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Breve storia del Corpo delle Capitanerie di Porto – parte II

tempo di lettura: 6 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX – XXI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Guardia Costiera, Capitaneria di Porto

 

Lo stato dei porti al termine della seconds guerra mondiale fu disastroso, e in parallelo alle opere di bonifica degli ordigni effettuate dalla Marina militare, le Capitanerie di porto dovettero riorganizzarsi per assicurare i servizi dei porti, fondamentali per la ripresa dei commerci via mare –  foto Bari 1943 dopo il bombardamento  Attacco aereo, Bari sotto assedio – ECCLESIA CESARINA

Il Corpo delle Capitanerie di porto dal termine della II guerra mondiale ad oggi
Gli esiti della guerra determinarono la chiusura di tutti gli Uffici coloniali e di occupazione, spostati, man mano che i territori andavano perduti, a Roma presso la sede del Comando Generale e poi definitivamente cancellati dall’organico nel 1947, con la firma del Trattato di pace. In seguito alla cessione di parte del territorio nazionale alla Iugoslavia, la Direzione marittima di Trieste (tornata all’Italia solo nel 1954) perse il Compartimento di Pola ed altri Uffici minori, quella di Ancona, il Compartimento di Zara. La Direzione marittima del Carnaro (di Fiume) passò integralmente allo stato balcanico.

Dopo la guerra la Capitaneria di porto di Trieste, con competenze ridotte e sotto occupazione angloamericana, fu retta da un funzionario civile delle Capitanerie di Porto, il dott. Paolo Klodic. Nel 1954 al ritorno dell’amministrazione italiana, si ripristinò la piena gestione delle Capitanerie. Rinacque la Direzione marittima di Trieste, comprendente anche il compartimento di Monfalcone, dal 1945 al 1954 aggregato alla Direzione marittima di Venezia.

Nel novembre del 1951 l’alluvione del Polesine vide gli uomini delle Capitanerie di porto prodigarsi nell’opera di salvataggio della popolazione. Fu un momento particolare nella storia del Corpo, poiché per la prima volta esso venne chiamato a fornire assistenza marittima in zone dove il mare normalmente non c’è. Con mezzi nautici a remi si percorsero le zone alluvionate, salvando le persone nel frattempo rifugiatesi in luoghi elevati o sui tetti delle case.  Fino all’inizio degli anni sessanta le Capitanerie di porto non disponevano né di mezzi navali sofisticati né di reti di avvistamento e telecomunicazioni dedicate al soccorso in mare. In quegli anni il Corpo operava avvalendosi della rete radiotelefonica e radiotelegrafica dell’amministrazione delle Poste. Per le attività in mare, secondo le circostanze, si utilizzavano i mezzi portuali a disposizione; in altri casi si ricorreva a navi o unità dipartimentali della Marina Militare o della Guardia di Finanza.

Una svolta in tal senso è rappresentata dalla ratifica nel 1962, da parte dell’Italia, della Convenzione internazionale SOLAS 60 (Safety of Life at Sea), che impegnava i Paesi contraenti a svolgere il servizio di ricerca e soccorso in mare attraverso un’organizzazione dedicata. Questo delicato compito fu affidato alle Capitanerie di porto, che iniziarono pertanto a dotarsi di personale formato e dei mezzi necessari. Nacque così la categoria dei Nocchieri di porto – in sostituzione di quella dei Servizi Portuali – aperta anche al personale di leva.

motovedetta classe Caterina – credito CP 214 (associazione-venus.it)

L’esigua flottiglia risalente agli anni cinquanta, costituita dalle motovedette “Caterina” (CP 202 – 225) e dalla CP 201, ex unità inglese impiegata nel secondo dopoguerra nel recupero siluri, fu ben presto integrata – per volontà del Tenente Generale Michele Carnino (Ispettore dal 1961 al 1965) – con l’acquisizione dei primi mezzi moderni, come le motovedette veloci “Super Speranza”, grazie alle buone qualità nautiche replicate in una trentina di esemplari, le “Barnett” di produzione britannica, i battelli pneumatici “Zodiac” ed altri tipi. Nel 1968 fu demandata direttamente al Corpo la gestione dei mezzi navali destinati ai compiti istituzionali.

Storicamente, va ricordato come un grave naufragio fu gestito grazie a questa rinnovata organizzazione; la mattina del 9 aprile del 1970 la “London Valour“, una motonave battente bandiera inglese alla fonda presso l’imboccatura del porto di Genova che,  in seguito a una burrasca, fu sbattuta violentemente contro gli scogli della diga foranea. Dopo molti tentativi per salvare l’equipaggio, solo la motovedetta CP 233 della Capitaneria di Genova poté, non senza rischio, tra i mezzi di soccorso intervenuti, raggiungere lo scafo, riuscendo a portare in salvo 26 persone: si trattò di una delle operazioni di soccorso più difficili mai condotte dalle Capitanerie di Porto. Il tenente di vascello Giuseppe Telmon e i suoi sette uomini furono poi insigniti, per il loro gesto eroico, con la Medaglia al valore di Marina, d’oro per il comandante, d’argento per l’equipaggio.

