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Il pensiero navale romano: le fonti della strategia romana

tempo di lettura: 6 minuti

 

livello medio

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE ROMANA
PERIODO: ROMA
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Strategia, tattica

 

Il ruolo determinante delle forze navali romane nella conquista dell’impero e nel successivo mantenimento della pace è stato correttamente interpretato come sintomo di un “pensiero navale romano” [6]. Peraltro, una certa attenzione agli insegnamenti di strategia navale desumibili dalla storia romana era già sorta nell’800 presso studiosi del calibro di Domenico Bonamico ed Augusto Vittorio Vecchj [7]. Non va nemmeno dimenticato che perfino Alfred Thayer Mahan, il venerato “evangelista” del sea power, ha introdotto le proprie riflessioni con una lucida analisi della strategia navale vincente adottata dai Romani per battere Annibale [8] nonostante le disastrose sconfitte subite dalle legioni; merita citare l’ineccepibile spiegazione fornita dallo stesso autore a conclusione della sua analisi, per indicare le cause della generale sottovalutazione del fondamentale ruolo svolto dalla marina romana in quell’immane conflitto: “as it acts on an element strange to most writers, as its members have been from time immemorial a strange race apart, without prophets of their own, neither themselves nor their calling understood, its immense determining influence upon the history of that era, and consequently upon the history of the world, has been overlooked.

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Una sensibile difficoltà nell’individuare il “pensiero navale” all’origine degli eventi storici deriva proprio dalla limitata conoscenza delle cose di mare. Per un marinaio che ha trascorso lunghissime ore, giorno e notte, per anni ed anni, a scrutare l’orizzonte e a dirigere ed osservare la propria e le altre navi operare per mare, è impossibile non riconoscere a prima vista un altro marinaio e capire al volo il senso delle relative azioni, senza alcun bisogno di verbose spiegazioni. È probabilmente per questo motivo che gli autori precedentemente citati, ai quali aggiungo senz’altro un autorevole studioso di strategia navale come il compianto ammiraglio Antonio Flamigni [9], non hanno esitato a valutare molto appropriato l’uso del potere marittimo da parte degli antichi Romani. Per contro, ciò che appare di tutta evidenza agli occhi d’un esperto navale, non lo è affatto per molti altri studiosi che, pur essendosi diligentemente documentati ed avendo appreso a discettare abilmente di sea power e di fleet in beeing, muovono dei severi rimproveri alla condotta delle forze navali da parte dei Romani, giungendo fino a far perdere loro “sulla carta” delle guerre navali storicamente vinte [10]. Ciò ci induce ovviamente ad una più viva attenzione ed alla massima prudenza nei nostri tentativi di estrapolare il pensiero degli antichi dalle poche e frammentarie informazioni che da essi stessi ci sono pervenute.

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Le fonti antiche
Un’ulteriore difficoltà nella nostra ricerca di aforismi navali romani si incontra proprio nella individuazione delle pertinenti fonti antiche. Il nostro primo impulso sarebbe naturalmente quello di concentrare l’attenzione sui trattati di argomento navale e/o militare scritti in epoca romana. Anche se gli antichi Romani erano fondamentalmente dei pragmatici – più convinti della necessità dell’azione [11] e dei buoni esempi di virtù, che non di teorie astratte – essi ebbero comunque degli ottimi testi, redatti da Marco Porcio Catone il Censore (de disciplina militari, in quattro libri dedicato al figlio), Marco Terenzio Varrone (i vari libri navales, compilati per Pompeo Magno), Aulo Cornelio Celso (trattato sull’arte militare incluso nella sua opera enciclopedica Artes), Sesto Giulio Frontino (trattato De re militari, cui egli stesso accenna nella prefazione dei suoi Stratagemata), imperatori Augusto, Traiano ed Adriano (Constitutiones principis: decreti imperiali relativi alle forze armate) [12], Onasandro Platonico (Strategikòs: trattato di arte militare dell’epoca di Claudio e Nerone, basato sulle esperienze acquisite dai Romani [13]), Eliano (Taktike theoria: sintesi dell’epoca di Traiano ed Adriano di trattati tattici ellenistici), Lucio Flavio Arriano (Tactica, simile al precedente) e Polieno (Taktika, in tre libri [14] non pervenuti; Stratagemata).

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Queste sono le principali fonti, in ordine cronologico, fino al II sec. a.C.; di esse ci sono pervenuti solo gli Stratagemmi di Frontino e qualcosa degli ultimi quattro autori. Di tali testi mancano tuttavia le parti specificamente navali, ad eccezione di alcuni brevi stratagemmi di Frontino e Polieno, fonti comunque interessanti perché venivano utilizzate, unitamente alla storia vera e propria, per la formazione dei giovani destinati alla carriera militare [15].

La carenza di trattati di arte militare a carattere navale o anche la loro semplice perdita potrebbero apparire come sintomi di un modesto interesse verso tali argomenti da parte della società romana [16]. Tale sospetto va tuttavia recisamente rimosso, poiché nessuno oserebbe mai dubitare che le questioni navali non rivestissero un elevato interesse nel mondo ellenistico: eppure non ci sono nemmeno pervenuti i trattati di tattica navale greci, ad iniziare da quelli di Enea Tattico [17] fino a quelli di Polibio e Pausania [18].

