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livello elementare
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ARGOMENTO: ASTRONOMIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: comete
Il passaggio delle comete, in antichità considerate presagi di eventi straordinari, nel bene o nel male, non è un evento poi così raro. La disponibilità di strumenti sempre più prestanti consente anche a non professionisti di scoprire questi oggetti celesti che provengono da luoghi molto lontani del nostro sistema solare. Nel 2019, nei cieli di dicembre, se ne osservarono ben due: la cometa 2l/Borisov e la C/2017 T2 PanSTARSS.
La 2I/Borisov è una cometa iperbolica scoperta il 30 agosto 2019 dall’astrofilo ucraino Hennadij Borisov. È il secondo oggetto interstellare, e la prima cometa interstellare, osservato durante il transito nel sistema solare dopo l’asteroide 1I/’Oumuamua, scoperto nel 2017 – autore Daniel Bamberger, Hubble Space Telescope
Borisov Hubble first image.png – Wikimedia Commons
.La cometa 2I/Borisov è un oggetto interstellare proveniente dallo spazio profondo, con un nucleo compreso tra i 2 e i 16 km ed una coda lunga circa 160.000 km (circa 14 volte il diametro della Terra). Il suo passaggio ci potrà dire qualcosa di più su come si formano le comete. La cometa raggiunse il punto più vicino al Sole, il perielio della sua orbita, l’8 dicembre a circa due volte la distanza media tra Terra e Sole, a circa 300 milioni di chilometri dalla Terra, quindi oltre l’orbita di Marte. Purtroppo non potè essere vista ad occhio nudo a meno di avere un telescopio di almeno 15 cm di diametro.
Stessa cosa, per quanto riguarda la cometa C/2017 T2 PanSTARSS che si avvicinò alla Terra, prima del suo perielio che avvenne il 4 maggio 2020. La cometa il 29 dicembre 2019 fu alla minima distanza dal nostro pianeta e la sua luminosità raggiunse il suo massimo l’11 maggio 2020. Questi due recenti eventi astronomici ci danno l’occasione per parlare delle comete, dei corpi celesti di relativamente piccole dimensioni che possono variare in dimensione dalle centinaia di metri fino a cinquanta e più chilometri.
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Le comete sono formate da un nucleo, generalmente inferiore ai 50 km di diametro, da una chioma ed una cosa che può superare le dimensioni di grandezza del Sole. L’astronomo Ludwig Biermann scoprì il vento solare proprio grazie all’osservazione della coda di una cometa, disposta in direzione opposta al Sole.
La chioma della cometa C / 2014 Q2 Lovejoy. Il colore verde brillante è a causa della fluorescenza dei gas alla luce del sole, 9 gennaio 2015 – Autore Juan lacruz C2014Q2-Lovejoy-09-Jan-2015-J87.jpg – Wikimedia Commons
Questi ammassi sono composti da sostanze volatili (gas) quali monossido di carbonio, anidride carbonica, metano e ammoniaca allo stato solido (ghiaccio) e frammenti di rocce, polveri e metalli. Curiosamente sono tra i corpi del Sistema solare più scuri conosciuti, a volte più neri del carbone. Tanto scuri che riflettono ben poco, circa dal 2 al 4% della luce con cui vengono illuminati. Una cosa da sfatare è che non mostrano sempre la loro coda in quanto essa si forma solo in prossimità del Sole quando le sostanze gassose che la formano sublimano dando origine alla chioma ed alla coda. La bellissima coda si forma per un effetto fotoelettrico, a causa della radiazione solare ultravioletta incidente sulla chioma che porta alla formazione di una nuvola di particelle cariche positivamente intorno alla cometa. Essa determina la formazione di una “magnetosfera indotta” che costituisce un ostacolo per il moto delle particelle del vento solare. Quando una cometa si avvicina al Sole il suo calore fa quindi sublimare gli strati di ghiaccio più esterni e le correnti di polvere e gas prodotte formano una grande anche se rarefatta atmosfera attorno al nucleo, che viene chiamata “chioma“.
La forza esercitata sulla chioma dal vento solare porta invece alla creazione della coda orientata in senso inverso al Sole. In alcuni casi può accadere che avvenga un’enorme e improvvisa esplosione di gas e polveri, indicata con il termine inglese “outburst“, a seguito della quale la chioma può raggiungere notevoli dimensioni.
Un altro interessante fenomeno osservato è la formazione di due (o più) code distinte, una di gas e l’altra dovuta alle polveri (dust tail) che puntano in direzioni leggermente differenti in cui le polveri più pesanti restano indietro rispetto al nucleo seguendo la curva della traiettoria della cometa, mentre il gas, più sensibile al vento solare, forma una coda diritta, in direzione opposta al Sole. Secondo Sabrina Masiero, dell’università di Padova, sino al 1997 si credeva che questi corpi potevano generare al massimo due code ben distinte, la coda di polvere e la coda di ioni. Fu grazie a Gabriele Cremonese dell’Osservatorio Astronomico di Padova che, analizzando le immagini della cometa Hale-Bopp, scoprì l’esistenza di una terza coda costituita da atomi di sodio neutro. Questa scoperta fu ulteriormente ampliata dall’analisi delle immagini del satellite per osservazioni solari STEREO che evidenziò nella cometa McNaught anche la presenza di una debole coda di atomi di ferro neutri. Per quanto sopra attualmente il totale delle possibili “code” è quattro: la coda “tradizionale” di polveri e quelle di ioni, di sodio e di ferro.
Ma da dove provengono le comete?
