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livello elementare
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ARGOMENTO: OCEANOGRAFIA
PERIODO: XX SECOLO
AREA: OCEANI
parole chiave: Oceanografia militare, USN
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Nel secolo scorso le ricerche oceanografiche della marina statunitense (USN) vennero svolte principalmente presso lo Scripps Institution of Oceanography di La Jolla, in California, l’Istituto oceanografico Woods Hole nel Massachusetts ed il Lamont Geological Observatory a Palisades, New York.
Sebbene la ricerca oceanografica fu sempre legata alle attività a favore delle Marine militari, l’approccio scientifico diventò sempre più specifico durante la Seconda guerra mondiale ed in guerra fredda, quando la minaccia sottomarina richiese di sperimentare nuove apparecchiature nel campo dell’acustica subacquea per la caccia ai sottomarini avversari. I centri di ricerca incominciarono a studiare metodicamente le caratteristiche chimico fisiche del volume d’acqua (importanti per prevedere la portata dei sonar) e ad analizzare e riprodurre la topografia delle mappe dei fondali marini.
Nonostante gli scienziati ebbero sempre una certa autonomia nella ricerca non mancarono episodi di avversione contro i militari. Allo Scripps ed al Woods Hole, rispettivamente negli anni ’30 e ’60, gruppi di scienziati si opposero strenuamente al fatto che i direttori delle loro istituzioni facessero affidamento sul denaro della Difesa. Le loro preoccupazioni erano per lo più generiche, preoccupati che il finanziamento della Marina statunitense li avrebbe esposti alle accuse di aver perso la “purezza” della ricerca, non più guidata dalla curiosità ma da una ricerca applicata allo sviluppo di nuove armi.
In nessuna delle due situazioni la comunità scientifica più radicale vinse la contrapposizione; chi si rifiutò lasciò le proprie istituzioni accettando incarichi secondari mentre gli altri poterono continuare le loro ricerche … ed a loro dobbiamo molte delle scoperte sugli oceani che ci hanno permesso di realizzare le applicazioni tecnologiche che oggi ci consentono di studiare e lavorare sui mari.
Il DSV Alvin è un batiscafo di proprietà della United States Navy in uso al Woods Hole Oceanographic Institution. Il suo utilizzo principale è l’esplorazione dei fondali marini per scopi scientifici, in particolare per lo studio delle sorgenti idrotermali e per il ritrovamento di relitti – photo credit USN – WHOI.
Nel 1964, la US Navy iniziò a finanziare il batiscafo Alvin inizialmente come sistema di salvataggio e di ricerca nel campo intelligence. Solo nel 1974, quando la US National Science Foundation e la National Oceanic and Atmospheric Administration (entrambi finanziatori nella ricerca pura) poterono ottenere dei fondi, fu possibile impiegare Alvin per la ricerca profonda degli abissi oceanici che, come ricorderete in altri articoli, portò alla scoperta delle sorgenti idrotermali profonde e degli organismi estremofili nei loro pressi.
This vigorously venting black smoker, called Sully, emits jets of particle-laden fluids that create the black smoke – NOAA Public domainFile:Sully Main Endeavor Field.jpg – Wikimedia Commons
Forse il campo di studio oceanografico più impegnativo e più complesso fu finanziato grazie alla necessità di comprendere la fisica e la dinamica della circolazione oceanica. Le ricerche svolte dal Woods Hole, in particolare da parte di Henry Stommel, portarono alla scoperta del termoclino, lo strato di transizione tra lo strato rimescolato vicino alla superficie (mixed layer), dove la temperatura è approssimativamente pari a quella dell’acqua di superficie e lo strato di acqua più profonda degli oceani.
Ocean Circulation Conveyor Belt. The ocean plays a major role in the distribution of the planet’s heat through deep sea circulation. This simplified illustration shows this “conveyor belt” circulation which is driven by the difference in heat and salinity. Records of past climate suggest that there is some chance that this circulation could be altered by the changes projected in many climate models – Autore Thomas Splettstoesser Public domain Ocean circulation conveyor belt.jpg – Wikimedia Commons
Nello strato di termoclino, la temperatura diminuisce rapidamente dal valore superficiale a quello della temperatura dell’acqua profonda, che è stabile nel corso dell’anno perché troppo profonda per poter essere influenzata dalla radiazione solare. Il termoclino rappresenta un’importante zona di transizione tra lo strato superficiale e quello profondo dove avvengono molti fenomeni oceanografici. Con il diminuire rapido della temperatura si osserva un aumento della densità e della salinità dell’acqua, fattori che, tra le altre cose, influenzano il modo in cui il suono viaggia nell’acqua. Questi studi consentirono a Stommel di sviluppare il modello di circolazione termoalina, che spiega come le variazioni di temperatura, densità e salinità modifichino la circolazione interna degli oceani.
I finanziamenti della Marina portarono anche alla scoperta da parte di Maurice Ewing e Joe Worzel del canale del suono, una specie di condotto acustico sottomarino lungo il quale il suono viaggia più velocemente, e delle relative zone d’ombra, dove la propagazione può essere nulla.
Quando gli impulsi acustici vengono emessi nel canale, se si avvicinano alla superficie vengono rivolti indietro verso il fondo, mentre se vanno verso il fondo dell’oceano tornano verso la superficie. Si genera quindi un canale acustico che può viaggiare per molte miglia e permettere, tra le tante cose, una trasmissione del suono più efficiente.
