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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Regno di Italia, Sublime Porta, Libia
Nell’autunno del 1911, i due Capi di Stato Maggiore, il tenente generale Pollio e l’ammiraglio Rocca Rey, iniziarono a considerare la possibilità di effettuare delle operazioni militari contro le coste turche, per intimidire la Sublime Porta. Il problema maggiore fu individuato negli effetti collaterali e, in una riunione tenutasi il 9 novembre 1911, i vertici della Regia Marina e del Regio Esercito convennero sulla necessità di conciliare le esigenze militari con la politica interna ed estera, in particolare tenendo in considerazione i complessi vincoli internazionali.
Questi erano legati al fatto che l’Impero austriaco non avrebbe accettato eventuali operazioni nei Balcani e la Russia non avrebbe gradito operazioni nei pressi degli stretti per evitare il blocco del traffico commerciale dal e al Mar Nero. Le altre potenze erano invece più interessate alle ricadute nel Mediterraneo nel caso si fossero accesi dei conflitti nell’Egeo. Una preoccupazione reale visto che, come vedremo, il 18 marzo 1912, l’Ammiragliato britannico esortò la Marina Francese a dislocare navi militari nell’area in supporto a quelle inglesi.
Nell’ambito italiano le opzioni strategiche possibili potevano essere una dislocazione di un gruppo navale nel Dodecaneso in ruolo di deterrenza o di incursione contro strutture costiere, includendo l’interruzione della linea ferroviaria Costantinopoli‐Salonicco, ma non prendevano in considerazione l’occupazione di aree diverse dalle Sporadi. Dopo l’emanazione del regio decreto 1247 del 5 novembre 1911, con il quale Tripolitania e Cirenaica furono poste unilateralmente sotto piena sovranità italiana, si ipotizzò quindi un’azione dimostrativa in prossimità dei Dardanelli, mettendo fuori uso il sistema di fortificazioni ottomane sulle due rive dello Stretto.
Le informazioni raccolte avevano stimato la presenza di almeno 40 cannoni di calibro non identificato all’altezza della penisola di Gallipoli, mentre 36 cannoni da campagna da 90 mm erano stati dislocati in vari punti della costa litoranea. La flottiglia turca era costituita da numerose torpediniere e campi minati con torpedini a contatto e pericolose reti d’acciaio contro navi e sommergibili.
Inutile dire che la presenza di campi di torpedini ormeggiate era particolarmente insidiosa, in particolare se sotto il fuoco della cortina di forti ottomani che, da una, sponda e dall’altra, proteggevano o potevano ostacolare il passaggio di un gruppo navale. Il settore dell’intelligence navale ottenne l collaborazione di un capitano di un mercantile della Compagnia di Navigazione Khediviale che si offrì di scortarli nel percorso.
Lo scopo dell’operazione, che puntava sull’effetto sorpresa, era di infliggere danni alla flotta turca ormeggiata al di là dello Stretto, o, in caso di avvistamento, istigarla al combattimento, facendo conto sulla superiorità qualitativa e quantitativa italiana che avrebbe potuto infliggere seri danni alle unità turche.
La battaglia di Beirut
Il 20 febbraio del 1912, l’allora contrammiraglio Paolo Thaon de Revel ricevette l’ordine di intercettare e distruggere due unità della marina militare turche dislocate a Beirut: l’incrociatore corazzato Awn illah, di 67 metri di lunghezza per oltre 2.300 tonnellate di stazza, armato di 4 cannoni di medio calibro, 16 di piccolo calibro e un lanciasiluri, e della torpediniera Angora, di 167 tonnellate, armata con due cannoni e due lanciasiluri. Gli incrociatori italiani Giuseppe Garibaldi (comandante, capitano di vascello Mattia Giavotto), l’incrociatore Francesco Ferruccio (comandante, capitano di vascello Michelangelo Leonardi) si presentarono davanti al porto libanese di Beirut la mattina del 24 febbraio, intimando l’immediata resa.
Non ricevendo risposta, alle 09:00 fu aperto il fuoco ed un siluro italiano affondò la torpediniera Angora, provocando 50 vittime.
L’azione fu subito condannata dalla Francia, temendo il crescente controllo della marina italiana nell’area orientale che avrebbe potuto danneggiare il suo flusso commerciale. Cosa non lontana dalla realtà in quanto, tra il 15 e il 18 gennaio del 1912, la Regia Marina italiana aveva perquisito due piroscafi francesi in rotta da Marsiglia a Tunisi per il sospetto di contrabbando di armi a favore della Sublime Porta.
In effetti su il primo, il Carthage, dirottato a Cagliari per essere ispezionato, era stato trovato un aeroplano. Sulla stessa rotta fu intercettato l’altro piroscafo transalpino, il Manouba, con a bordo 29 sudditi turchi, fermati perché ritenuti medici e ufficiali dell’esercito sultanale. La reazione del ministro francese Poincaré fu dura in quanto accusò l’Italia colpevole di attuare una politica illegale di danneggiamento dei traffici marittimi francesi.
Il governo italiano, temendo l’incrinarsi dei rapporti con la Francia ed il consenso internazionale, alla fine rilasciò gli ostaggi turchi. In seguito fu confermato che si trattava di rinforzi medici e militari in favore della Turchia. L’intelligence italiana aveva funzionato bene.
Fine parte II – continua
Andrea Mucedola
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In anteprima l’incrociatore corazzato italiano Libia – Ufficio storico MM.
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Riferimenti
Antonello Battaglia, Il Dodecaneso italiano. Una storia da rivisitare, Eurostudium , 2010
Mariano Gabriele, La Marina nella Guerra Italo-Turca, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1998
Causa, La guerra italo‐turca e la conquista della Tripolitania e della Cirenaica, dallo sbarco di Tripoli alla pace di Losanna, Salani, Firenze, 1912
Manfroni, Guerra italo ‐ turca (1911‐1912). Cronistoria delle operazioni navali, II (Dal decreto di sovranità sulla Libia alla conclusione della pace), Roma, Stabilimento Poligrafico Editoriale Romano, 1926
Colliva, Nebbie e spie nei Dardanelli. Aspetti sconosciuti e dimenticati della guerra di Libia e dell’impresa di E. M. (1911-1912), in Bollettino d’archivio dell’Ufficio storico della Marina Militare, XX (2006)
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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