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livello elementare
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ARGOMENTO: RECENSIONE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: EMERGENZE AMBIENTALI
parole chiave: reti fantasma, plastiche
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Reti fantasma (2020) è un cortometraggio girato da Marco e Andrea Spinelli, in collaborazione con Plastic Free, che sta avendo grande successo di critica. Tradotto in varie lingue, è infatti stato selezionato per numerosi festival come l’International Underwater Film Festival Belgrade 2020, l’International Science Film Festival of India 2020, l’Italia Green Film Festival 2021, il Los Angeles Italia Film Festival 2021.
In particolare i fratelli Spinelli sono ideatori, registi e attori di questo cortometraggio, che vuole essere un documentario su una seria problematica sempre più pressante dei mari. I due fratelli, trovandosi su una secca al largo di Cefalù, ricoperta di reti da pesca abbandonate sul fondale (dette in gergo ghost nets, ‘reti fantasma’), hanno deciso di filmare quell’ambiente, girando un filmato di circa tre minuti, che potrete vedere su youtube oppure direttamente cliccano sul video di seguito.
Il video si sposta seguendo un sub che nuota, facendosi trasportare dalla corrente, ed osserva le reti sulle rocce, sulla posidonia, sul fondo sabbioso. Sono reti che hanno distrutto la vita, l’intero ecosistema che sorgeva in quei punti. Il subacqueo tenta di recuperarle: le raccoglie, le avvolge, sposta delicatamente gli animali che vi si sono poggiati sopra. Durante tutto questo processo si sente, forte e chiara, una voce fuori campo [1]:
“A me non importa che mi chiamino dio,
né che il cielo rifletta su di me il suo blu o il suo grigio.
Non mi importa che mi si cantino poesie
o che mi si associ alla vita o alla morte.
E che chi sopra di me naviga si senta cullato o intimorito.
A me non importa.
Neanche di chi si inabissa dentro di me.
Non mi importa di chi sprofonda o galleggia.
Di chi aspetta che il vento porti le mie onde.
Dei gabbiani che nei miei spazi cercano l’ultima ora.
Di quanto sale spenda per la terra.
A me non importa.
E non importa della gratitudine dei pescatori,
o di chi si specchia sulle acque delle mie rive,
né dei santi patroni che ardono sulle barche per rendermi omaggio.
Non mi importa dei vostri traffici sulla mia cresta.
E neanche dei relitti che nel tempo vi conservo.
Non mi commuovono e non mi importano le sviolinate sulle rive delle riserve,
se poi nelle spiagge affollate svuotate le vostre sacche.
A me non importa farvi piacere col suono dei miei sbuffi.
E non mi importa degli spettacoli che i miei orizzonti offrono al calar del sole.
No. Non mi importa più nulla.
Voglio solo che mi lasciate libero”.
È il canto del mare che, in un crescendo accompagnato dalla musica, si scaglia contro l’uomo, contro la sua ipocrisia che da un lato idolatra le acque e dall’altra le distrugge. Il mare invoca solo una cosa: la libertà. Come nel Dialogo leopardiano tra la Natura e un Islandese, ma con una prospettiva opposta, è qui la natura che chiede all’uomo perché si accanisce contro di lei. E supplica di smettere. Di concederle il respiro.
Poi l’urlo del mare si placa, ammutolisce. E nel video compaiono i dati sulle reti fantasma, che ammontano a quasi il dieci per cento di tutti i rifiuti plastici dispersi in mare. Secondo il rapporto dell’UNEP, ogni anno vengono abbandonate negli oceani 640 mila tonnellate di reti da pesca. Doppiamente letali, perché non solo intrappolano sul momento qualsiasi essere vivente abbia la sfortuna di trovarsele addosso, ma continuano ad uccidere per anni, creando il deserto attorno a loro: che siano pesci o cetacei o tartarughe marine o coralli o posidonia, niente sopravvive quando viene agganciato dalle reti fantasma che si sedimentano nei fondali. Ovviamente, la maggior parte di queste reti – che includono anche nasse, lenze, etc – non sono state gettate appositamente, ma sono rimaste incagliate durante la pesca e mai più recuperate.
Per salvaguardare il mare da questi pericoli stanno nascendo numerose collaborazioni che vedono impegnati anche gli stessi pescatori, spesso i primi ad essere danneggiati dalla distruzione della fauna ittica causata dalle ghost nets. Uno di questi è il ‘Ghost life’ promosso e finanziato dall’Unione Europea, il cui fine è quello di preservare i fondali rocciosi dell’Adriatico settentrionale grazie al recupero e allo smaltimento degli strumenti da pesca rinvenuti in mare e alla promozione di un codice etico tra i pescatori. Progetti come questi, o strumenti di divulgazione come il documentario dei fratelli Spinelli, sono elementi importantissimi per accendere i riflettori su una tragedia che si consuma quotidianamente nei nostri mari e di cui ancora non si parla a sufficienza.
[1] La voce è di Roberto Pedicini su un testo scritto da Enrico Muratore
Carola Ludovica Farci
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Dopo aver conseguito la laurea magistrale in Lingua e Letteratura Italiana, quella in Letterature e Filologie Europee all’Università di Pisa, e un master in Estudios Literarios all’Università Complutense di Madrid, Carola Farci è stata insignita del titolo di dottoressa di ricerca in Letterature Comparate all’Università di Padova e Limoges. Insegna italiano e storia in una secondaria superiore di Cagliari dove impiega parte delle proprie lezioni alla sensibilizzazione ambientale. Ama il trekking e le immersioni, è volontaria della protezione civile e di alcune associazioni ambientaliste e vorrebbe poter fare di più per la salvaguardia del pianeta.
Grazie mille per la recensione e la divulgazione! Anche il mare ringrazia! Un abbraccio oceanico
Andrea Spinelli
Bellissimo cortometraggi che mette in luce un gravissimo problema che purtroppo affligge gli oceani di tutto il mondo compreso il mare nostrum.