Gli impulsi acustici possono quindi percorrere grandi distanze nell’oceano se intrappolati in una “guida d’onda” acustica. L’oceano conduce il suono in modo molto efficiente, in particolare, alle basse frequenze (poche centinaia di Hz). Queste ricerche, oltre agli aspetti fisici, portarono a scoprire molti segreti degli oceani dal punto di vista biologico. Le prime registrazioni di suoni di animali marini furono effettuate proprio in quegli anni.
Walter Munk nel 1963 con una “capsula di marea”. Questo strano strumento veniva affondato in mare per misurare le maree in acque profonde. Oggi queste misurazioni possono essere effettuate direttamente dai satelliti in orbita – Photo Credit Ansel Adams, University of California GeoGarage blog: Walter H. Munk, scientist-explorer who illuminated the deep, dies at 101
Inoltre, si scoprì che il suono viaggia più lentamente nell’acqua fredda che in quella calda. In particolare, nel 1979, Walter Munk dello Scripps e Carl Wunsch del Massachusetts Institute of Technology di Cambridge si resero conto che, misurando la velocità del suono nell’oceano, potevano misurare anche la temperatura dell’oceano. Sfruttando la facilità con cui il suono viaggia nell’oceano ed utilizzando segnali acustici per la misura della temperatura e delle correnti su larga scala svilupparono quella che oggi chiamiamo la tomografia acustica oceanica.
Mappa del Nord Atlantico occidentale che mostra le posizioni di due esperimenti che impiegarono la tomografia acustica oceanica. AMODE, “Acoustic Mid-Ocean Dynamics Experiment” (1991-2), fu progettato per studiare le dinamiche oceaniche in un’area lontana dalla Corrente del Golfo, e SYNOP (1988-9) per misurarne sinotticamente gli aspetti. I colori mostrano un’istantanea della velocità del suono a 300 metri di profondità derivata da un modello oceanico numerico ad alta risoluzione – Autore Bdushaw at English Wikipedia Public domain Tomography atlantic.png – Wikimedia Commons
In un esperimento del 1991, Munk ed i suoi collaboratori furono in grado di studiare la capacità del suono di propagarsi dall’Oceano Indiano meridionale attraverso tutti i bacini oceanici e misurare la temperatura globale dell’oceano. L’esperimento fu in seguito criticato da gruppi ambientalisti, che si aspettavano che i forti segnali acustici impiegati avrebbero influenzato negativamente la vita marina.
Frank E. Snodgrass e Walter H. Munk lanciano una capsula progettata da Snodgrass per la raccolta dati a d alta profondità – Fonte Peter Brueggeman Coordinatore delle collezioni di scienze della vita, della salute, del mare e della terra curatore degli archivi dello Scripps Institution of Oceanography – Autore Scripps Institution of Oceanography Archives
Frank E. Snodgrass and Walter H. Munk.jpg – Wikimedia Commons
Non furono i soli esperimenti, a torto o a ragione, criticati. Ci furono sicuramente delle sperimentazioni discutibili, come lo studio degli effetti delle esplosioni convenzionali e nucleari in mare. Non ultime quelle, iniziate nel 1993, per valutare la trasmissione delle onde acustiche e sismiche nel volume d’acqua e nei fondali. Sfortunatamente, gli scienziati, sebbene coinvolti pubblicamente e professionalmente, in un primo tempo minimizzarono la possibilità che i suoni potessero influenzare il comportamento di animali marini come le balene. Oggi sappiamo che emissioni acustiche nelle basse frequenze possono causare seri danni ai cetacei, causando danni ai loro sistemi nervosi e provocandone anche la morte.
Il programma statunitense sugli effetti delle esplosioni subacquee e sulle emissioni dei sonar a bassa frequenza divenne un incubo mediatico e politico, e fu finalmente terminato nei primi anni del 2000 con la standardizzazione delle procedure di emissione acustica in mare, un protocollo redatto dalla NATO al fine di proteggere i mammiferi marini, seguito da numerose sperimentazioni e campagne di ricerca … ci torneremo.
Sealab II was established off the coast of California in 1965. This shows the first of three Sealab II teams, which included former astronaut Scott Carpenter (second from left in the front row) – U.S. Navy photo U.S. Navy Public domain File:SealabII.jpg – Wikimedia Commons
La ricerca oceanografica militare non aiutò solo a comprendere meglio gli oceani ma permise la definizione di nuovi standard di sicurezza. Molti degli studi di fisiopatologia subacquea nacquero nell’ambito della marina statunitense e portarono alla definizione delle famose tabelle di decompressione US Navy, che furono per anni il riferimento di tutti i subacquei militari e civili. Dalla cooperazione tra il mondo militare e scientifico, nacque lo sviluppo di mezzi subacquei: dai remote controlled vehicles (ROV) ai moderni droni subacquei autonomi (AUV). Non ultimi i glider, mezzi subacquei che consentono di monitorare per lungo tempo gli oceani e comprenderne le dinamiche.
Mappa lidar multibeam ad alta risoluzione che mostra la morfo-geologia del fondo marino che appare deformato in modo spettacolare, in rilievo ombreggiato e colorato in base alla profondità – Fonte e autore NOAA Ocean Exploration and Research – Public domainAirborne Lidar Bathymetric Technology.jpg – Wikimedia Commons
In sintesi, grazie alla ricerca oceanografica militare, sono oggi disponibili mezzi sempre più sofisticati che ci permettono di comprendere gli effetti dei cambiamenti climatici e del ruolo degli oceani per la nostra sopravvivenza.
Andrea Mucedola
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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