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Il bassorilievo delle navi del palazzo di Sennacherib a Ninive

Reading Time: 6 minutes

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livello elementare

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ARGOMENTO: ARCHEOLOGIA NAVALE
PERIODO: VIII-VII SECOLO a.C.
AREA: MEDIO ORIENTE
parole chiave: Assiri, Ninive, Fenici

 

E’ ben noto il frammento di bassorilievo ritrovato da H. Layard a Ninive nel palazzo del re assiro Sennacherib (che visse tra il 740 e il 691 a.c) nel corso degli scavi della città che effettuò negli anni ’40 dell’800. Il frammento rappresenta una flotta di navi, alcune con propulsione unicamente remica ed altre con propulsione mista a vela e a remi, alcune sicuramente da guerra, quelle dotate di tagliamare a sperone, e altre probabilmente da carico, quelle con la prua e la poppa di identica forma arrotondata; tutte sono biremi. Nel tempo l’episodio raffigurato è stato variamente interpretato finché, nel 1956, l’esame di un frammento del bassorilievo prima di allora mai studiato né pubblicato consentì ad uno studioso britannico di identificarlo con una quasi assoluta certezza.

Layard, nel descrivere il bassorilievo, sottolineò che faceva parte di una serie che rappresentava la conquista di una nazione marittima e l’assedio e la conquista delle sue città, in particolare l’invasione e la conquista di una parte della nazione fenicia. 

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La parte di bassorilievo del palazzo di Sennacherib maggiormente nota; da Layard, “The Monuments of Nineveh”, tav. 71.

Layard descrisse inoltre un bassorilievo adiacente nel quale un uomo che si trova sulla banchina o un molo di un porto sta passando un bambino ad una donna che è già imbarcata su un bastimento che sta per salpare. Layard identificò i bastimenti del bassorilievo come navi fenicie confrontandole con le navi raffigurate sulle monete, peraltro più tarde, del IV e III secolo a.c., coniate nelle principali città fenicie.

L’elemento comune ai bastimenti raffigurati nel bassorilievo e quelli rappresentati sulle monete è la fila ininterrotta di scudi fissati al bastingaggio del ponte di coperta, cosa che rimase a lungo una caratteristica peculiare dei bastimenti da guerra fenici. L’attendibilità delle rappresentazioni di bastimenti presenti sulla monetazione dell’età classica è testimoniata dai ritrovamenti del rostro di Athlit e di quelli delle isole Egadi che sono risultati esattamente uguali a quelli rappresentati sulle monete. In seguito l’egittologo francese Gaston Maspero nella “Histoire ancienne des peuples de l’Orient classique”, pubblicata nel 1899, sostenne invece che il bassorilievo raffigurava la flotta che Sennacherib fece allestire nel 694 a.c. per la sua spedizione contro il regno di Elam, regno il cui territorio si estendeva ad est del corso inferiore del Tigri e in parte si affacciava sulla costa orientale del Golfo Persico, noto agli assiri come Nar-Marratoum.

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Fenicia. Byblos. Adramelek, circa 380 a.C. Chr. Doppio schekel (13.26 grammi) – sul Verso: nave con tre guerrieri, con al di sotto un mostro alato. Tra due caratteri fenici – sul retro Leone che aggredisce un toro con caratteri in alto – riferimenti BMC; Franke-Hirder 685 (Stl.); HGC 10. 136.

Si deve osservare che poiché i bastimenti discesero il Tigri e l’Eufrate dovevano essere imbarcazioni adatte anche alla navigazione fluviale e quindi di ridotta immersione, mentre i bastimenti raffigurati nel bassorilievo sembrano essere imbarcazioni atte alla navigazione in mare aperto e quindi con una notevole immersione. Pochi anni dopo Henry Lesétre, alla voce “Navire” del quarto volume del “Dictionnaire de la Bible” riprese l’interpretazione di Maspero riconoscendo però che i bastimenti da guerra che vi erano raffigurati erano simili ai bastimenti dotati di sperone dei fenici, cosa che faceva ritenere che essi fossero stati assoldati con le loro navi dal re degli assiri. Nessuno dei due storici fa alcun riferimento all’adiacente bassorilievo nel quale si vede l’uomo che cala un bambino su un bastimento. Nel 1956, Richard D. Barnett, all’epoca curatore del Dipartimento di antichità mediorientali del British Museum, pubblicò sul numero di giugno della rivista Archaeology, bollettino dell’Archaeological Institute of America, un articolo intitolato “Phoenicia and the Ivory Trade”.