La legge n. 979 del 31 dicembre 1982 “Disposizioni per la difesa del mare” determinò lo sviluppo di un servizio di protezione dell’ambiente marino, finalizzato soprattutto al contrasto degli inquinamenti in mare, non solo attraverso attività di controllo a terra e in mare ma anche con il telerilevamento aereo. Tale provvedimento sancì di fatto la nascita della componente aerea del Corpo: nel 1988 furono, infatti, acquisiti i primi quattro velivoli della linea della linea Piaggio P166 – DL in versione SEM (Sorveglianza Ecologica Marittima).

Il Piaggio 166 DL3 è un monoplano con ala medio-alta a gabbiano, dotato di eliche spingenti e carrello triciclo retrattile. I motori installati sono delle turboeliche LTP 101 e forniscono circa 600 SHp ognuna e sono ubicati nella zona formante il gomito dell’ala a gabbiano. Alle due estremità alari per aumentare l’autonomia sono applicati i serbatoi supplementari.   L’avionica di missione per la configurazione SEM comprende:– un apparato RADAR panoramico FIAR Bendix 1500A multifunzione (ricerca/scoperta, navigazione e meteorologica) la cui antenna è collocata in un apposito radome posto sotto la parte anteriore del velivolo;
– un sensore FLIR, la cui “testa” è applicata ad un apposito attacco posto sotto l’ala sinistra;
– un apparato di telerilevamento multispettrale in grado di rilevare, rappresentare su video e registrare la presenza di macchie inquinanti, consentendone di valutare il tipo, lo spessore e la profondità;
– un apparato di telerilevamento iper spettrale per la realizzazione di mappe tematiche da impiegarsi per la difesa dell’ambiente marino.
Le apparecchiature di bordo consentono di effettuare, anche di notte, controlli dell’inquinamento marino e di ricerca naufraghi ai quali può essere prestato un primo soccorso mediante il lancio, da un’apposita botola posta sul pavimento del velivolo, di zattere autogonfiabili. Il P166DL3 è impiegato principalmente per il monitoraggio e il controllo delle acque marine. All’occorrenza il velivolo può essere allestito in configurazione per trasporto logistico nonché per il trasferimento di traumatizzati (MED). L’equipaggio è di norma composto da 2 piloti, 2 operatori di sistemi di bordo ed un tecnico specialista.DATI TECNICI
operational speed: 130 KTS (240 Km/h)
– 
service ceiling: 24.000 FT (7.300 metri)
– range:
455 NM (842 Km)

Vennero introdotte all’interno del Corpo nuove figure professionali – quali piloti, specialisti aeronautici e operatori di volo – e venne istituito il 1° Nucleo Aereo di Guidonia (trasferito poi a Sarzana), seguito dai Reparti Volo di Catania (1990) e Pescara (1991).

L’Istituzione della Guardia Costiera
Sul finire degli anni ottanta il Corpo delle Capitanerie di porto si presentava già come un’organizzazione in piena crescita, avanzata dal punto di vista tecnologico, professionale ed operativo. Con il Decreto interministeriale dell’otto giugno del 1989 fu istituita la Guardia Costiera, come articolazione operativa delle Capitanerie di Porto costituita dall’inglobamento dei reparti aeronavali preesistenti. 

A partire da allora, a similitudine di altre nazioni, le unità navali ed aeree del Corpo recano la scritta “Guardia Costiera” e vestono la livrea bianca con il logo che, in omaggio alla bandiera italiana e all’appartenenza del Corpo delle Capitanerie di porto alla Marina Militare, raffigura un parallelepipedo tricolore, con la banda rossa più estesa per accogliere al centro l’ancora nera della Marina su campo circolare bianco. Sono cronaca recente le multiformi funzioni del Corpo, molto accresciutosi nelle competenze e nella professionalità.

Alla Guardia Costiera va riconosciuto il costante impegno per La salvaguardia della vita umana e per le sue molteplici attività in mare e per il mare.  Rivolgetevi ai tanti uffici lungo il  litorale con fiducia. Troverete personale competente e professionale che vi aiuterà nelle vostre necessità.

 

informazioni e testi reperiti dal sito istituzionale

Per chi volesse approfondire la storia delle Capitanerie consiglio la lettura di questo comprensivo saggio del Comandante Stefano Vignani. 

 

Alcune delle foto presenti in questo blog possono essere state prese dal web, pur rispettando la netiquette, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo

 

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PARTE I PARTE II

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