ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XVIII SECOLO
AREA: SPAGNA – OCEANO ATLANTICO
parole chiave: pirati, corsari, Caraibi, Amaro Rodríguez Felipe y Tejera Machado
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Pirati e Corsari, divisi solo da una patente … in comune ebbero la sete di potere, la caccia sfrenata alla ricchezza, indipendentemente dal livello sociale di partenza; furono re e regine, pescatori o commercianti, avventurieri che qualche volta passarono alla storia mentre più spesso furono cantati nei racconti delle taverne. Uomini e donne che forse non cambiarono il mondo ma scrissero le loro pagine di storia sul mare.
Oggi racconto la storia di Amaro El Pargo, pseudonimo di Amaro Rodríguez Felipe y Tejera Machado, uno dei più famosi e audaci corsari spagnoli ma anche una delle personalità più importanti del XVIII secolo nella cattolicissima Spagna.
Amaro nacque a San Cristóbal de La Laguna, sull’isola di Tenerife (Isole Canarie), il 3 maggio 1678. Di ottima famiglia, i genitori erano proprietari di diversi terreni e di una casa a La Laguna, situata vicino all’eremo di San Cristóbal, nella quale egli nacque e crebbe insieme a numerosi fratelli e sorelle. Una famiglia molto religiosa con tre sorelle che divennero suore di clausura. Una religiosità bigotta che però accettava attività immorali come il commercio degli schiavi.
All’età di 14 anni Amaro lascia la famiglia e si imbarca su una nave. Amaro ha decisamente uno spirito imprenditoriale e in poco tempo acquisisce una considerevole ricchezza composta da numerose case e vigneti, diverse navi da carico con cui commercia con il Messico, Venezuela, Cuba e Italia. Esporta malvasia e brandy di produzione delle sue aziende e acquistando prodotti locali dei porti frequentati, per poi rivenderli in cambio di cacao, tessuti, tabacco e, soprattutto, schiavi. Insomma un ricco imprenditore del tempo, senza peli sullo stomaco. Tutti si domandano come abbia fatto in così poco tempo.
Una carriera sul mare
Cresciuto alle Canarie, crocevia di malandrini, negrieri e pirati, nel 1701, si imbarca sull’Ave Maria, soprannominata “La Chata”. La leggenda dice che la nave su cui viaggiava venne assalita dai pirati. Nella concitazione, Amaro, suggerì al capitano di far finta di arrendersi per poi trovare il momento più opportuno per attaccare i pirati. L’escamotage ebbe successo ed il capitano diede al giovane Amaro un’imbarcazione per iniziare una nuova attività commerciale. Il giovane non si fece molti problemi e intraprese l’attività decisamente lucrosa del trasporto degli schiavi. In altre parole divenne un negriero di successo, temuto ed ammirato per la sua capacità organizzativa. In breve allestì una grande flotta senza dimenticarsi, da fervente cattolico, di pulire la sua coscienza con importanti donazioni per chiese e istituzioni religiose. Tra il 1703-1705 inizia la partecipazione nella Flotta spagnola del tesoro. Diviene titolare e capitano della fregata El Ave María y Las Ánimas sulla rotta Santa Cruz de Tenerife – L’Avana. Da abile imprenditore rinveste gli utili nella coltivazione della vite e della Malvasia vidueño. In seguito aderisce alla Compagnia dell’Honduras, una società aziendale in relazione al servizio della Spagna nei possedimenti americani, voluta da Felipe V che, con un decreto del 1714, aveva supportato a questo progetto commerciale transoceanico. Grazie alla sua abilità diviene poi capitano della nave Nuestra Señora de la Concepción a Caracas.

le rotte commerciali spagnole e portoghesi nel XVIII secolo
Non fu un periodo facile
I suoi risultati risultarono a volte invisi al potere amministrativo nelle colonie. Invidia per i suoi successi ma anche per le sue ricchezze. La sua capacità marinaresca non passò comunque inosservata e ricevette una lettera di corsa dal re di Spagna per poter attaccare le navi dei nemici della Corona di Spagna. In quel periodo la sua vita sentimentale fu alquanto chiacchierata ed ebbe una relazione sentimentale con una cubana, María Josefa di Valdespino, dalla quale ebbe anche un figlio. Una relazione che non ufficializzò mai.
Le sue zone di operazione furono i Caraibi ed il Sud America, dove si dedicò al commercio dei suoi liquori che vendeva a L’Avana e nella Guyana. Tra un commercio e l’altro, non perdeva occasione di attaccare le navi degli infedeli inglesi e olandesi, ricche di tesori da portare in Spagna. Non risparmiava nemmeno i colleghi pirati tra cui il noto Barbanera. Forse in quel periodo nacque il suo soprannome, Pargo o El Pargo. In considerazione della sua attività, che richiedeva velocità nell’attaccare le prede, si pensava che derivasse dal nome di un pesce, il Pargo, in italiano parago. Oggi i suoi studiosi ritengono invece che fosse un soprannome di famiglia, legato alla sua famiglia materna.

Santa Cruz, centro commerciale transoceanico
Nel 1712, Amaro “El Pargo” catturò una nave inglese, la San Joseph, comandata dal capitano Alexander Westher. Saccheggiò la nave e sequestrò i possedimenti del comandante britannico, costringendolo a seguire sotto tiro dei suoi cannoni la sua nave, fino al porto di Santa Cruz de Tenerife. D’altronde la nave apparteneva ad una nazione nemica della corona spagnola. Le sue “vittorie” non passarono inosservate e Filippo V, in un decreto reale del 24 ottobre 1719, autorizzò Amaro a costruire una nave a Campeche, un mercantile armato con ben 58 cannoni per la guerra di corsa.
Dopo avere accumulato una ingente fortuna, iniziò a compiere opere di carità, in particolare in favore dei poveri, spinto soprattutto dall’amicizia con una suora, suor Maria di Gesù. Divenuto l’uomo più ricco delle Canarie, il 25 gennaio 1725 fu dichiarato hidalgo (nobile) a Madrid. Ottenne la certificazione effettiva di nobiltà e di armi nel 1727. Morì il 14 ottobre 1747 a San Cristóbal de La Laguna, dove fu sepolto nel convento di Santo Domingo de Guzmán. Per via della sua lotta incessante per gli interessi della Corona spagnola contro le potenze nemiche, Amaro El Pargo fu considerato un eroe nazionale in Spagna, alla stregua di Francis Drake.
Un tesoro … mai trovato
Come tutti i pirati e corsari, anche lui accumulò e nascose un tesoro. Nel suo testamento dichiarò di aver nascosto in un luogo imprecisato una cassa contenente argento, gioielli, perle, pietre preziose, porcellane, tessuti pregiati, oro e dipinti, aggiungendo che in essa venne collocato anche un misterioso libro in pergamena, contrassegnato con la lettera “D”. Fu seppellito in qualche luogo lontano o fu venduto per lasciare i soldi in beneficenza alla sua morte?
Nel novembre 2013, un gruppo di archeologi ed esperti in scienze forensi dell’Università Autonoma di Madrid esumò i suoi resti del famoso corsaro per effettuare il test del DNA e la sua ricostruzione facciale. La sorpresa fu che all’interno della sua tomba, insieme a lui, furono ritrovati i resti dei suoi genitori … di un servitore di colore e di sei bambini. Probabilmente furono seppelliti seguendo una tradizione del tempo che prevedeva di interrare i bambini non battezzati insieme a degli adulti per salvare le loro anime. Così se ne andò il corsaro di Dio.

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