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livello elementare
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ARGOMENTO: GEOLOGIA
PERIODO: 250 Ma
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Carbonifero
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Nel nostro viaggio fantastico abbiamo percorso milioni di anni dalla nascita del pianeta, e siamo ora giunti al Carbonifero, un’Era geologica che prende il nome dal periodo in cui si formarono i grandi depositi di carbone fossile.
L’inizio del Carbonifero coincise con l’invasione da parte del mare del continente settentrionale che si estendeva dall’attuale Scandinavia all’Inghilterra, una vasta pianura sulla quale si depositarono grandi depositi calcari. Successivamente, in gran parte della Terra, si instaurò un clima uniforme, caldo ed umido che favorì la formazione di grandi ambienti lagunari nei quali si sviluppò una flora rigogliosa con gigantesche felci arboree. Un mondo bellissimo con grandi foreste e molte forme di vita.
Col passare dei millenni, il livello dell’acqua crebbe nelle paludi ed i mari si espansero. Di conseguenza le foreste furono in gran parte sommerse fossilizzandosi; i tronchi di quelle alte felci, che potevano raggiungere quaranta metri di altezza, decaddero producendo spessi livelli di torba che costituirono immensi depositi di carbon fossile (gli attuali giacimenti di antracite e litantrace).
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Il Carbonifero ebbe inizio circa 360 milioni di anni fa e viene diviso dai geologi in due piani: il Pennsylvaniano ed il Mississippiano che terminò circa 299 milioni di anni fa con l’inizio del Permiano. Dal punto di vista geologico, ebbe inizio l’orogenesi Ercinica, il processo che contribuì alla formazione delle grandi montagne europee in seguito alla collisione continentale, nel tardo Paleozoico, tra l’Euramerica ed il Gondwana.
Nacque la Pangea
A seguito di quel grande scontro si formò il supercontinente Pangea. La sua formazione avvenne tra il Carbonifero ed il Permiano (circa 250 milioni di anni fa). In seguito, in milioni di anni, il super continente Gondwana si unì con il Laurasia. Fra queste foreste primordiali si potevano osservare una miriade di insetti, tra cui enormi libellule come la Meganeura che possedeva un’apertura alare superiore ai settanta centimetri. Una teoria lega le grandi dimensioni degli animali del Carbonifero all’elevatissima percentuale di ossigeno nell’atmosfera, oltre il 32 % contro il 21 % attuale.
Il clima terrestre era tropicale e, nelle acque costiere, la vita marina pullulava di nuove forme di vita. Uno dei pesci più bizzarri che vivevano in quei mari arcaici era la Belantsea, ritrovato nei fossili del Montana, USA. Dal punto di vista morfologico questo pesce era decisamente molto strano. Aveva una forma di foglia e possedeva grandi pinne ed una piccola coda. Gli occhi erano piuttosto grandi e disposti in alto. Un corpo con questa forma doveva garantire un’estrema manovrabilità per muoversi tra le sabbie del fondale. Le dimensioni di questa specie si attestavano intorno ai 60–70 centimetri. I suoi pochi denti triangolari formavano una struttura simile ad un becco che gli permetteva di cibarsi di briozoi, spugne, crinoidi ed altri animali con il corpo protetto da un guscio. Doveva sembrare un fiore o una foglia che nuotava, per questo la specie a cui appartiene fu chiamata dei Petalodonti. Tra gli organismi marini possiamo citarne uno in particolare di difficile collocazione tassonomica, ovvero il Tullimonstrum gregarium.
Ricostruzione artistica di Tullinmostrum gregarium come vertebrato, basata sugli studi di McCoy et al. (2016) – autore Nobu Tamura –File:Tullimonstrum NT small.jpg – Wikimedia Commons
La sua lunghezza variava da tre a venti centimetri e poteva essere divisa in tre parti ben distinte: una anteriore formata, da una lunga e sottile proboscide, una mediana formata dal tronco (forse trasparente) ed una posteriore con una coda espansa e triangolare. Era un attivo predatore e forse si cibava di pesci e di meduse. Nei ricchi mari del Carbonifero. si ritrovavano anche i foraminiferi che costituiscono oggi in massima parte i calcari asiatici. I bassi fondali mostravano tetracoralli ed una presenza di crinoidi ed echinodermi. Tra i molluschi apparvero anche dei nuovi cefalopodi. In quel periodo, lentamente, scomparvero invece i trilobiti.
Intanto sulla terraferma proliferarono gli anfibi. Appena i Crossopterigi del Devoniano riuscirono a vivere in permanenza sulla terraferma, cominciarono a evolversi in veri e propri animali a quattro zampe: si trattava dei primi anfibi, gli Stegocefali (ovvero “con il cranio a tetto”).
