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livello elementare.
ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: GOLFO PERSICO
parole chiave: Cina, Arabia Saudita, Stati Uniti
Durante gli incontri dell’8 dicembre a Riyadh, Arabia Saudita e Cina hanno firmato un “accordo di partenariato strategico globale” che ha sancito l’avvio di legami sempre più profondi fra i due Paesi.
Il leader cinese Xi Jinping ha incontrato a Riad il principe ereditario Mohammed bin Salman, sovrano assoluto dell’Arabia Saudita, accolto in maniera particolarmente calorosa. Il Presidente Xi ha annunciato “una nuova era” nei legami cino-arabi, annunciando nuove partnership commerciali in diversi settori. Questo avvicinamento tra i due grandi Paesi ha sollevato perplessità da parte degli Stati Uniti, storico alleato di Riad nel golfo, intravedendo nelle dichiarazioni ufficiali alcune possibili situazioni di imbarazzo se non di frizione.
Durante i colloqui, Xi Jinping ha dichiarato che lavorerà per acquistare petrolio e gas in yuan, in linea con l’obiettivo cinese di stabilire la propria valuta a livello internazionale; di fatto una mossa tesa ad indebolire la “supremazia” del dollaro USA sul commercio mondiale. La Cina “farebbe anche pieno uso della Shanghai Petroleum and National Gas Exchange come piattaforma per effettuare il regolamento in yuan del commercio di petrolio e gas”. Una affermazione forte che troverebbe riscontro da parte saudita che, prima di questi colloqui, aveva dichiarato alla Reuters che se la decisione di vendere piccole quantità di petrolio in yuan alla Cina avrebbe potuto avere senso per pagare direttamente le importazioni cinesi, “non era ancora il momento giusto” in quanto la maggior parte delle attività e delle riserve dell’Arabia Saudita sono in dollari, inclusi più di 120 miliardi di dollari di titoli del Tesoro statunitensi detenuti da Riyadh. Inoltre il riyal saudita, come altre valute del Golfo, è ancorato legato al dollaro. Va ricordato però che Riyadh aveva minacciato di mettere in dubbio l’impiego del dollaro statunitense a fronte della possibilità che la legislazione USA esponesse i membri dell’OPEC a cause antitrust. Qualora si concordasse l’introduzione del yuan nei pagamenti petroliferi, sarebbe una decisione politico-economica sismica per i mercati internazionali, che vedono ancora il dollaro statunitense come valuta principale di scambio.
Una nuova era di collaborazione
Durante la visita di Xi Jinping, che ha incontrato anche gli altri Stati del Golfo, partecipando ad un vertice più ampio con i leader dei paesi della Lega Araba, sono stati effettuati approfondimenti sui legami economici tra i due Paesi. Xi Jinping ha de facto sottolineato il peso regionale del principe saudita che cerca partnership al di là degli “stretti e storici legami” con l’Occidente, ed inviato chiari messaggi sulla necessità di “non interferenza” da parte occidentale nelle politiche nazionali. Una questione che ha sicuramente favorevolmente toccato i tasti del Principe saudita in un momento in cui i rapporti tra Riyadh e Washington sono stati messi alla prova dalle diverse visioni su diritti umani, politica energetica e Russia.
Non a caso, durante i colloqui, Riyadh ha ribadito la sua adesione al “principio della Cina unica“, in base al quale la Repubblica popolare cinese (RPC) è l’unico governo legale e Taiwan è una parte inalienabile del territorio cinese. A sua volta, Pechino “ha affermato la sua opposizione a qualsiasi azione che possa interferire negli affari interni del Regno dell’Arabia Saudita”.
In estrema sintesi, le due parti hanno sottolineato l’importanza della stabilità nei mercati petroliferi mondiali, concordando di esplorare opportunità di investimento nel settore petrolchimico, nonché nelle fonti di energia rinnovabile. Ricordo che la Cina è il più grande importatore mondiale di petrolio greggio, per il quale dipende fortemente dall’Arabia Saudita ma è anche il maggiore produttore di pannelli solari del mondo, imponendo una tecnologia che, nonostante la sua resa sia ancora insufficiente, è molto appetibile agli occhi delle masse. Xi Jinping ha accolto con favore il coinvolgimento delle società saudite in varie partnership energetiche e di investimento nell’ambito della Belt and Road Initiative cinese che migliorerà “la posizione del Regno [saudita] come centro regionale per le società cinesi“. Un nuovo tassello nella politica di Pechino per il III millennio.
Una partnership che ha innervosito gli Stati Uniti
All’inizio dei colloqui di venerdì, il principe Mohammed ha annunciato una “nuova fase storica delle relazioni con la Cina“, in netto contrasto con gli ultimi imbarazzanti incontri tra Stati Uniti e Arabia Saudita quando il presidente Joe Biden, cinque mesi fa, partecipò a un vertice arabo a Riyadh. In merito alle relazioni dell’Arabia Saudita con Washington, alla luce della nuova vicinanza verso Pechino, il ministro degli Esteri, principe Faisal bin Farhan Al Saud, ha dichiarato che l’Arabia Saudita continuerà a lavorare con tutti i suoi partner in quanto non considera si tratti di una situazione in cui guadagno o perdita di un partecipante sia perfettamente bilanciato da una perdita o un guadagno dell’altro in un consuntivo uguale e opposto (a somma zero). In altre parole, “Non crediamo nella polarizzazione o nella scelta tra le parti“, ha ribadito il principe Faisal durante la conferenza stampa dopo i colloqui.
Sebbene l’Arabia Saudita e la Cina abbiano firmato diversi accordi di partnership strategica ed economica, gli analisti ritengono che le relazioni rimarranno ancorate principalmente agli interessi energetici, sebbene le aziende cinesi abbiano di fatto esplorato eventuali cooperazioni in altri settori come quelli tecnologici e delle infrastrutture, rafforzando tra l’altro l’ipotesi di una cooperazione anche nel ramo dell’energia nucleare civile. Nel campo tecnologico, l’Arabia Saudita ha recentemente concordato un memorandum d’intesa con il gigante tecnologico cinese Huawei sul cloud computing e sulla costruzione di complessi high-tech nelle città saudite. Huawei infatti ha partecipato allo sviluppo di reti telefoniche 5G negli Stati del Golfo nonostante le vive preoccupazioni degli Stati Uniti su un possibile rischio per la sicurezza nell’utilizzo di quella tecnologia.
Xi Jinping ha affermato che Pechino continuerà a importare grandi quantità di petrolio e gas naturale liquefatto dai paesi arabi del Golfo, aggiungendo che i loro Paesi sono partner naturali che coopereranno ulteriormente nello sviluppo delle risorse energetiche.
Ci possiamo domandare se, come annunciato da Xi Jinping, questa sua visita apra veramente una nuova era nelle relazioni arabo-cinesi, che aggraverebbe il presunto momento di crisi dei rapporti tra l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti. Un duro colpo per Biden la cui politica estera continua a non essere chiara che non fa comprendere quale potrebbe essere il ruolo degli Stati Uniti in un mondo sempre più multipolare. La perdita di influenza nel Golfo dovrebbe preoccupare Washington che ha ancora molti interessi, sia politici che economici, nell’area ed è, tra l’altro, il maggiore fornitore di armi per Riyadh.
Un altro punto interessante potrebbe essere come la Cina potrebbe gestire i rapporti tra Iran e Arabia Saudita, tradizionalmente non ottimali (sebbene in avvicinamento), che costringerebbe il Dragone a tenere un piede in due scarpe. Ma questo potrebbe non essere un problema.
Andrea Mucedola
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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