Nel nostro sistema solare, le comete percorrono delle orbite ellittiche che si estendono oltre quella di Plutone. La loro origine potrebbe derivare dalla condensazione della nebulosa originale da cui si formò il Sistema Solare. La maggior parte delle comete seguono orbite ellittiche molto allungate che le portano ad avvicinarsi al Sole per brevi periodi e a permanere nelle zone più lontane del Sistema solare per la restante parte. Quelle dette di corto periodo provengono dalla fascia di Kuiper o dalla regione transnettuniana mentre quelle a lungo periodo dalla lontanissima nube di Oort, al confine del Sistema solare.
Esse sono per comodità classificate in base alla lunghezza del loro periodo orbitale. Quelle di corto periodo hanno un periodo inferiore a 200 anni, mentre quelle di lungo periodo, caratterizzate da orbite con elevata eccentricità, possono averlo di migliaia se non milioni di anni. Esistono anche comete extrasolari (in inglese Single-apparition comets o “comete con una singola apparizione”) che, dopo esser passate una volta in prossimità del Sole, escono per sempre dal sistema solare. Alcune comete, che percorrono orbite semi-circolari, sono state scoperte nella fascia principale degli asteroidi. Non ultime le comete radenti che hanno un perielio così vicino al Sole da sfiorarne la superficie al punto di evaporare. Di fatto, nel loro viaggio intorno al Sole, passano in prossimità dei grandi pianeti e, in particolare, del gigante gassoso Giove che influisce fortemente sulla loro orbita al punto di modificarne i periodi orbitali. Insomma ce ne sono per tutti i gusti.
La cometa di Encke, identificata per la prima volta nel 1786, detiene due record: per massima frequenza e minor durata: il suo periodo di rotazione intorno al Sole di circa 3,3 anni è il più breve che si conosca, un vero “bolide”. Il periodo più lungo, invece, appartiene alla cometa di Delevan, che fu individuata per la prima volta nel 1914, la cui non orbita stata ancora determinata e di cui si prevede il ritorno fra soli … 749 milioni di anni – autore Celestia team |
Morte delle comete
Anche le comete hanno una loro vita legata ai loro passaggi vicino al Sole; nei passaggi in prossimità della nostra stella i materiali che per sublimazione formano quei gas colorati si esauriscono fino a quando non resta che il nucleo di materiali rocciosi. A questo punto, dopo aver viaggiato per migliaia di anni svaniscono polverizzandosi o diventano degli asteroidi. Durante il loro viaggio possono subire anche urti con altri corpi astrali come meteoriti o asteroidi, essere “risucchiate” dal Sole o addirittura collidere con i pianeti. Forse l’evento più conosciuto sulla Terra fu la collisione avvenuta in Siberia nel 1908 che provocò l'”evento di Tunguska”, radendo al suolo migliaia di chilometri quadrati di foresta.
Atterrare su una cometa è possibile?
la cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko dove, dopo un lungo viaggio, atterrò il lander Philae, trasportato dalla sonda Rosetta – NASA
Nel 2014, l’Agenzia Spaziale Europea fece atterrare, dopo dieci anni di volo per raggiungere la cometa, il lander Philae trasportato dalla sonda Rosetta. La missione ESA Rosetta partì dalla Terra il 2 marzo 2004 con l’obiettivo principale di studiare la cometa 67P/Churyumov – Gerasimenko. Sebbene la missione iniziale prevedesse il prelievo di campioni da riportare a terra lo scopo finale della missione per motivi tecnici e di costi fu modificato limitandosi a far atterrare (novembre 2014) sulla cometa una sonda robotizzata da 100 chilogrammi, chiamata Philae, per analizzarne la composizione. La discesa avvenne il 12 novembre 2014 a poco più di 500 milioni di chilometri dalla Terra, dopo un viaggio decennale. per poter raggiungere il suo obiettivo Rosetta dovette sfruttare tre manovre di “fionda gravitazionale” intorno alla Terra per lanciarsi definitivamente, in ibernazione, verso il nucleo della cometa..
Punto di atterraggio di Philae – NASA
A causa della sua bassa massa relativa, l’atterraggio sulla cometa non fu facile. Durante l’evento, i sistemi di ancoraggio della sonda non funzionarono e il lander rimbalzò due volte e si fermò solo quando entrò in contatto con la superficie per la terza volta, ben due ore dopo il primo contatto. Dopo tre giorni, il contatto con la sonda fu perso a causa delle batterie. Il Centro Operativo Spaziale Europeo ristabilì brevemente le comunicazioni il 14 giugno 2015, confermando che la sonda non era stata danneggiata dall’impatto e che il problema di comunicazione era legato solo alle sue batterie. Il 2 settembre 2016, Philae fu identificata tramite delle foto scattate da Rosetta, mostrando la sonda in una crepa del suolo con solo il corpo e due gambe visibili. Questa missione fu la prima missione ad atterrare sulla superficie di una cometa, risultato del lavoro di un gran numero di scienziati e tecnici internazionali, ed è uno degli eventi più memorabili dell’era spaziale. Tra i piani futuri si ipotizza la creazione di un modulo di discesa in grado di muoversi sulla superficie delle comete per studiarne le caratteristiche con veicoli in grado di raccogliere campioni di suolo da riportare sulla Terra (cosa che è già avvenuta). Per il resto è solo questione di tempo e investimenti.
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in anteprima la Cometa forse più famosa: la cometa Halley. Il suo primo avvistamento documentato avvenne nel 66 d.C., si ripresenterà nei nostri cieli il 29 luglio 2061. Halley è la più famosa e brillante delle comete periodiche provenienti dal Disco diffuso, che passano per le regioni interne del sistema solare ad intervalli di decine di anni – autore Professor Edward Emerson Barnard, Yerkes Observatory, in Williams Bay, Wisconsin – Pubblicato sul New York Times 3 luglio 1910
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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