Diplocaulus appartenente agli Stegocefali
Una curiosità
Il termine anfibio, che significa “dalla doppia vita”, deriva dal fatto che questi animali, pur vivendo sulla terraferma, erano ancora costretti a depositare le loro uova in acqua, in quanto prive di guscio e dunque soggette alla disidratazione. La loro vita, allo stato larvale, si svolgeva quindi completamente in acqua.
scheletro di Ichthyostega
Tra gli Anfibi del Carbonifero si distinguono diversi rami evolutivi, da forme simili alle salamandre e ai tritoni attuali, fino a specie simili ai coccodrilli. Tutti avevano denti in cui dentina e smalto erano variamente ripiegati su sé stessi tanto che la loro sezione ricordava il disegno dì un labirinto. Da questa caratteristica nacque il nome di Labirintodonti.
fossile di Eryops megalocephalus, un labiritodontide del Carbonifero – Foto di Joshua Sherurcij
Eryops skeleton.png – Wikimedia Commons
Alcuni anfibi ebbero una riduzione praticamente totale degli arti (come negli Aistopodi). Altri riuscirono a deporre uova che potevano resistere, senza disidratarsi, anche fuori dall’acqua e perciò adatte al clima tropicale. Erano gli antenati di una nuova specie, i Cotilosauri, progenitori della classe dei Rettili.
I Cotilosauri avevano ancora caratteri tipici dei loro antenati Anfibi, ed erano caratterizzati da un cranio massiccio, di tipo stegale, cioè senza finestre, chiuso per intero da ossa solide e aventi superficie esterna ornata da una scultura grossolanamente scabra; denti, conici o trasversalmente allungati, disposti in una o più serie; vertebre di solito profondamente anficeli; ossa del cinto toracico e di quello pelvico fuse in un solo pezzo massiccio; arti corti e tozzi, terminati da cinque dita, di cui il quarto allungato più degli altri. I Cotilosauri erano rettili di dimensioni piccole o medie (lunghi da pochi decimetri fino a tre metri di lunghezza) che abitavano le spiagge marine o lacustri. La dentatura li rivela in parte erbivori, in parte mollifaghi, in parte insettivori – disegno @ Nobu Tamura Diadectes BW – Cotylosauria – Wikipedia
Un famoso giacimento del Carbonifero è ubicato a Mazon Creek nell’Illinois, dove gli organismi vennero rapidamente sepolti dai fanghi sul fondo di un sistema fluviale. L’azione successiva dei batteri anaerobici provocò la decomposizione del materiale organico permettendo la formazione di una specie di “crosta” intorno ai loro resti. Per questo motivo i fossili si rinvengono in particolari concrezioni a forma di ciottoli sferici, che una volta aperti rivelano il perfetto stato di conservazione dell’organismo incluso. In questo giacimento si ritrovano fossili di diversificati come artropodi, ragni, meduse, pesci.
Geo-Oceanografia del Carbonifero
I geologi dell’epoca vittoriana, studiando i giacimenti carboniferi del Carbonifero, trovarono a Culm, Devon, dei depositi che contenevano selce radiolare, pseudomorfi di carbonio organico ed abbondante calcite. Culm era un antico deposito profondo dell’oceano del Carbonifero ed i fanghi ritrovati erano sedimenti profondi depositati al di sotto della profondità di compensazione del carbonato lontano dalla terraferma. Il contenuto di carbonio dimostrò che il mondo oceanico del Carbonifero era anossico e che gli abbondanti fanghi marini erano stati creati e depositati nei sedimenti marini del Carbonifero. Questo fattore assume una certa importanza in quanto attualmente in alcuni mari del mondo si stanno ricreando situazioni analoghe. Le variazioni del livello globale del mare furono dovute al crescere e salire di una grande calotta glaciale continentale sita sul Gondwana. Il periodo Carbonifero aveva mari tropicali poco profondi, enormi collettori di energia solare, che producevano salamoie calde marine e dense e vaste paludi equatoriali costiere.
Nonostante la calotta glaciale di Gondwana, il mondo era caldo perché, come è noto in Oceanografia, i mari con grandi salinità aumentano le temperatura dell’acqua marina convogliando l’energia solare.
Gli oceani, ieri come oggi, sono infatti enormi serbatoi di calore che assorbono l’energia irradiata dal Sole e la rilasciano lentamente. Così gli oceani profondi del Carbonifero furono riempiti con acqua di mare fredda ed ossigenati dai venti della calotta glaciale di Gondwana. In determinate condizioni si può determinare la formazione di uno strato d’acqua profonda in condizioni anossiche, cioè una stratificazione delle acque causata da un forte gradiente verticale prodotto da una variazione delle proprietà chimiche delle acque. A causa dell’alta temperatura, gli oceani del Carbonifero non svolsero l’azione di immagazzinamento dell’anidride carbonica dell’atmosfera per cui il livello in atmosfera fu molto più alto. Questo causò un forte innalzamento delle temperature e negli oceani, al di sopra della fascia profonda anossica abissale, i pesci pelagici avevano a disposizione una grande varietà di ossigeno disciolto grazie agli effetti delle acque fredde provenienti dalla calotta glaciale del Gondwana.
