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Che clima ci attende? Ce lo dice il mare profondo di N. Lo Bue e A. Giuntini

tempo di lettura: 6 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: OCEANOGRAFIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANI
parole chiave: Riscaldamento del mare

 

Il riscaldamento del mare è un processo noto e largamente monitorato a livello globale nel suo strato più superficiale. Conoscere i fenomeni che avvengono nelle parti più profonde dell’oceano però rimane ancora una grande sfida. L’installazione di una catena correntometrica (mooring) nel Mar Ionio permetterà di avere informazioni sui processi locali profondi per capire come possano influenzare nel lungo termine anche le dinamiche più superficiali. L’oceano ha un ruolo determinante nella regolazione del nostro clima agendo come un trasportatore di calore grazie alle correnti marine che lo attraversano da un polo all’altro.

Le misure raccolte negli ultimi 50 anni dimostrano inequivocabilmente che l’oceano sta subendo un continuo e progressivo riscaldamento, assorbendo circa il 90% dell’eccesso di calore accumulato nel sistema climatico a causa di attività antropiche (Figura 1).

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Figura 1: Andamenti di temperatura superficiale degli oceani (Sea Surface Temperature) misurati negli oceani globali e nei mari regionali europei dal 1993 al 2018. Da Copernicus Marine Ocean State Report 04 (2020).

Questo accumulo di energia termica, di fatto sottratta all’atmosfera, è tale da creare un enorme sbilanciamento energetico a livello globale. Di conseguenza, il calore che si sta immagazzinando negli oceani verrà rilasciato nuovamente in atmosfera. La modalità e la tempistica sono ancora lontane dall’essere note, ma il fenomeno comporterà un futuro certamente più caldo per tutta la Terra.

Quali sono i dati sul riscaldamento dell’Oceano?


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Grazie all’avvento della tecnologia satellitare a partire dagli anni ’70, gli esperti eseguono un monitoraggio continuo della parte superficiale dell’oceano su scala globale. Questo ha permesso di calcolare che del calore totale assorbito, più del 60% è accumulato effettivamente negli strati superficiali (0-700m). La restante parte, circa il 30%, viene invece immagazzinata negli strati più profondi, sebbene la mancanza di una copertura ben distribuita di dati profondi non riesce ancora a dare un quadro complessivo del reale accumulo di tale energia. In ogni caso i dati che abbiamo ci dicono che negli ultimi 50 anni le temperature sono aumentate di circa 0.014°C/anno, 0.7°C in mezzo secolo, impattando in modo significativo (e spesso irreversibile) su moltissimi ecosistemi (dati Copernicus Marine Ocean State Report 04, 2020).

Allo stato attuale il riscaldamento dell’oceano sta già contribuendo ad accelerare i processi connessi al cambiamento climatico, come nel caso dell’innalzamento del livello globale del mare dovuto all’espansione termica (e quindi all’aumento di volume) che l’acqua subisce quando si riscalda. E’ probabile che il riscaldamento dei primi 700 m degli oceani abbia contribuito con una media di 0.6 mm/anno all’innalzamento del livello del mare dall’inizio degli anni ‘70, a cui dobbiamo aggiungere ulteriori contributi relativi al calore accumulato anche negli strati più profondi sottostanti. Se poi consideriamo anche l’effetto indotto dallo scioglimento dei ghiacciai terrestri, queste stime crescono ulteriormente. Il rapporto del 2019 degli esperti del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC) riporta che se il riscaldamento dovesse continuare con i ritmi finora registrati, entro il 2100 l’aumento del livello marino globale sarebbe di 0.6-1.1 m (https://www.ipcc.ch/sr15/chapter/chapter-1/).

I punti caldi

In questo scenario di riscaldamento globale la regione mediterranea è considerata un “punto caldo” (Hot-Spot). I punti caldi sono regioni geografiche con una significativa riserva di biodiversità particolarmente sensibile al cambiamento climatico. Il bacino Mediterraneo è quindi esposto, più di altre regioni, ad impatti importanti dovuti al riscaldamento globale che potrebbero portare importanti rischi ambientali. L’importanza di studiare gli hot-spot non risiede solo nella necessità di caratterizzare il cambiamento climatico a livello regionale, ma costituisce un elemento cruciale nella comprensione dei meccanismi e delle tempistiche che governano il cambiamento climatico su scala globale. L’INGV ha partecipato ad un importante studio internazionale che ha ricalcolato gli accumuli di calore nell’oceano, integrando i dati più recenti e dando uno scenario al 2020. Da questo e da altri recenti studi emerge inequivocabilmente che la tendenza del Mar Mediterraneo al riscaldamento è molto più alta di quella globale. Il tasso di incremento medio è di 0.041°C/anno a partire dall’inizio degli anni ‘80 con un aumento complessivo di oltre 1.5°C con un progressivo interessamento degli strati più profondi.

