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livello medio
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: ROMA
AREA: DIDATTICA
parole chiave: aforismi
Aforisma numero uno
Il primo e più eloquente degli aforismi navali reperibili nella letteratura del mondo romano proviene da una lettera di Cicerone [23] che riferisce il pensiero di Pompeo Magno in questi termini:
Qui mare teneat, eum necesse esse rerum potiri
espressione che coincide perfettamente con il seguente aforisma numero uno vergato da Giulio Rocco [24] (l’ideatore e primo teorico del concetto di potere marittimo, di cui ha anche dato, 200 anni fa, una definizione tuttora valida [25]):
Colui il quale ha il dominio dei mari necessariamente signoreggia.
Il convincimento che “chi è padrone del mare diviene padrone di tutto” è evidentemente stato uno dei più radicati principi ispiratori della grande strategia di Roma, perlomeno a partire dall’epica lotta per il dominio del mare durante la prima guerra punica, poi per tutta la successiva fase dell’espansione oltremare, ed infine in epoca imperiale quando, con la pace augustea, l’intero Mediterraneo e le altre acque dell’impero furono sottoposti, per la prima ed unica volta nella storia, alla più assoluta forma di dominio del mare che si possa immaginare, ovvero alla legge di un solo stato: quella legge di Roma che, peraltro, garantì a tutti la libertà di navigazione, la libertà di pesca e la sicurezza contro la pirateria e contro ogni altro sopruso in mare.
L’implicito riferimento al principio del dominio del mare si ritrova costantemente in tutti i conflitti sostenuti dai Romani in epoca repubblicana, fin dalla cattura delle navi di Anzio; non solo nelle azioni belliche direttamente compiute contro le forze navali nemiche, ma anche nella protezione delle proprie linee di comunicazione marittime, nella intercettazione di quelle di interesse nemico, nonché nella sistematica imposizione di clausole navali restrittive in tutti i trattati di pace [26].
Il più complesso ed articolato impegno bellico in cui i Romani dettero prova della loro costante attenzione all’importanza del dominio del mare fu proprio, come bene aveva intuito il Mahan, la seconda guerra punica. In questo conflitto, la risoluta ed ininterrotta attività svolta dalle flotte romane fra l’Italia, l’Africa e le penisole iberica e balcanica mostra chiaramente che il cosiddetto temporeggiamento adottato da Quinto Fabio Massimo [27] dopo il disastro del Trasimeno, e poi ripreso dopo la rotta di Canne, poggiava sulla fiduciosa attesa dei risultati – non immediati, ma inesorabili – della strategia navale, visto che questa era intesa a bloccare ovunque gli aiuti che avrebbero potuto essere inviati ad Annibale: dai suoi fratelli operanti in Spagna, dal governo di Cartagine e dal re Filippo V di Macedonia.
Aforisma numero due
Il secondo aforisma che mi sembra opportuno accompagnare con un breve commento è l’universalmente nota esclamazione di Pompeo Magno [28]:
Navigare necesse est, vivere non est necesse
Della assoluta necessità della navigazione, anche a costo della vita, i Romani furono sempre perfettamente convinti, perché l’approvvigionamento alimentare dell’Urbe non poté mai fare a meno delle importazioni marittime: nei primi tempi tale esigenza vitale discendeva dalla scarsa affidabilità dei rifornimenti terrestri, dato l’atteggiamento ostile o infido degli Etruschi e delle altre popolazioni viciniore [29]; successivamente, il considerevole ampliamento della Città eterna ha richiesto l’afflusso di crescenti quantitativi di grano ed altre derrate dalle province d’oltremare, per insufficienza della produzione nella Penisola [30]. La dipendenza di Roma dalle importazioni marittime ha indotto i Romani a potenziare sempre più il naviglio da carico, giungendo a disporre, in epoca imperiale, di una flotta mercantile le cui enormi dimensioni ed il cui volume di carico sono rimasti insuperati fino al XIX secolo, quando fiorirono le grandi compagnie di navigazione dell’epoca moderna [31].
Aforismi dell’arte della navigazione
Avendo brevemente illustrato i due primi aforismi, rispettivamente relativi alle due essenziali componenti, militare e mercatile, del potere marittimo, segue ora la trascrizione, a titolo esemplificativo, di un limitato numero (per ovvi vincoli di spazio) di altri aforismi indicativi del pensiero navale romano.
La nave
La nave che viene giudicata buona non è quella dipinta con colori preziosi, o dal rostro argentato o dorato, né è quella con la divinità protettrice scolpita in avorio, o carica di tesori o di altre ricchezze regali, ma è la nave ben stabile e robusta, con giunture saldamente connesse ad impedire ogni penetrazione dell’acqua, tanto solida da resistere agli assalti del mare, docile al timone, veloce e non succube dei venti. (Seneca. epist. 9, 2)
Nave grande, grande tenuta al mare. (Petronio. 76)
Cosa potrebbe rendere, se manca il comandante, una nave ormeggiata in un porto sonnolente, quand’anche essa disponesse di tutta la sua attrezzatura e potesse sciogliere le sue vele? (Pis. 226-229)
Una nave robusta, costruita a regola d’arte … con tutta l’attrezzatura per la manovra … se il comandante non la governa e padroneggia nella tempesta, con quanta facilità, pur con il suo egregio armamento, la inghiottiranno gli abissi del mare o la faranno a pezzi gli scogli. (Apuleio flor. 23)
Il comandante
Con la sapienza, e non con la forza, il comandante governa la nave. (Titin. Set. fr. 13)
È necessario essere marinaio prima di occuparsi del timone. (App. civ. 1, 94).