Si svilupparono così i pesci ossei primitivi (tra cui i paleonisciformi), tra i più primitivi pesci con pinne raggiate. Le loro caratteristiche includevano una coda dotata di un robusto lobo carnoso rivolto verso l’alto, come quella degli squali. Sui loro corpi erano presenti scaglie ganoidi ovvero che si affiancavano l’una all’altra piuttosto che sovrapporsi come negli odierni pesci ossei. Spesso possedevano grandi occhi posizionati nella parte anteriore del muso e le loro fauci erano molto ampie con la mascella superiore saldamente ancorata alle ossa del cranio. Si potevano incontrare anche pesci cartilaginei come gli Eugeneodontida, e gli antenati degli squali odierni. La specie più grande di pesce cartilagineo del Carbonifero Superiore (circa 300 milioni di anni fa) fu l’Edestus giganteus, e possedeva una singola serie di denti. Fossili eccezionali di queste specie sono stati rinvenuti nel deposito di Bear Gulch, Montana (USA).
le mascelle dell’Edestus da Annals of the New York Academy of Sciences (1887) – VOL. IV. PLATE V testo Figs. 1a. Edestus Minor Newb. Figs. 2, 2a, 2b. Edestus Heinriehsii N & W. – Internet Archive Book Images
Annals of the New York Academy of Sciences (1887) (18226460190).jpg – Wikimedia Commons
Questo animale non perdeva i denti danneggiati o rotti ed i nuovi denti continuavano a crescere in prossimità della parte posteriore della bocca in modo tale da spingere i vecchi denti in avanti, fino a farli sporgere ben al di fuori delle fauci. Non è chiaro quale funzione potesse assolvere una dentatura così bizzarra. Dalla dimensione dei denti, sembra che Edestus giganteus potesse raggiungere i sette metri di lunghezza (una misura simile a quella dello squalo bianco). Dalle dimensioni e dalla dentatura si può ipotizzare che fosse uno dei più grandi predatori della sua epoca. Accanto a forme di incerta collocazione (Crassigyrinus, Loxommatidae) nel Carbonifero inferiore si possono già riconoscere i primi rappresentanti dei Temnospondili, che divennero particolarmente floridi verso la fine del
Il periodo geologico successivo, il Permiano (298/250 milioni di anni fa), fu un’Era di forti cambiamenti climatici e geologici. In quel lasso di tempo si consolidò il super continente Pangea, che fu la culla dello sviluppo dei Dinosauri. Nelle terre emerse i rettili si diffusero e si diversificarono in modo esponenziale. Tra di essi i dominatori furono i Sinapsidi, rettili i cui fossili presentano evidenti segni di transizione ed organizzazione di tipo mammaliano, come il Dimetrodon (dalla grande vela termoregolatrice). Verso la metà del periodo ebbero origine i Terapsidi (Estemmenosuchus) e poi più tardi i Cinodonti caratterizzati da grandi canini molto sviluppati e da post canini simili a molari.
I movimenti continentali e le modificazioni climatiche produssero alla fine del Permiano il più grande fenomeno d’estinzione di massa, quando più della metà delle famiglie animali si estinsero. Sempre nel Permiano scomparvero anche i mari costieri caratterizzati da acque basse e si abbassò notevolmente il livello degli altri mari. Nelle acque dolci vivevano dei rettili marini come il Mesosaurus brasilensis. La flora dei continenti meridionali (Gondwana) era caratterizzata da una vegetazione di clima freddo con presenza di piante del tipo Glossopteris, che assomigliavano a delle felci. Questi vegetali formarono delle vere e proprie foreste i cui resti diedero origine a enormi depositi di carbon fossile.
Fossile di Mesosaurus brasilensis ritrovato a Sao Paulo (Brasil) e conservato al Museo Geominero, Madrid – foto di PePeEfe
Mesosaurus brasiliensis – Permian – Sao Paulo, Brasil.JPG – Wikimedia Commons
Un famoso giacimento paleontologico del Permiano è un sito appartenente alla formazione di Sakamena, in Madagascar. Tra i vari animali fossili che vi si possono trovare vi sono parecchi rettili caratteristici di quel periodo, fra i quali gli Orosauri, Claudiosauri, Tadeosauri, Barasauri e molte “lucertole volanti”, nonché primitivi rettili Terapsidi (rettili mammaliani). Le lucertole volanti erano animali appartenenti alla classe dei Celurosauravus, un gruppo di Diapsidi permo-triassici di ancora incerta posizione tassonomica. Essi avevano raggiunto e acquisito la capacità di volare o meglio planare con il loro torace, infatti possedevano delle coste allungate e rettilinee che erano collegate ad una membrana cutanea che formava una specie di ala come nell’attuale drago, una lucertola agamide dell’Asia sudorientale, nota come drago volante. Ma anche questo, nel tempo, finì.
Fine Parte VII – continua
in anteprima rocce ripiegate su se stesse del Carbonifero – autore Arturo Gonzalez Flych carbonifero plegado … jpg – Wikimedia Commons
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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