Sebbene i dati siano ancora pochi e non ben distribuiti, si è calcolata una tendenza continua all’aumento della temperatura degli strati profondi negli ultimi tre decenni. Il clima è un sistema altamente complesso. I processi che lo governano, come in un “effetto domino”, sono connessi tra loro da sofisticati rapporti di azione e reazione che mitigano o amplificano le tendenze al cambiamento. È necessario quindi avere uno scenario climatico quanto più preciso possibile tenendo conto di tutte le variabili del sistema che devono essere tenute in considerazione. In questo quadro la variabilità riscontrata negli strati più profondi è molto importante poiché potrebbe, nel lungo termine, avere forti ripercussioni sulle caratteristiche termoaline delle masse d’acqua, modificandone temperatura e salinità. Il cambiamento delle proprietà chimico-fisiche di una massa d’acqua a sua volta potrebbe influenzare la circolazione inizialmente a livello locale. Uno dei motori principali della circolazione è infatti costituito proprio dai gradienti di temperatura e salinità. La variabilità della circolazione locale potrebbe, in un secondo momento, estendersi su scala spaziali maggiori contribuendo ad accelerare i processi che governano il cambiamento climatico.

Un Mooring a supporto dell’infrastruttura di ricerca EMSO Western Ionian Sea
Negli ultimi 20 anni l’INGV ha sviluppato osservatori di alta tecnologia capaci di lavorare a grandi profondità. Una volta deposti a fondo mare, questi osservatori forniscono alla comunità scientifica lunghe serie temporali di dati multi parametrici che consentono lo studio dei processi responsabili della variabilità delle caratteristiche delle masse d’acqua profonde. Uno di questi osservatori, il NEMO-SN1, dal 2016 è parte dell’Infrastruttura di Ricerca Europea EMSO (https://ingvambiente.com/2018/11/13/emso-una-rete-di-osservatori-nel-profondo-dei-mari-per-comprendere-eventi-estremi-e-cambiamenti-climatici/) e contribuisce a monitorare i processi marini misurando parametri fisici, chimici e dinamici in modo continuo e a lungo termine.

In questo quadro un mooring, realizzato in collaborazione tra INGV e CNR-ISMAR, è stato installato il 16 luglio 2021 nel Mar Ionio ad una profondità di circa 2000 metri. Un mooring (ormeggio NdR) è un insieme di strumenti disposti lungo un cavo ancorato sul fondale marino che costituisce un punto fisso di misura, permettendo di registrare nel tempo differenti parametri chimico-fisici e dinamici a diverse profondità. Il punto di osservazione è stato collocato a 25 km davanti la costa orientale siciliana ed a circa 1,5 km a Nord dell’osservatorio Western Ionian Sea, nodo dell’infrastruttura di ricerca europea EMSO, Figura 2.

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Figura 2: Posizione del mooring (rombo rosso) rispetto all’osservatorio a fondo mare Western Ionian Sea (cerchio nero) nel bacino ionico (EMODnet Digital Bathymetry (DTM))

Perché il mar Ionio?

Il Mar Ionio è un bacino “strategico” nella circolazione generale del Mar Mediterraneo. Presenta una morfologia peculiare ed è qui che risiedono le profondità maggiori del Mediterraneo (circa 5.267 m). Masse d’acqua con caratteristiche molto diverse e provenienti da differenti parti del Mediterraneo si incontrano in questo bacino che funziona da vero e proprio collettore. Le acque mediterranee orientali calde e salate, quelle fredde e dense dell’Adriatico, quelle di origine Atlantica fredde e meno salate, fluendo nel bacino ionico si mescolano a seguito di complessi processi dinamici che costituiscono un ingranaggio cruciale della circolazione dell’intero Mediterraneo. Negli ultimi decenni l’Osservatorio Western Ionian Sea ha registrato un’interessante variabilità delle proprietà delle masse d’acqua profonde, registrando una tendenza all’aumento di temperatura e salinità e confermando il crescente accumulo di calore negli strati più profondi del Mar Ionio (vedi dati acquisiti con l’osservatorio Western Ionian Sea).

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Figura 3: Schema del mooring SN1

Il mooring installato nel bacino ionico ha l’obiettivo di registrare le variazioni a lungo termine dell’intera colonna d’acqua integrando così le misure che dal 2001 vengono acquisite dall’osservatorio multi parametrico profondo (2100 m) del Western Ionian Sea dell’INGV. Questo permetterà di connettere le variabilità osservate negli strati profondi con ciò che accade negli strati più superficiali e meglio comprendere come queste possano influenzare i processi che governano le tendenze climatiche.

N. Lo Bue e A. Giuntini
originariamente pubblicato da INGVambiente – Che clima ci attende? ce lo dice il mare profondo – 

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