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livello elementare
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ARGOMENTO: GEOLOGIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MESSICO
parole chiave: Cenotes
Tulum, un’antica e bellissima città Maya a sud di Playa del Carmen, è diventata negli ultimi anni una delle destinazioni tra le più ambite per le immersioni in grotta. Il merito va a numerosi pionieri internazionali che circa cinquanta anni fa scoprirono la bellezza di questi straordinari ecosistemi ed incominciarono un capillare lavoro di studio delle cavità sottomarine. Tra questi voglio ricordare Bil Phillips, scomparso nel novembre 2017, a cui va il merito di aver creato un primo database con mappe dettagliate di questi sistemi sotterranei, uno strumento prezioso per comprendere e proteggere l’area.
Canadese di origine, Bil Phillips era nato e cresciuto a North Vancouver, British Columbia. Prima di diventare noto come uno dei più prolifici esploratori di grotte nella storia, era stato un abile batterista professionista ed un meticoloso artigiano. Durante una vacanza scoprì il Messico e le sue bellezze subacquee. I cenotes erano ancora poco conosciuti ed il passo fu breve. Bil divenne un abile educatore, influenzando gli standard nell’addestramento e nella sicurezza delle immersioni in grotta di generazioni di subacquei. Durante la sua vita scrisse numerosi articoli sull’immersione tecnica e, grazie alla sua fama, assunse ruoli di leadership in diverse agenzie e associazioni subacquee, tra cui la IANDT. La sua eredità culturale ha permesso scoperte geologiche importantissime per meglio comprendere i cenotes ed il loro ecosistema.
Ma cosa sono i cenote?
La parola cenote deriva dalla parola maya “D’zonot” e si riferisce a qualsiasi camera sotterranea che contiene acqua permanente. I cenotes possono avere diverse forme o dimensioni, possono apparire come laghetti, pozzi verticali, crepe su substrati rocciosi o lagune da sogno nel mezzo della giungla. Storicamente i cenotes erano l’unica fonte d’acqua nella giungla per i Maya ed erano considerati entrate sacre al loro “mondo sotterraneo”, o “Xibalba” , dove vivevano gli dei e i loro spiriti dopo la morte. Essi conservano testimonianze della frequentazione sia con resti fossili di camelidi, giaguari, mammut, bradipi e cavalli sia di esseri umani. In particolare, prove con il carbone 14 di uno scheletro ritrovato al loro interno collocherebbero la frequentazione della grotta a circa 10.000 anni fa. Altre ossa furono localizzate e lo scheletro fu successivamente identificato come quello di una femmina adolescente ora chiamata Naia. La loro esplorazione si deve all’impegno di ricercatori subacquei che, in questi ultimi quarant’anni, hanno esplorato questi complessi sistemi di grotte.

il mondo incantato dei cenote, Quintana Ro – photo credit @andrea mucedola
Ma come si formarono questi sistemi?
Divenuti in questi ultimi anni il sogno proibito di molti subacquei, i cenote sono delle doline naturali che, a causa di una combinazione di eventi geologici e cambiamenti climatici, si crearono a seguito del crollo dei soffitti delle caverne. Tutto ebbe origine milioni di anni fa quando la penisola dello Yucatan era una gigantesca barriera corallina situata sotto diversi metri di acqua oceanica. Durante l’ultima era glaciale, il livello degli oceani diminuì portando la scogliera in superficie. Il corallo morì e la vegetazione incominciò a crescere sulla piattaforma calcarea. Nell’entroterra di Tulum si ritrovano ancora molti fossili che testimoniano il suo periodo marino. Le cavità sotterranee si erano in realtà formate a seguito della graduale lenta dissoluzione del calcare corallino sottostante; essendo altamente poroso, le infiltrazioni delle copiose piogge, caratterizzate da un pH leggermente acido, sciolsero il calcare alcalino creando le prime cavità.

