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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XVII SECOLO
AREA: MAROCCO
parole chiave: Corsari barbareschi
Ci fu un tempo che i terribili corsari barbareschi infestavano il Mar Mediterraneo. Si trattava di equipaggi organizzati del Maghreb (dall’arabo la regione posta ad occidente ovvero dove tramonta il sole) e ottomani che si accanivano per terra e per mare contro possedimenti e imbarcazioni dell’Europa cristiana. Un fenomeno che, facilitato da una discontinua mancanza di controllo marittimo da parte delle nazioni, incominciò nel XVI secolo e perdurò fino agli inizi del XIX secolo in tutto il Mediterraneo occidentale e lungo le coste atlantiche dell’Europa e dell’Africa. Le loro basi erano i porti porti maghrebini in quell’area geografica chiamata dagli europei “Barberia” o Stati barbareschi.
Dipinto del XVII secolo, datato intorno al 1685, di Peter Monamy, discepolo di Willem van de Velde il Giovane. Mostra due navi battenti bandiera portoghese del regno di D. Afonso VI, che combattono contro navi della Reggenza di Tunisi. Willem van de Velde the Younger – Portuguese Action with Barbary Pirates – Google Art Project.jpg – Wikimedia Commons
La storia che vogliamo raccontare oggi inizia nel 2005 quando la Odyssey Marine Exploration (OME), una società di recuperi subacquei statunitense con sede in Florida, intenta a ricercare il relitto di una grande nave da guerra inglese, l’HMS Sussex 1, affondata durante una violenta tempesta il 1° marzo 1694 al largo di Gibilterra scoprirono uno misterioso relitto.
Modello dell’HMS Sussex (80 cannoni), terza classe – Fonte: U. S. Naval Academy Museum HMS Sussex (80) model starboard broadside hr.jpg – Wikimedia Commons
Durante le operazioni di rilevamento sonar, la Odyssey Marine Exploration scoprì tra la Spagna ed il Marocco il relitto di una piccola nave del XVII secolo, pesantemente armato che gli studiosi ritengono possa essere stato quello di una nave corsara barbaresca, probabilmente diretto verso la costa spagnola per le consuete attività di razzia e messa in schiavitù degli abitanti della costa spagnola.
Facciamo un passo indietro
I pirati/corsari barbareschi erano prevalentemente marinai musulmani che iniziarono ad operare nel XVI secolo da Algeri, che all’epoca faceva parte dell’impero ottomano. Gran parte della costa occidentale del Nord Africa, dall’odierno Marocco alla Libia, era nota all’epoca come la “costa barbaresca”, un nome derivato dal popolo berbero che vi viveva. I corsari/pirati (a volte la differenza era minima), sfruttando la discontinua presenza di unità militari di protezione del traffico mercantile, depredavano le imbarcazioni in transito, conducendo incursioni per procacciarsi schiavi lungo le coste del Mediterraneo e dell’Atlantico. Gli sventurati infedeli, che venivano catturati nelle razzie, erano tenuti prigionieri per ottenere un riscatto (qualora ritenuti in grado di pagare il richiesto) oppure inseriti nel circuito della vendita degli schiavi. Le giovani donne (ma non solo) finivano negli harem e coloro che erano in grado di lavorare erano venduti nei mercati nord africani.
Un fenomeno importante che, nonostante fosse alacremente combattuto, secondo lo storico Robert C. Davis coinvolse almeno un milione di persone catturate sia aggredendo le navi in navigazione, sia con violente razzie nei paesi rivieraschi. Queste attività terminarono all’inizio del XIX secolo, quando i pirati furono sconfitti nelle guerre barbaresche dagli Stati Uniti, dalla Svezia e dal regno normanno di Sicilia nell’Italia meridionale.
Torniamo al relitto
Secondo Underwater Exploration | Wreckwatch Magazine il relitto della nave giace sul fondale marino nello Stretto di Gibilterra ad una profondità di circa 2.700 piedi (830 metri). La nave era lunga circa 45 piedi (14 m) ed era probabilmente una tartana, una piccola nave con vele latine triangolari su due alberi che poteva anche essere propulsa a remi.
Le tartane erano utilizzate dai pirati barbareschi nel XVII e XVIII secolo, in parte perché venivano spesso scambiate per pescherecci, il che significava che le altre navi non avrebbero sospettato la presenza di pirati a bordo e sarebbero state facilmente preda dei barbareschi. Gli scopritori, esplorando il relitto con un veicolo a comando remoto (ROV), apparentemente una delle tante barche commerciali che navigavano lungo le coste nord africane, hanno scoperto che il bastimento era pesantemente armato con quattro grandi cannoni olandesi, dieci cannoncini girevoli e molti moschetti; un armamento eccessivo per un equipaggio di circa 20 marinai. Tra gli oggetti scoperti un rarissimo “cannocchiale”, un tipo di telescopio primitivo che era rivoluzionario all’epoca, probabilmente catturato su una nave europea.
Ceramiche e altri manufatti nord africani, sui resti dello scafo in legno a poppa del relitto – Credito: Seascape Artifact Exhibits Inc. da Pirate shipwreck discovered in the depths of the Mediterranean Sea | Archaeology News Online Magazine (archaeologymag.com)
Una cosa curiosa è che durante le ispezioni video del relitto, tra l’altro in ottime condizioni di conservazione grazie alla notevole profondità, è stato scoperto che la nave trasportava un importante carico di pentole, padelle e altri oggetti di metallo realizzati ad Algeri.
Il relitto si trova in acque profonde nello Stretto di Gibilterra, circa a metà strada tra il Marocco e la Spagna. Lo scafo appare pesantemente armato con cannoncini in ferro e quattro cannoni olandesi. Credito immagine: © Seascape Artifact Exhibits Inc. – da Wreck Hunters Uncover ‘Heavily Armed’ 17th-Century Pirate Ship (yahoo.com)
Secondo i ricercatori il carico di vasellame potrebbe essere stato un escamotage in caso di ispezione dalle navi spagnole, al fine di nascondere la vera natura della tartana: attaccare e depredare le navi incontrate sulla rotta. Rimane un mistero sulla quantità di armi pesanti che avrebbe avuto maggior ragione di esistere su una nave di maggiori dimensioni e con un maggiore equipaggio. Un’altra ipotesi potrebbe essere che fosse parte di un bottino catturato precedentemente. La scoperta di una nave barbaresca di quell’epoca è comunque una grande scoperta archeologica, aprendo una finestra su un tempo lontano.
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1 La HMS Sussex, oggetto della ricerca dell’OME, non è un relitto qualsiasi ma quello di una nave da guerra inglese da 80 cannoni che trasportava un tesoro di 10 tonnellate (330.000 once troy) di monete d’oro; di fatto il Sussex è ancora oggi uno dei sogni maggiori dei cacciatori di tesoro di tutto il mondo.
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