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Le risorse lignee per la cantieristica navale nel Mediterraneo antico – parte II di Chiara Rossi

tempo di lettura: 5 minuti

 

livello medio

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ARGOMENTO: ARCHEOLOGIA
PERIODO: ANTICO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: legno, imbarcazioni

 

La penisola italica e le isole prospicenti avevano una ricca copertura boschiva; i tiranni Dionisio I e Ierone di Siracusa si procurarono molto legname dalla zona dell’Etna e dalla penisola calabra per la costruzione delle loro flotte. La prima flotta romana, venne costruita durante la Prima Guerra Punica utilizzando principalmente legname di pino e abete proveniente dai territori del Lazio, dell’Etruria e dell’Umbria, solcati dal fiume Tevere, lungo il quale vennero trasportati i tronchi. Nonostante la ricchezza boschiva della penisola, parallelamente all’espansione romana ebbero inizio le importazioni di legname dai territori conquistati, soprattutto dal Mar Nero e dal Caucaso.

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carpentieri egizi lavorano su uno scafo – Fonte  Travellers in the Middle East Archive (TIMEA) da Ebers, Georg. “Egitto: descrittivo, storico e pittoresco”. Volume 1. Cassell & Company, Limited: New York, 1878. p 162. Tekniikan historia – Wikipedia

Le conquiste della Macedonia, nel 167 a.C., e della Cilicia, nel 103 a.C., offrirono accesso illimitato di forniture per la flotta, che durante la pace augustea era divenuta stanziale nel Mediterraneo. Una parte della Cilicia verrà donata da Marco Antonio a Cleopatra, poiché ricca di boschi di cedro, col fine di realizzare una nuova e imponente flotta egiziana,

Cesare, nel 56 a.C., durante le sue campagne in Gallia descrive l’uso della quercia come risorsa unica lignea per la costruzione navale, poiché per affrontare il mare esterno i Galli avevano bisogno di navi e attrezzature molto più solide rispetto alle veloci ma più leggere navi che solcavano il Mediterraneo. Risulta difficile trovare informazioni sui quantitativi e sui costi di produzione di una nave almeno fino all’epoca medievale. Dalla lettura delle fonti classiche, principalmente di tipo storico-militare, ci rendiamo conto che la costruzione e il mantenimento di una flotta richiedeva un notevole sforzo economico. Gli unici dati dispesa finora noti provengono da poche fonti e molto distanti nel tempo, per cui bisogna tenere in considerazione le variazioni del valore monetario. Nel descrivere la grandiosità della nave che Caligola impiegò per il trasporto del grande obelisco per il circo del Vaticano, Plinio dice che per coprire la circonferenza del suo albero si necessitavano quattro uomini. Inoltre, l’autore latino riporta che normalmente i tronchi per la costruzione delle navi costavano 40.000 sesterzi, mentre il prezzo degli alberi perla velatura era pari a 80.000 sesterzi. Con questo paragone, egli vuole suggerire quale sia stato l’esborso finanziario per la maestosa imbarcazione.

Risalente al III secolo d.C. è l’editto dei prezzi di Diocleziano, nel quale è presente un capitolo dedicato al legno per costruzione, citato come materia. Il prezzo era fissato in base all’altezza e alla grossezza del tronco e alcune essenze erano più care di altre, come l’abete e il pino. Anche il costo del trasporto variava a seconda del tipo di vettore, così come la paga giornaliera della manodopera.

