l’uso dell’ecoscandaglio e che ritirano le reti ancora a mano con barca ferma. Un altro sistema del tutto analogo di pesca manuale legato alla tradizione nel Sud Italia per la cattura del rossetto, così come del bianchetto e del cicerello prevede l’uso di reti a circuizione senza chiusura chiamati localmente “tartarone” , “pulica”, “fonticella” .
Questo tipo di pesca così profondamente radicato nella cultura delle nostre comunità costiere rischia di scomparire a causa dell’impatto che gli stessi attrezzi potrebbero avere se utilizzati sui giovanili di specie ittiche a rischio, come le acciughe. Questa specie ricade tra quelle per cui si registra un considerevole impoverimento a livello globale a causa del sovra sfruttamento in quanto la mortalità di pesca è ben al di sopra di quella sostenibile con gli attuali livelli di biomassa. Sebbene le disposizioni comunitarie siano ampiamente condivisibili per i loro principi generali cautelativi di tutela e conservazione della biodiversità marina, queste si pongono distanti e cieche rispetto alle realtà dei singoli bacini andando spesso a colpire gli operatori della pesca artigianale, che sono già l’anello debole dell’intero settore. La razionalizzazione del prelievo ittico deve avere l’obiettivo di raggiungere un equilibrio fra l’attività di pesca e le risorse marine, mantenendo vive antiche tecniche di pesca che fanno parte della storia e della cultura del Mediterraneo.
Maria De Filippo
Maria De Filippo ha una laurea specialistica in Scienze delle risorse faunistiche-ambientali, master in Biologia marina con specializzazione nello studio dell’avifauna marina, per la cui conservazione ha partecipato a diversi progetti di ricerca nelle isole del Mediterraneo. Maria ha una grande passione per la vela e per il mare e vive in Sicilia dove si occupa di progetti di educazione ambientale e di ecoturismo.
Per contattarla mariadefilippo@ymail.com
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ha una laurea specialistica in Scienze delle risorse faunistiche-ambientali e master in Biologia marina con specializzazione nello studio dell’avifauna marina, per la cui conservazione ha partecipato a diversi progetti di ricerca nelle isole del Mediterraneo. Una grande passione per la vela la porta a partecipare a competizioni sportive di vario livello in equipaggio su Benetau 25, Melges 24, First 50, Imx 38. Vive in Sicilia dove organizza vacanze in barca a vela, snorkeling guidato e seawatching a bordo della sua imbarcazione Magie.
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