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Il mistero del Triangolo del Drago è stato svelato

tempo di lettura: 5 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: SCIENZE DEL MARE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANO PACIFICO
parole chiave: Oceanografia

Il Mare del Diavolo, in giapponese è noto come Ma No Umi ma viene chiamato anche il triangolo del Drago: questo mare si trova al largo delle coste sud-orientali giapponesi ed è tristemente conosciuto come un’area di sparizioni misteriose di navi e aerei. La regione, presenta un’area totale di 1,2 milioni di chilometri quadrati, ed è uno tra i punti più profondi dell’intero pianeta.

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Tra mistero e leggenda. Tra il 1950 e il 1955 sparirono almeno sei navi con i rispettivi equipaggi. Una delle ipotesi fu che, a causa delle correnti calde e fredde, ci furono delle alterazioni elettromagnetiche che compromisero gli strumenti di navigazione. Il governo giapponese decise di mandare degli scienziati per poter indagare sulle misteriose sparizioni, ma nessuno di loro fece ritorno. Solo in un secondo momento fu trovato un relitto, ma non il suo equipaggio di 31 persone. Nel 1998, i membri della nave cinese Shichuan, che trasportava un carico di prodotti elettronici, attraversando le acque del Mare del Diavolo riferirono di essere stati svegliati da un’intensa luce bianca che aveva avvolto l’intera nave generando un guasto completo a tutte le apparecchiature. Sembrerebbe che la Shichuan rimase in queste acque per tre giorni senza che nessun sistema di comunicazione o attrezzatura funzionasse. Alla fine del terzo giorno, la nebbia si dissolse, la strana luce svanì e gli strumenti tornarono a funzionare normalmente. Quando l’equipaggio riuscì ad inviare un messaggio radio alle autorità navali, scoprì che la loro nave era scomparsa solo per un’ora e non tre giorni come credevano.

Un mistero del Mare … ora svelato
Naturalmente ci sono molte speculazioni: secondo uno studioso e biologo scozzese si tratterebbe di uno dei 12 punti in cui si catalizzano delle forze magnetiche capaci di far accadere cose inspiegabili. Questa zona è classificata come pericolosa dal governo nipponico ed è famosa non solo per le sparizioni, ma anche per il riporto di eventi paranormali. Attorno al Mare del Diavolo ruota poi una leggenda antica, secondo la quale in questo mare vi abita il Diavolo con altri mostri, in attesa dei navigatori da uccidere. Si dice, inoltre, che nel XIII secolo Kublai Khan (il quinto gran Khan dell’impero mongolo) cercò di invadere il Giappone, ma finì col perdere i vascelli e 40.000 uomini mentre attraversavano proprio il triangolo del Drago. Vi è però una spiegazione scientifica.

Come molti fenomeni che accadono oggi sul nostro pianeta, ciò che si verifica in quest’area vicino alle Filippine e che ha provocato anche disastri marittimi, è legato ad un fenomeno fisico legato agli effetti del riscaldamento globale. Nell’area del cosiddetto Triangolo del Drago, esiste infatti un vasto campo di idrati di metano (clatrati) sul fondo dell’oceano, delle strutture ghiacciate che contengono quindi metano, un noto combustibile ma anche un potente gas serra. I suoi idrati sono strutture solide, stabili, simili al ghiaccio che possono incendiarsi e che, fondendosi, rilasciano sia acqua che metano avendo la particolarità di immagazzinare gas in una forma molto concentrata.

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Diagramma di fase dell’idrato di metano. L’asse orizzontale mostra la temperatura da -15 a 33 gradi Celsius, l’asse verticale mostra la pressione da 0 a 120.000 kilopascal (da 0 a 1.184 atmosfere). L’idrato si forma al di sopra della linea blu. Ad esempio, a solo 4 gradi Celsius l’idrato si forma sopra una pressione di circa 50 atm/5000 kPa, (circa 500 m di profondità). Fonte Physical Chemical Characteristics of Natural Gas Hydrate; Book Series: Coastal Systems and Continental Margins; ISSN: 1384-6434; Volume 9; Book: Economic Geology of Natural Gas Hydrate; Publisher: Springer Netherlands; DOI: 10.1007/1-4020-3972-7; Copyright 2006; ISBN: 978-1-4020-3971-3 (Print) 978-1-4020-3972-0 (Online); DOI 10.1007/1-4020-3972-7_3; Pages 45-104; Earth and Environmental Science Date: Sunday, July 09, 2006 Methane Hydrate phase diagram.jpg – Wikimedia Commons

Le molecole d’acqua formano quindi una specie di gabbia attorno alle molecole di metano. Pur essendo stabili nei sedimenti marini a profondità superiori a 500 m, quando questi vengono portati in superficie, la diminuzione della pressione destabilizza la loro struttura solida ed il gas viene così rilasciato (vedi curva nel diagramma) e può incendiarsi se viene acceso, da cui l’espressione “ghiaccio ardente”. Un riscaldamento delle acque può quindi provocare la destabilizzazione degli idrati e un rilascio violento di metano verso la superficie, provocando l’immissione in atmosfera di questo gas serra.

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In uno studio pubblicato alla fine di luglio 2020 su Nature Communications, al largo del Rio Grande (Brasile), è stato osservato un massiccio flusso di metano, composto da centinaia di punti di fuga di gas che salivano nella colonna d’acqua. Questa scoperta conferma la possibilità di  destabilizzazione degli idrati di gas, per la prima volta nell’emisfero sud, a seguito del riscaldamento della temperatura dell’oceano in quest’area. In parole semplici sono depositi simili al ghiaccio che si staccano dal fondo e si sollevano formando grandi bolle sulla superficie dell’acqua. Queste eruzioni di gas possono interferire con la galleggiabilità dei natanti e possono persino affondare una nave. 

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dallo studio Methane hydrate emergence from Lake Baikal: direct observations, modelling, and hydrate footprints in seasonal ice cover | Scientific Reports (nature.com)(a) Idrati di metano rilevati sulla superficie del lago. Intarsio: Primo piano dell’idrato di metano che esplode.

(b) Ecogramma di bolle di gas che salgono a velocità di 18 cm s−1 e idrato di metano che sale a velocità di circa 40 cm s−1 

Ci possiamo domandare se si potrebbero sfruttare come combustibile? Sebbene un metro cubo di clatrati possa contenere fino a 165 metri cubi di metano, un vero tesoro energetico con l’attuale crisi di combustibili, questi gas però “esplodono” quando la temperatura supera i 18 °C. Lo sfruttamento delle riserve di clatrati è sempre stato quindi evitato per ragioni di sicurezza. 

Questi depositi, diffusi anche alle Bermuda (un altro famoso triangolo), non sono di massima pericolosi quando il clima è stabile ma l’attuale innalzamento delle temperature dell’oceano fa aumentare la probabilità che un idrato di metano possa reagire. Un gruppo di studiosi internazionali in missione in Siberia ha scoperto che le particelle di idrati che racchiudevano il metano grazie al ghiaccio, si stavano disintegrando a causa dell’innalzamento della temperatura. Un fenomeno allarmante che può essere catalizzato dalla scomparsa dei ghiacci e la riduzione del permafrost. Questo processo ormai in atto rischia di innescare un’inarrestabile reazione a catena; in poche parole più riscaldamento globale, più rilascio di metano che a sua volta influenza l’innalzamento delle temperature. Per rimanere in tema, un drago che si morde la coda.
Vincenzo Popio
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