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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: OCEANO ATLANTICO
parole chiave: Titanic, caldaie
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ENGINE ROOM Sala macchine del TITANIC, ore 11.40 p.m.
L’ordine di “Stop engine” (Fermate le macchine) arrivò improvviso attraverso il “Champion” (telegrafo di macchina), simultaneamente al suono dei campanelli di allarme che segnalavano la chiusura delle porte stagne. Il Primo macchinista di guardia, unitamente al terzo in sottordine, operò sui Settori di Stephenson (dispositivi di manovra) delle due macchine alternative principali per passare dalla posizione di “full ahead” (tutta forza avanti) a quella di “stop”. Subito dopo giunse l’ordine di “full astern” (indietro tutta), ma non ci fu tempo per “bypassare” la turbina di bassa pressione. I settori di Stephenson si mossero ancora per passare dalla parte opposta quando le macchine, trascinate dalle eliche, giravano ancora in marcia avanti. Sotto l’azione del vapore, si arrestarono con un immenso stridio ed iniziarono a ruotare in senso opposto, dapprima lentamente, poi sempre più velocemente, trasmettendo allo scafo vibrazioni simili ad un terremoto.
le caldaie destinate al RMS Olympic, le stesse del Titanic
Olympic’s boilers.jpg – Wikimedia Commons
Subito dopo seguì un altro “stop” e poi “half ahead” (avanti mezza), quindi nuovamente “stop”. Nei compartimenti caldaie a proravia della sala macchine, le manovre furono seguite chiudendo ed aprendo alternativamente le serrande dei forni, ma alla fine, con un fischio assordante, scattarono le valvole di sicurezza. Ma nel compartimento N°6, quello più a prora, le cose andarono ben diversamente: dopo lo “stop”, un rombo di tuono e poi all’improvviso un getto di acqua gelida investì il personale che si trovava sul lato destro della piattaforma caldaie. Chiuse immediatamente le serrande dei forni e intercettate le caldaie, fu un fuggi-fuggi generale.
Disposizione delle paratie interne del Titanic con le aree danneggiate evidenziate in verde
Sinking of the Titanic – Wikipedia
Qualcuno, come il Secondo Macchinista Herbert Harvey ed il fuochista Barret, riuscì a passare attraverso l’apertura della porta stagna che stava chiudendosi ed immetteva nel locale caldaia N°5, subito a poppavia. Molti uscirono attraverso la doppia apertura superiore delle condotte di ventilazione. Il compartimento caldaie N°6 si allagò gradualmente, per cui le quattro caldaie ebbero il tempo di raffreddarsi senza dar luogo ad esplosioni. Ma anche il compartimento N°5 era condannato. Le serrande dei forni erano già state chiuse, dato che la pressione era salita alle stelle: infatti lo “stop” aveva precluso il maggior prelievo di vapore delle macchine principali e quindi le valvole di sicurezza “sparavano” con un sibilo assordante. Alle 12.45 p.m. il compartimento N°6 fu completamente allagato e l’acqua traboccò dalla paratia stagna verso il compartimento N°5. Il Secondo Macchinista Jonathan Shepherd, Capo Guardia del compartimento N°5, aveva provveduto all’apertura del foro d’uomo che immetteva nel doppio fondo. Questo allo scopo di permettere all’acqua che stava invadendo il locale, di entrare nel doppio fondo e quindi poter essere aspirata dalle pompe di zavorra. Disgraziatamente Jonathan Shepherd cadde nel “foro d’uomo” e si ruppe una gamba. Quando l’acqua inondò il compartimento Shepherd rimase intrappolato nel locale pompe, impossibilitato a muoversi, morì annegato e fu il primo uomo deceduto a bordo del Titanic.
Il Direttore di Macchina Joseph Bell (foto a lato) era sceso in sala macchine non appena aveva percepito lo “stop” delle motrici. I ripetitori dei contagiri situati nel suo studio erano passati da 75 giri avanti a zero e poi a 45 giri di marcia indietro. Suonò il telefono, ma lui era già nel corridoio e, aperta la porta che immetteva nel cofano macchina, si precipitò lungo le ripide scale che portavano al piano di manovra. Un rapido colloquio attraverso il portavoce con il Comandante Smith, gli diede subito l’aggiornamento della situazione ed il Primo Macchinista gli comunicò che il locale caldaia N°6 si stava allagando. Joseph Bell diede ordine di intercettare le caldaie dei due compartimenti di prora ed aprire le sky valves, gli scarichi all’atmosfera, in modo da prevenire l’eventuale esplosione delle caldaie per shock termico quando fossero entrate a contatto con l’acqua gelida. Furono messe in moto tutte le pompe di sentina e di zavorra situate nei locali caldaie non ancora allagati per aspirare e scaricare a mare la più grande quantità di acqua possibile. Iniziava così la lotta contro il tempo per ritardare l’affondamento della nave e dare una possibilità di salvezza a molte vite umane. Occorreva energia elettrica per mantenere in moto i macchinari ausiliari e fornire l’illuminazione necessaria alle operazioni di salvataggio, così pure alla stazione radio per trasmettere i segnali di soccorso.
Le quattro “turbodinamo” lavoravano a pieno regime ed il Capo elettricista al “Main Switchboard”, il quadro elettrico principale, controllava il carico di energia distribuita ai vari servizi. Per il momento, la situazione era sotto controllo: le linee che mandavano la corrente alle zone di estrema prora allagate erano state intercettate onde evitare sovraccarichi dovuti a dispersioni di massa. La nave restò completamente illuminata fino alla fine; il minimo black out avrebbe causato il panico fra i passeggeri con conseguenze disastrose per l’abbandono nave. Ma il numero delle caldaie attive stava per ridursi ulteriormente; anche i compartimenti N°3 e N°4 si sarebbero presto allagati, riducendo la disponibilità alle sole cinque caldaie del N°2. Le caldaie ausiliarie del N°1 erano tuttora spente e non c’era più tempo per accederle e portarle in pressione. Avrebbero dovuto essere accese la mattina seguente per consentire la prova di massima velocità: un sogno ormai svanito per sempre.
Renato Cerutti
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Genovese, classe 1930, e successivamente anche veneto “per adozione”, dopo essersi diplomato all’Istituto Tecnico Nautico di Genova, sezione Costruttori Navali, svolge il servizio di leva come Ufficiale di Complemento del Genio Navale, con imbarco sulla Corvetta Baionetta. Successivamente, dopo un breve periodo passato all’Ansaldo a Genova, inizia una lunga carriera come ufficiale di macchina che lo porterà ad effettuare imbarchi su varie tipologie di navi mercantili e compagnie di navigazione quali, ad esempio, Home Lines, Costa e Texaco, ricomprendo incarichi di livello sempre più elevato, fino a quello di Direttore di Macchina di varie Unità. Continuerà con tale attività, intervallata da un paio di brevi esperienze a terra, fino alla pensione. Appassionato di materie tecnologiche, soprattutto (ma non solo) quelle attinenti alla propulsione navale, ha coltivato, oltre alla passione per la marineria, anche un entusiastico interesse per l’aeronautica, quale “mancato pilota” (per motivi contingenti transitori). Da pensionato ha collaborato con l’UNUCI e la Marina Militare Italiana tramite i sui scritti nautici, come quello qui proposto, pubblicato dalla Rivista Marittima nel 1998. Renato Cerutti ci ha purtroppo lasciato nel 2020, insieme a tanti altri, con la prima “ondata” del COVID.
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