Si è forse buoni comandanti per governare una nave sotto un cielo sereno e quando il mare è di una calma assoluta? Si può forse far valere così la propria arte? Ma quanto maggiore è la superiorità del comandante che prevede ed intuisce la tempesta, che prende tutte le misure per evitarla, e che, se non può nonostante tutto sottrarvisi, conserva tuttavia integra la sua nave con il suo carico. (Iul. pan. Const. 20)
Anche nel momento del pericolo il comandante si serve della musica affinché l’equipaggio sostenga più facilmente la fatica. (Cens. 12, 3)
Il comandante non scioglie mai completamente le vele con tanta sicurezza da non tenere ben disposta e pronta l’attrezzatura per serrarle. (Sen. dial. ira 2, 31, 5)
Navigazione nella burrasca
Se uno dice che navigare è ottima cosa, ma poi aggiunge che non si deve navigare in un mare in cui si verificano dei naufragi e scoppiano frequenti tempeste improvvise che costringono il comandante in direzione opposta alla sua rotta, ebbene credo che quel tale mi proibisca di salpare l’ancora proprio mentre fa le lodi della navigazione. (Seneca dial. otio 8, 4)
È proprio da stolti aver paura del mare quando è risaputo che, per farci perire, basta un pò d’acqua che cada a goccia a goccia! (Seneca nat. 6, 2, 5)
Non giovano alla nave nella burrasca le grida dei marinai, né i vili lamenti o le vane preghiere potrebbero mitigare i venti e le onde. Per la salvezza di tutti occorre impegnarsi al massimo e combattere con tutte le energie per regolare le vele, aspirare l’acqua, sistemare le diverse manovre, attenendosi a tutti gli ordini dell’esperto comandante. (Claud. b.Goth. 271-277)
Va lodato, anche in un naufragio, colui che viene inghiottito dal mare mentre stringe la barra del timone e permane risoluto. (Sen. cons. Marc. 6, 3)
Sbaglia ad accusare Nettuno chi fa naufragio la seconda volta! (Publ. 235)
Domenico Carro
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Note
[23] Cic. Att. 10, 8, 4 (lettera del 2 maggio 49 a.C.)
[24] G. Rocco, Riflessioni sul potere marittimo, Lega navale italiana, Roma, 1911 (ristampa dell’edizione di Napoli del 1814), p. 192
[25] “Il potere marittimo è nell’ordine politico una forza somma risultante di una ben ordinata Marina Militare e di una numerosa Marina di Commercio.” Vedasi in merito: A. Brauzzi, Un precursore italiano del Mahan?, Rivista Marittima, gennaio 1972, pp. 61-74
[26] Tale criterio venne applicato a partire dal 338 a.C., precludendo il mare agli Anziati (Liv. 8, 13-14)
[27] Come disse di lui il poeta Ennio: “Un uomo solo, temporeggiando, rialzò le nostre sorti” (Cic. Cato 4, 10). Per la paziente attesa: Sen. dial. ira 1, 11, 5 e 8
28] Plut. Pomp. 50
[29] Dion. Hal. ant. 5, 26, 3-4; Liv. 2, 34. Plutarco spiega la presenza di una nave sulle più antiche monete romane con l’apprezzamento dei Romani per l’afflusso dei viveri imbarcati sulle navi (Plut. qu.R. 41).
[30] Varro rust. 2, proem., 3; O. Höckmann, La navigazione nel mondo antico, Garzanti, Milano, 1988, p. 112
[31] L. Casson, Navi e marinai dell’antichità, Mursia, Milano, 1976, p. 235
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ammiraglio di divisione della Riserva della Marina Militare Italiana, dal momento del suo ritiro dal servizio attivo, assecondando la propria natura di appassionato cultore della Civiltà Romana, ha potuto dedicarsi interamente all’approfondimento dei suoi studi storiografici, nell’ambito dei quali ha pubblicato numerosi libri e saggi, creato l’interessantissimo sito ROMA AETERNA ed il foro di discussione FORVM ROMAETERNA (2001-2013), poi sostituito dall’istituzione di pagine estratte da “Roma Aeterna” nelle maggiori reti sociali, quali Linkedin, Facebook, Twitter, Youtube, Flickr, etc. Non ultimo, l’ammiraglio Carro è relatore in importanti convegni, nazionali ed internazionali sui temi della storiografia romana e della salvaguardia della cultura marittima.