Allo stesso modo, in età tardoantica le fonti ci offrono spunti sulle risorse forestali utilizzate nella cantieristica navale, descrivendo il suolo italico come ricchissimo di legname, al punto di poterlo esportare. All’inizio del VI secolo d.C., Teodorico ordinò la costruzione di mille dromoni come potenziamento della flotta; il legno sarebbe stato reperito da ogni parte dell’impero e tramite fluitazione fluviale avrebbe raggiunto Ravenna. A tal fine ordinò la rimozione di qualunque ostacolo che avrebbe potuto impedire la fluitazione. Voltando per un momento l’attenzione ad un ambito storico-geografico distante da quello mediterraneo, ritengo sia utile fare un accenno sulla carpenteria e approvvigionamento ligneo vichinghi. Grazie al ritrovamento di diverse imbarcazioni vichinghe di vari periodi storici, gli studiosi sono riusciti a ricostruire la loro evoluzione costruttiva e tecnologica. L’analisi dendrocronologica e silotomica ha evidenziato l’uso principale di legno di quercia per la costruzione della maggior parte delle navi. Il problema che è sorto è la quasi scomparsa di questa essenza in età moderna.

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una delle navi di Nemi

Secondo Crumlin-Pedersen per la costruzione di una nave lunga 20-25 m sarebbero dovuti servire 50-58 metri cubi di legno di quercia, per un totale di 11 tronchi, cui si aggiunge un tronco ulteriore lungo almeno 15-18 m per la realizzazione della chiglia. L’ipotesi attuale è che la scarsa disponibilità degli alberi di quercia sia la conseguenza del disboscamento attuato a partire da quest’epoca. Naturalmente anche altre essenze erano utilizzate: il legno di pino era adoperato per la realizzazione dei timoni e dell’albero. I carpentieri navali vichinghi erano grandi costruttori e l’approvvigionamento ligneo era una delle loro principali preoccupazioni. Nel momento in cui verosimilmente le risorse locali iniziarono a scarseggiare, intrapresero l’attività di importazione dai territori baltici e irlandesi, come si è evinto da alcuni relitti: la Skuldelev 2, ritrovata su suolo danese, venne costruita con quercia di origine irlandese, dove insisteva un insediamento vichingo a Dublino, molto importante per i traffici commerciali coi paesi nordici. Ora la domanda da porsi è: “Questa nave fu costruita a Dublino o il legno venne trasportato fino a Skuldelev per essere lavorato?

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ricostruzione della Skuldelev II: una nave da guerra dell’era vichinga trovata nel fiordo di Roskilde vicino a Skuldelev – Fonte e autore foto Casiopeia  Skuldelev II.jpg – Wikimedia Commons

Tutto questo discorso riguardante l’approvvigionamento ligneo vuole essere un preambolo necessario per inquadrare alcuni aspetti che nell’industria navale tendono a essere comuni in società legate fortemente al mondo marittimo, ma che storicamente e geograficamente sono molto distanti tra loro. Il primo dato che emerge in maniera preponderante dalla lettura delle fonti è la ricerca di territori ricchi di risorse boschive che potessero offrire all’occorrenza grandi quantitativi di materia prima fondamentale per la cantieristica navale antica; non solo legname, ma anche fibre vegetali per le attrezzature di bordo e pece per la calafatatura. Se le risorse locali non erano in grado di soddisfare la domanda, o si affacciavano periodi di carenza, due erano le soluzioni: instaurare attività di scambio grazie a relazioni diplomatiche ed economiche, oppure attuare una politica di conquista. Sempre dalle fonti comprendiamo che non tutti i legnami erano adatti alla costruzione navale, per cui secondo la disponibilità del legname, la tradizione costruttiva, il livello tecnologico raggiunto dal costruttore e la funzione di uso, possiamo trovare natanti di diversa tipologia e con qualità costruttive diverse. Questo perché il costo economico per la realizzazione di una nave, e di una flotta intera, era enorme. Non bisogna meravigliarsi che nel mondo antico fosse così ampiamente diffusala pratica del riciclo o reimpiego anche di navi intere o di singole parti in diversi contesti culturali.

Chiara Rossi

 

L’articolo è stato estratto dalla tesi “Il reimpiego navale nell’antichità” della dottoressa Chiara Rossi, Università di Sassari, Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione, School of specialization of University of Pisa, Archeology

 

Riferimento
https://www.academia.edu/30229016/Il_reimpiego_navale_nellantichit%C3%A0

 

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PARTE I PARTE II

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