D’altronde i trattati disponibili all’epoca di Adriano erano ancora numerosissimi [19]. Le nostre difficoltà derivano quindi solo dalle enormi perdite verificatesi nel medioevo, com’è purtroppo accaduto a tutta la letteratura classica. Per nostra fortuna ci sono perlomeno giunti tre trattati di tattica navale di epoca più tarda: la seconda parte (Praecepta belli navalis) del libro IV della Epitoma rei militaris di Flavio Renato Vegezio [20], il testo pressoché intero dello Strategicon di Siriano Magistro [21] ed il capitolo XIX (De navali proelio) dei Tactica di Leone VI imperatore [22].

Il contenuto di questi tre testi concerne soprattutto alcuni aspetti organizzativi delle flotte e le relative istruzioni tattiche. Pertanto, per avere la percezione del “pensiero navale” dei Romani, per quanto attiene alla strategia ed alle attività delle forze marittime e del naviglio mercantile in guerra ed in pace, non sarà sufficiente limitarsi alle fonti fin qui considerate, ma ci si riferirà più in generale ad ogni altra fonte antica utile ai fini della ricostruzione della storia e dell’essenza della civiltà romana,

Domenico Carro
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Note

[ 6] “les Romains ont eu assez tôt conscience de l’importance stratégique de la mer …; par la suite une pensée navale relativement évoluée a pu naître, permettant l’organisation et la mise en œuvre des forces navales impériales”: J. Pagès, Y a-t-il eu une pensée navale romaine ?, in “L’évolution de la pensée navale. Tome III”, sous la direction de Hervé Coutau-Bégarie, Economica, Paris, 1993, p. 13

[ 7] “il mito di Roma antica sul mare offriva a personaggi della statura di un Bonamico o di un Vecchj la possibilità di riflettere criticamente sul passato, riservandosi di applicarne poi al presente la lezione strategica più valida”: E. Ferrante, L’eredità di Roma antica nel pensiero navale italiano, Rivista Marittima, novembre 1980, p. 31

[ 8] A. T. Mahan, The influence of sea power upon history, 1660-1783, Little, Brown and Company, Boston, 1890, pp. 14-22

[ 9] A. Flamigni, Il potere marittimo in Roma antica dalle origini alla guerra Siriaca, Rivista Marittima, Roma, 1995

[10] L. Loreto, La grande strategia di Roma nell’età della prima guerra punica (ca. 273 – ca. 229 a. C.): l’inizio di un paradosso, Jovene, Napoli, 2007, pp. 62-74

[11] Cicerone riflette bene la mentalità romana scrivendo: “tutto il pregio della virtù consiste nell’azione.” (Cic. off. 1, 19). Analoga preminenza dell’azione nel pensieri filosofici di Marco Aurelio (M.Aur. 9, 16)

[12] Le predette opere, tutte perdute, sono citate da Vegezio (Veg. 1, 8 e 4, 41)

[13] Onas. praef. 5-8; A. Galimberti, Lo Strategikòs di Onasandro, in “Guerra e diritto nel mondo greco e romano”, a cura di Marta Sordi, Vita e Pensiero, Milano, 2002, p. 143

[14] Suda, Polyainos

[15] L. Ariel, Storia militare e cultura militare nei primi due secoli dell’impero, in “La cultura storica nei primi due secoli dell’impero romano. Milano, 3-5 giugno 2004”, a cura di Lucio Troiani e Giuseppe Zecchini, L’Erma di Bretschneider, Roma, 2005, p. 141

[16] In alternativa, potrebbe aver radicato “il pregiudizio che il combattimento navale non seguisse in fondo regole e forme sue, del tutto diverse da quelle del combattimento terrestre”: V. Ilari, Roman sea power. L’emersione di un tema storiografico, Rivista Marittima, Marzo 2012, p. 92

[17] Nella Poliorketika, unica sua opera pervenutaci, egli rinvia la trattazione della difesa dagli sbarchi navali e della protezione di porti al suo libro “Sui preparativi di guerra” (Aen. Tact. 8, 2)

[18] Ael. tact. 1; Arr. tact. 1

[19] Eliano afferma infatti: “Sarei troppo lungo se volessi elencare tutti quelli che hanno scritto sulla Tattica e di cui ho letto le opere.” (Ael. tact. 1)

[20] Epitome del IV-V sec., presumibilmente tratta dall’opera perduta di Frontino.

[21] Opera bizantina conosciuta anche sotto il titolo di Naumachica; è probabilmente il rifacimento di un trattato anteriore. “Non è nemmeno da escludere che tale perduto trattato sia stato scritto nel V secolo e poi rimaneggiato nel IX”: S. Cosentino, Siriano. La guerra navale (Naumachia), in “Storia della marineria bizantina”, a cura di Antonio Carile e Salvatore Cosentino, Lo scarabeo, Bologna, 2004, p. 276

[22] Opera del IX sec., anch’essa ritenuta ampiamente influenzata da qualche testo tardo-romano.

 

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