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livello elementare
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ARGOMENTO: COSTRUZIONI NAVALI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: NUOVE COSTRUZIONI
parole chiave: navi del futuro
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Da tempo si sta notando una sempre maggiore spinta nella ricerca e sviluppo di veicoli autonomi sia in campo aeronautico, terrestre che marino ad uso civile e militare. Sono mezzi estremamente interessanti che offrono alte prestazioni a prezzi nel tempo minori di mezzi equivalenti che prevedono invece la presenza di esseri umani a bordo. In campo militare la robotica sta fornendo un supporto alle operazioni sempre più significativo: si va da robot infermieri a AUV con compiti di trasporto di materiali e personale. Di contro la loro elevata autonomia operativa solleva ancora dubbi sulla loro sicurezza quando all’interno di aree regolamentate (si pensi al sorvolo di abitati o lungo le rotte marittime con intenso traffico). Un altro punto di “preoccupazione” è la capacita offensiva che stanno raggiungendo. Una cosa è avere a disposizione sistemi con elevata autonomia, un’altra è fornirgli la capacità di eseguire operazioni in totale autonomia, con impiego di sistemi d’arma potenzialmente pericolosi per la loro capacità di discernimento non umana. Il vecchio detto “se le guardie controllano i ladri chi controllerà le guardie?” è sempre valido.
Il 30 marzo 2016, l’agenzia DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency) del governo statunitense ha pubblicato le prime riprese video di un nuovo mezzo navale con scafo a trimarano completamente autonomo e concepito per operare in funzione antisommergibili denominato Anti-Submarine Warfare Continous Trail Unmanned Vessel (ACTUV). Si tratta di un vascello di nuova concezione, di circa 130 piedi (40 metri) di lunghezza, costruito in fibra di carbonio che è stato varato di recente a Portland, Oregon.
DARPA ha iniziato a rilasciare qualche informazione su questo innovativo sistema riportando che il mezzo ha superato con successo il test di manovra raggiungendo velocità di 27 nodi in acque interne. L’ACTUV è stato consegnato il 7 aprile 2016, ed ha iniziato le prove in mare aperto nell’estate 2016 al largo della costa della California. Il suo compito operativo primario sarà il controllo delle aree marine per contrastare ingressi di sommergibili e sottomarini. Essendo totalmente autonomo, opererà senza un equipaggio a bordo, affidandosi per la sicurezza della navigazione ai sistemi di bordo. La sua autonomia potrebbe essere di mesi senza necessità di intervento umano.
In futuro, la piattaforma potrebbe essere presa in considerazione per molteplici missioni, tra cui operazioni di contromisure mine, una forma di lotta navale nella quale i sistemi autonomi hanno già raggiunto elevati livelli di capacità.
I primi test effettuati hanno confermato questa sua capacità operativa, in particolare ad operare in aree con intenso traffico mercantile in sicurezza, ma LEIDOS, ditta alla quale DARPA ha appaltato il progetto, ha comunicato che prima di poterla considerare alla pari di una nave armata con equipaggio sarà necessario lavorare ancora molto. LEIDOS dal 2010 sta lavorando con DARPA ed ha utilizzato un modello, chiamato Pathfinder per lo sviluppo del nuovo vascello, affinando le nuove tecnologie offerte dagli AUV.
Raytheon ha consegnato lo Scalable Sonar System (MS3), un sistema sonar modulare di quinta generazione a scafo sviluppato per ACTUV. L’MS3 segna un miglioramento delle prestazioni e l’affidabilità delle tecnologie collaudate di questo tipo di sonar e consente la ricerca di bersagli subacquei, sia attiva che passiva, ed il monitoraggio acustico di aree di interesse economico. E’ dotato anche di un sistema di scoperta ed allarme anti siluro e di avoidance di oggetti alla deriva. I dati raccolti dal sonar possono essere immediatamente elaborati dal sistema operativo dell’ACTUV che mantiene cosi la situazione di sorveglianza operativa della zona.
Il concetto operativo del sistema è illustrato in questo video della DARPA:
Una domanda che ci potremmo porre è se avremo ancora bisogno di marinai nel terzo millennio?
Io ritengo di si … sebbene la tecnologia offra soluzioni sempre più prestanti, che potrebbero rendere questi mezzi pienamente autonomi, la presenza di un minimo di equipaggio a bordo, a mio avviso, resterà sempre necessaria. Una governance delle macchine potrebbe essere pericolosa in un ambiente complesso e articolato come il mare, dove nulla è come sembra e tutto cambia continuamente.
foto da Naval Drones – What to Expect in 2016
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
Dal punto di vista concettuale non c’è nessuna differenze nell’avere un sistema che opera da solo, se i dati dei suoi sensori sono disponibili in tempo reale ad un centro di controllo dove eventualmente potrebbe risiedere l’attività di classificazione, analisi, tracciamento e decisionale. Il carico maggiore dovrebbe consistere nella parte comunicazioni, se deve trasmettere in tempo reale i dati grezzi o parzialmente filtrati. Problemi normativi potrebbero nascere nel settore della sicurezza della navigazione, perché mandare in giro un natante autonomo così grande probabilmente ha delle ripercussioni sul rispetto delle norme per prevenire gli abbordi in mare.
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Concordo pienamente con te. Mi lasciano perplesse anche alcune applicazioni come nella guerra di mine