Cenote Cristalino, Quintana Roo, México, autore @Christian Vizl McGregor
Si formarono quindi nel tempo questi sistemi di gallerie, all’interno delle quali si possono osservare formazioni geologiche spettacolari di stalattiti e stalagmiti. Esse sono destinate ad unirsi creando delle vere proprie colonne che aggiungeranno ancora più fascino a queste grotte. Quando l’era glaciale giunse al termine, ovvero circa 18.000 anni fa, il clima del pianeta si riscaldò, i ghiacciai si ritirarono e, secondo il principio dei vasi comunicanti, le caverne si allagarono con l’innalzamento del livello marino. Queste cavità sono ora in gran parte allagate e gli scienziati concordano sul fatto che l’acqua abbia raggiunto il livello attuale circa 1.000 anni fa.
La scoperta
Ma veniamo a questa straordinaria scoperta avvenuta a gennaio 2018, dopo dieci mesi di ricerche. L’Underwater Exploration Group del Great Maya Aquifer Project (GAM) ha trovato finalmente una connessione tra due dei più estesi sistemi di caverne allagate della Terra: Sac Actun e Dos Ojos, entrambi localizzati nei pressi di Tulum, nella regione di Quintana Roo, Mexico.
Ma non si tratta solo di una meraviglia geologica. “Questa immensa caverna rappresenta il più importante sito archeologico sommerso al mondo, dal momento che ha più di un centinaio di contesti archeologici, tra cui testimonianze dei primi coloni d’America, così come di fauna estinta e, ovviamente, la cultura Maya “, dice Guillermo de Anda, un esploratore del National Geographic e direttore della GAM. Questa fase del progetto è iniziata nel marzo del 2017 grazie alla ricerca condotta dall’allora direttore della GAM, Robert Schmittner con un team di subacquei specializzati nelle esplorazioni delle grotte. In realtà Schmittner cercava questa connessione da 14 anni, aggiungendo nuove gallerie alle mappe di questo misterioso labirinto d’acqua. Fino ad ora, il sistema Ox Be’l, della lunghezza di 167 miglia localizzato a sud di Tulum, era considerato il più lungo mentre quello di Sac Actun, situato a nord est di Tulum, era al secondo posto con circa 163 miglia. Il terzo della lista era il sistema di Koal Baal, con 57 miglia mentre il quarto, oggetto della scoperta, chiamato dei Dos Ojos raggiunge i 52 miglia. Dopo le ultime esplorazioni quest’ultimo è risultato collegato al Sistema Sac Actun. Secondo le regole della speleologia, quando due sistemi sotterranei sono collegati, la grotta più grande assorbe il più piccolo, quindi il nome di quest’ultimo scompare. Questo significa che l’insieme delle cavità di Sac Actun e Dos Ojos ha preso il nome di Sac Actun raggiungendo la lunghezza di ben 215 miglia.
Ci si domanda se questi sistemi furono abitati in antichità. Nel marzo 2008, tre membri del team di immersione Proyecto Espeleológico de Tulum e Global Underwater Explorers, Alex Alvarez, Franco Attolini e Alberto Nava, hanno esplorato una sezione del sistema Aktun Hu, noto come il pozzo Hoyo Negro. Ad una profondità di 57 metri gli esploratori hanno localizzato i resti di un mastodonte di 43 metri ed un teschio che potrebbe essere la più antica prova di insediamento umano nello Yucatan fino ad oggi.

Cenote zona di Tulum – photo credit @andrea mucedola
La ricerca geologica non si ferma. Il prossimo obiettivo è quello di cercare la via di collegamento del Sac Actun con gli altri tre sistemi, che sono molto vicini tra loro. Si tratta d un progetto ambizioso che, secondo i dati del Quintana Roo Speleological Survey, include 358 sistemi di grotte sommerse nel nord dello stato, con quasi 870 miglia di passaggi allagati di acqua dolce al di sotto della giungla. Come risultato di questa ricerca, GAM ha mappato un altro importante sistema con una lunghezza di 11 miglia, fino ad ora chiamato “madre di tutti i cenotes“. Ha una profondità massima di 65 piedi (circa 21 metri) e si trova a nord del Sac Actun. Si tratta di un sistema individuale, ma il team di esploratori ritiene che potrebbe esistere un collegamento con il Sac Actun.
Un’altra caratteristica che rende preziosa questa scoperta è che l’ecosistema nei cenotes presenta una grande biodiversità grazie alla grande riserva di acqua dolce che diede vita a questa regione dello Yucatan. La fase successiva di questo ambizioso progetto comprenderà un’analisi della qualità dell’acqua del Sistema Sac Actun, nonché uno studio della biodiversità e della sua conservazione. Ovviamente sarà continuata la mappatura e la mappatura dettagliata dei contesti archeologici sommersi. Ci torneremo.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.