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Il tentativo di attacco dei chariot alla nave da battaglia tedesca Tirpitz

tempo di lettura: 4 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: OCEANO ATLANTICO
parole chiave: Tirpitz, chariot, SOE

Su OCEAN4FUTURE abbiamo spesso descritto le eroiche missioni degli uomini Gamma della X Mas durante la seconda guerra mondiale. Non molto si conosce dei tentativi attuati in seguito dai sommozzatori britannici. 

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è MARINA-TEDESCA-_Tirpitz__i_Faettenfjorden_14535516382.jpg

La corazzata tedesca “Tirpitz” nel Fættenfjord di Åsen nel 1942 – Fotografo Ukjent Fotoeier – Fonte: Åsen Museum og Historielag Digitizing: Arne Langås – Photo ID: 001-0993 “Tirpitz” i Fættenfjorden (14535516382).jpg – Wikimedia Commons

Il tentativo di affondare la Tirpitz
Oggi raccontiamo la storia di una missione operativa, denominata OPERATION TITLE, che fu tentata nel 1942 da un commando del British Special Operations Executive (SOE) per affondare la corazzata tedesca Tirpitz su ordine diretto di Winston Churchill. L’operazione doveva essere condotta con due chariot, sistemi di trasporto subacqueo simili ai siluri a lenta corsa italiani. In realtà, dopo le imprese dei siluri a lenta corsa italiani, la Royal Navy era entrata in possesso dei relitti di due SLC, il primo scoperto dopo un fallito attacco al porto di Gibilterra il 29 ottobre 1940 e l’altro dopo la sfortunata azione contro Malta del 26 luglio 1941. 

La Royal Navy decise allora di assegnare al Comando sommergibili britannico lo sviluppo di un mezzo subacqueo offensivo dalle caratteristiche operative simili a quelle degli Italiani. L’arsenale di Gosport sviluppò il primo prototipo del mezzo d’assalto nel giugno 1942 e il mezzo, denominato chariot (biga), entrò quasi subito in servizio in un’ottantina di esemplari ed in due successive versioni diverse. Sebbene non ci siano molte informazioni sul loro impiego, i chariot furono usati in varie operazioni dai frogman britannici contro porti europei e del Sud-est asiatico. Queste azioni non furono sempre coronate da successo anche a causa della non ottimale messa a punto del mezzo, in particolare per le frequenti avarie che colpivano l’apparato elettrico. Alcuni chariot della Royal Navy furono impiegati dopo l’8 settembre da operatori di MARIASSALTO appartenenti alla Marina Cobelligerante Italiana.

Un mezzo simile al siluro a lenta corsa ma non altrettanto prestante
Questi mezzi erano lunghi circa 6,8 metri con un diametro massimo di 533 mm (il diametro della maggior parte dei siluri); la profondità massima raggiungibile era di 27 metri, una quota che comunque gli operatori subacquei difficilmente toccavano a causa dell’ossigeno puro che respiravano. L’apparato propulsivo era costituito da un motore elettrico da 2 hp alimentato da una batteria di accumulatori elettrici da 60 volt, con quattro regolazioni di marcia in avanti e due di marcia indietro; la velocità massima era di 2,9 nodi, con un’autonomia di 6 ore o 17,4 miglia nautiche alla massima velocità. Sulla prua era alloggiata una testata contenente 245 chilogrammi di tritolo che poteva essere sganciata per essere collocata sotto lo scafo nemico. La carica veniva poi azionata da una spoletta a tempo. Il peso totale del mezzo si aggirava sui 1.500 chilogrammi. I due operatori vestivano una muta stagna del tipo Sladen Suit (mai particolarmente amata dagli equipaggi britannici) e di autorespiratori adattati dal modello Davis Submerged Escape Apparatus fornito come dotazione di emergenza agli equipaggi dei sommergibili.

Chariot Mk 1 da S I HUTTON

I due frogman sedevano a cavalcioni del mezzo, seduti su dei sedili ed erano protetti sul davanti da una sorta di “parabrezza” dietro il quale si trovavano gli strumenti di guida. In quell’autunno del 1942, la nave da battaglia Tirpitz, “la solitaria regina del Nord” come la chiamavano i Norvegesi, era in agguato nei fiordi norvegesi dove avrebbe dovuto prendere parte alle missioni contro i convogli che rifornivano la Russia, In particolare, stava effettuando alcuni lavori di manutenzione nel fiordo norvegese di Trondheim, ben lontano da possibili attacchi nemici. Si trattava di un bersaglio importante per gli Alleati, soprattutto dopo l’affondamento della prima unità della stessa classe, il Bismarck.

Per l’operazione fu scelto un peschereccio di altura, l’Arthur, di 19 metri, comandato da un ufficiale norvegese, Leif Andreas Larsen (soprannominato Shetland Larsen). Larsen, noto per il suo sangue freddo, faceva parte della “Norwegian Naval Independent Unit“, un’unità delle Special Operations Executive (SOE), inizialmente indipendente dalla Royal Norwegian Navy. Il peschereccio fu quindi segretamente attrezzato per trasportare i due chariot con l’intento di sabotare la nave da battaglia Tirpitz nel Fættenfjord ad est di Trondheim. Il piano prevedeva che l’Arthur si avvicinasse più possibile, risalendo il lungo fiordo, al fine di facilitare l’avvicinamento dei mezzi subacquei nella loro missione di sabotaggio. Sul peschereccio fu imbarcato un carico di torba sul ponte per nascondere i due mezzi subacquei. Inoltre, aveva una falsa paratia dotata di una porta segreta tra la sala macchine e la stiva, e in questo spazio di 60 cm di larghezza si erano nascosti i sommozzatori che li avrebbero dovuti guidare in questa missione.

Dopo un viaggio non scevro di pericoli e problemi (si ruppe anche il motore del peschereccio), il 31 ottobre 1942, l’Arthur arrivò in zona di operazioni e si portò sull’imboccatura del lungo fiordo dove vennero calati in acqua i due mezzi subacquei. Per il loro trasporto furono rimorchiati di poppa con una speciale attrezzatura che permetteva il loro mantenimento sotto il pelo dell’acqua. La nave riuscì ad avvicinarsi ad una distanza di circa dieci chilometri dalla Tirpitz, ma un’improvvisa tempesta ruppe i cavi di rimorchio, e i mezzi affondarono prima che i sommozzatori britannici potessero riprenderne il controllo. Alcune fonti riportano che uno dei chariot urtò l’elica del peschereccio e dovette essere quindi abbandonato mentre il secondo mezzo subacqueo era già andato perso probabilmente a sedici chilometri dal bersaglio.

 

 

in anteprima chariot in addestramento a Rothesay – autore foto Beadell, S J (Lt) – Fonte Imperial War Museum, Admiralty Official Collection Chariot Mk 1 – Rothesay.jpg – Wikimedia Commons


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