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A sinistra il disegno dal bassorilievo del palazzo di Sennacherib, a destra il frammento disegnato da Layard e riscoperto e studiato da Barnett; da “Phoenicia and the Ivory Trade”, in Archaelogy

Nell’articolo presentò il disegno del frammento del bassorilievo eseguito all’epoca da Layard che fino ad allora non era mai stato pubblicato né tantomeno studiato. Come descritto da Layard, il frammento, che si pone sul lato destro ma non in diretta continuità della parte di bassorilievo già nota, raffigura un uomo, evidentemente un dignitario, che si trova su una banchina adiacente ad un edificio e che sta calando un bambino tra le braccia tese di una donna imbarcata su un bastimento in procinto di salpare. Che il frammento faccia parte del bassorilievo principale è incontrovertibile in quanto il bastimento è identico a quelli raffigurativi ed anche l’ambiente marino è uguale. L’aggiunta del frammento fino ad allora ignorato completò la narrazione contenuta nel bassorilievo e consentì a Barnett di identificare facilmente e correttamente l’episodio comparandolo con gli annali di Senacherib: si trattava della fuga di Lule, re di Sidone e Tiro, da quest’ultima città di fronte all’avanzata dell’armata di Sennacherib. Barnett riporta il racconto contenuto negli annali della terza campagna del re assiro: “… Lule, re di Sidone, aveva paura di combattermi e fuggì a Iadnana [probabilmente Cipro] che si trova nel mezzo del mare…”; in un altro passo gli annali specificano che Lule fuggì da Tiro.

Il frammento riproduce con chiarezza il momento in cui Lule sta imbarcandosi con la sua famiglia su un bastimento prima di abbandonare la città nelle mani degli assiri, mentre apparentemente il grosso della cittadinanza e dei suoi guerrieri si è già imbarcata su altri bastimenti che si stanno allontanando.

Barnett inoltre identifica l’edificio con le due colonne che si trova sopra al porto della città con il Tempio di Melquart di Tiro del quale, tre secoli dopo, Erodoto dice che aveva due colonne gemelle, una d’oro e l’altra di smeraldo che di notte rilucevano. Secondo Barnett, i bastimenti del bassorilievo potrebbero essere le famose “navi di Tarshish” citate numerose volte nell’Antico Testamento che erano navi d’alto mare utilizzate dai fenici per navigazioni su lunghe tratte e particolarmente sulla rotta tra il golfo di Aqaba e l’India, da dove tornavano cariche di ricchezze, similmente agli east-indiamen della Compagnia delle Indie Orientali britannica del sette-ottocento.

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Rappresentazione di bastimenti da guerra su alcune monete fenicie del IV secolo a.C.; da Basch, “Phoenician Oared Ships”

L’interpretazione del significato del bassorilievo del palazzo di Sennacherib data da Barnett è stata accettata da tutti i maggiori studiosi della marineria dell’età classica, da Lionel Casson a Lucien Bash a Herman Walinga. Sfortunatamente, il fatto che nei testi anche recenti sia riprodotta solamente la parte principale del bassorilievo e non il frammento riscoperto e studiato da Barnett fa sì che non possa essere riconosciuto l’episodio rappresentato e che esso venga ancora talvolta riferito alla spedizione di Sennacherib contro Elam. Per quanto riguarda la verosimiglianza delle immagini dei bastimenti, si può ritenere che gli artisti assiri, che lavorarono al bassorilievo, abbiano avuto contatti con i Fenici e che quindi abbiano potuto vedere di persona le loro navi oppure che esse gli siano state descritte.

Aldo Antonicelli

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FONTI
R. D. Barnett, “Phoenicia and the Ivory Trade”, in Archaelogy, giugno 1956, Archaelogical Institute of America, pp 87-97.
L. Basch, “Phoenician Oared Ships”, in Mariner’s Mirror, vol. 55, n° 2, p 144. L. Casson, “Ships and Seamanship in the Ancient World”, Princeton University Press, 1986, pp 56
A. H. Layard, “The Monuments of Nineveh”, Londra, 1849, p 16, tav. 71. H. Lesétre, “Navire”, Dictionnaire de la Bible, vol. IV, 2° parte, Vigouroux, Parigi, 1912,
G. Maspero, “Histoire ancienne des peoples de l’Orient classique, les Empires”, Parigi, 1899, pp 300-302.
H. T. Wallinga, “The Ancestry of the Trireme, 1200-525 a.c.”, in The Age of the Galley, Conway’s History of the Ship, 1995, p 43.

 

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