ARGOMENTO: GEOLOGIA
PERIODO: ODIERNO
AREA: ITALIA
parole chiave: sismi, tsunami, placche, subduzione
Un recente studio, “Geodetic Gap” in the Calabrian Arc: Evidence for a Locked Subduction Megathrust? di Michele Carafa et alii., apre nuove ipotesi sulla generazioni di grandi sismi nella zona calabra meridionale. Prima di riassumerlo brevemente, introduciamo l’argomento.
Orogenesi italiana
La presenza di due imponenti catene montuose, le Alpi a Nord, e gli Appennini lungo la penisola e la Sicilia a sud, caratterizza la geologia italiana. Le Alpi si formarono in seguito al raccorciamento e sovrascorrimento verso W e NW della placca Adriatica sulla placca Europea; gli Appennini a loro volta si generarono in seguito alla subduzione della zolla Adriatica che si muove verso W mentre la catena siciliana in seguito alla subduzione della zolla africana (ionica e pelagica) verso NW. Questi fenomeni sono ancora in corso e sono responsabili dei più recenti terremoti che tante vittime hanno mietuto. Alpi ed Appennini sono caratterizzate da un forte diacronismo in quanto si sono formate in tempi successivi che hanno portato ad una differente trend evolutivo. La subduzione alpina è cominciata durante il Cretacico inferiore ed è continuata fino al Pliocene, con successive ma più lente riattivazioni. Il sistema Tirreno-Appenninico si è invece formato negli ultimi 10-20 milioni di anni, ed essendo più recenti appare più reattivo. L’asimmetria della catena appenninica è il risultato di un processo di subduzione irregolare, al di sotto degli Appennini settentrionali e meridionali: il processo di subduzione nel primo caso coinvolge la litosfera adriatica di tipo continentale, mentre nel secondo caso coinvolge la litosfera ionica di tipo oceanico. Il problema per i geologi è che sebbene la geologia sia nota zona per zona, ci sono ancora delle incertezze sui rapporti fra questi settori sia prima dell’apertura dei bacini del Mediterraneo occidentale sia sulla loro collocazione sulle rive della Tetide.
I geologi sono abbastanza concordi nell’affermare che:
– il Tirreno Settentrionale si sia aperto nel Miocene, mentre quello Meridionale si generò più tardi, nel Pliocene
– l’area calabrese continua a muoversi verso sudest
– prima dell’apertura del Tirreno, Sardegna e Calabria facevano parte della stessa massa continentale, almeno dall’Oligocene: quindi attraverso Sardegna e Corsica anche la Calabria era attaccata all’Europa tra la Provenza e la Catalogna.
C’è chi spinge e chi si sposta
I complessi movimenti geologici delle zolle tettoniche provocano fenomeni di subduzione importanti. Apparentemente il fondale marino ionico, in prossimità dell’arco calabrese, è la zona in cui si apprezza il maggior flusso di massa nel Mediterraneo centrale. Sebbene non ci siano prove inequivocabili di terremoti correlati alla subduzione e le velocità di spostamento locali del GPS indichino tassi di deformazione molto bassi, la regione ricorda alcuni dei più terrificanti terremoti e conseguenti tsunami in tutto il bacino del Mediterraneo.
Uno studio recente ha ipotizzato che i bassi tassi di deformazione registrati nel sud della Calabria possono essere conciliati con un violento rilascio sismico regionale causato da un elevato accoppiamento inter-sismico. L’ipotesi di uno scenario alternativo di subduzione non sembra essere giustificabile dai record storici di sismicità. Sembrerebbe che esista nel sud della Calabria un “gap geodetico” derivante da un’interferenza distruttiva tra l’estensione della piastra superiore e la compressione temporanea dovuta al blocco della zolla lungo l’interfaccia di subduzione. Ma facciamo un passo indietro.
Cosa sono le zone di subduzione attive?
La subduzione è un fenomeno geologico chiave nella teoria della tettonica delle placche. Per cercare di visualizzarlo pensate a due superficie contigue. Quando una di esse scorre sotto un’altra si generano dei movimenti verticali. Questi movimenti provocano dei movimenti sismici che possono essere di diversa entità. Naturalmente stiamo parlando di placche tettoniche per cui quando una placca scivola sotto l’altra dobbiamo immaginarci un effetto di spinta che trascina una delle placche in profondità nel mantello. Sul fondo degli Oceani la subduzione può provocare delle strutture importanti che vengono chiamate dorsali medio-oceaniche.
Questo fenomeno avviene lungo i margini convergenti delle placche, dove la crosta oceanica viene quindi modificata a causa della subduzione. Le forze in gioco sono enormi e in queste zone si possono generare i sismi più pericolosi del nostro pianeta. Per fortuna la maggior parte di questi fenomeni sono poco evidenti e registrati solo dagli strumenti. La subduzione del fondo marino ionico sotto la Calabria, una regione a rischio sismico dell’Italia meridionale, è uno di questi casi.
Storicamente, la Calabria è stata colpita da grandi terremoti generati a profondità crostale, cioè al di sopra della subduzione in corso, ma non sono disponibili prove per l’attività dei fenomeni sottostanti. Grazie alle moderne misure satellitari del movimento del suolo (in particolare grazie al GPS), possono essere ricavate indicazioni utili sulla stima dell’accumulo di deformazione attiva delle faglie. La loro analisi ci può consentire di determinare quali parti del fronte attivo siano attualmente “bloccate” e quindi in grado di generare terremoti potenzialmente distruttivi. I ricercatori, utilizzando le misure delle velocità GPS, hanno scoperto che i dati registrati sono ben al di sotto del minimo necessario per giustificare una sismicità crostale nota.
Come mai?
La modellizzazione congiunta al computer della deformazione della crosta e della subduzione ha mostrato che la Calabria Meridionale potrebbe presentare un “gap geodetico“, dove le placche legate alla subduzione sono temporaneamente annullate da quelle crostali. Ciò potrebbe indicare che la subduzione è effettivamente bloccata e quindi potrebbe essere in grado di causare forti terremoti in grado di provocare maremoti devastanti.
Si rimanda allo studio per maggiori informazioni.
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