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livello elementare
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ARGOMENTO: MITI DEL MARE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Sirene
Come abbiamo premesso in un precedente articolo, il mito di creature acquatiche si ritrova nelle leggende di tutti i popoli del mondo.
Spostandoci in Oriente, troviamo Zagan, il dio sumero dell’abbondanza e della fertilità, padre di Baal, e adorato dai Cananei. Il suo aspetto era di un uomo sorgente da una spiga di grano oppure di un uomo barbuto con la parte inferiore del corpo a forma di pesce. Chiamato in ebraico Dagon, fu adorato dai Fenici nella sua forma di uomo-pesce e fatto conoscere ai Greci che lo chiamarono Tritone, una deità minore che veniva raffigurata come creatura passionale e gaudente, in scene spesso orgiastiche con le Nereidi e le altre ninfe del mare.
In India e nel Sud Est asiatico troviamo Matsyāṅganà, descritto come un essere antropomorfico con torace umano e la metà inferiore del corpo simile ad un pesce. Il suo nome deriva da Matsya (parola sanscrita per “Pesce”), un avatar del dio indù Viṣṇu rappresentato questa volta sotto forma di pesce. Una curiosità, nei miti indù Matsya viene identificato come colui che salvò il primo uomo, Manu, dal grande diluvio universale. Si tratta di una divinità molto simile, dal punto di vista iconografico, ad una sirena ma di sesso maschile.
Per trovare invece la prima sirena “femmina”, dobbiamo incontrare Suvannamaccha, figlia di Tosakanth, che viene citata nelle versioni cambogiane e tailandesi di una famosa opera epica orientale, il Ramayana, ovvero il Cammino. L’opera è uno dei più grandi poemi dell’induismo ma anche uno dei testi religiosi e filosofico più importanti di questa religione e narra le avventure del principe Rāma, avatāra di Viṣṇu, ingiustamente esiliato e privato della sua sposa, che riconquisterà dopo furiosi combattimenti unitamente al trono negato. Tra le tate peripezie vengono raccontate le vicende della guerra tra Rama e Ravana con il suo esercito di scimmie.
Non mancano i lati romantici. Suvannamaccha, una principessa sirena, figlia di Ravana, cerca di sabotare l’opera di Hanuman, il generale scimmia di Rama, che sta cercando di costruire un ponte di massi dall’India verso la terra di Lanka per poterla invadere. Mentre i suoi operai scagliano dei grandi massi nell’acqua per la costruzione della struttura, il generale scimmia scorge un gran numero di sirene (matsyakanyas) che, ogni volta viene lanciata una nuova roccia, la afferrano portandola via vanificando gli sforzi delle scimmie.
Hanuman, irritato da tale disturbo, che rallenta la loro opera, cerca di identificare chi guidi quell’azione distruttiva, e scopre la bella Suvarnamaccha, “regina” delle sirene. La insegue ma lei riesce a sfuggire. Inizia così una lunga caccia che diviene poi un vero e proprio corteggiamento, in un gioco di avvicinamenti, seduzioni e fughe. La storia prende una svolta rosa quando Hanuman se ne innamora perdutamente e l’amore sboccia fra i due che decidono di fuggire insieme in fondo al mare.
Un’altra figura mitologica, decisamente curiosa, viene decritta nel paese del Sol Levante; nel folklore nipponico troviamo uno essere marino, Ningyo (un pesce di forma umana). La creatura viene descritta con una bocca con piccoli denti, come un pesce, con il corpo ricoperto da brillanti scaglie dorate ed una voce soave come un flauto. La sua carne è prelibata e chiunque lo mangia, si dice, raggiungerà una notevole longevità. Ma c’è un ma. La sua cattura viene ritenuta un evento portatore di disgrazie per il pescatore per cui non bisogna cacciarla. Inoltre, questo strano “sirenetto”, se trovato su una spiaggia, rappresenta un segnale di pericolo imminente per i locali. Meglio quindi lasciarlo vivere in pace nelle profondità del mare.
Spostandoci in Africa troviamo una divinità delle acque, Mami Wata, comunemente ritratta anche come una sirena. Le credenze animistiche riportano che alcuni spiriti acquatici possono assumere sembianze di creature metà pesci e metà umani. L’arrivo degli Europei nel XV secolo, che presentavano sulle prue delle polene di donne sirene, impressionò i locali che mescolarono le loro leggende con quelle europee. Queste credenze si estesero, con la tratta degli schiavi, anche nei Caraibi. Mami Wata ha fama di dare la bellezza e la salute e può incantare chi la incontra al punto di sembrare completamente umana (sebbene la parte inferiore del corpo sia metà pesce e quella superiore umana). A volte viene rappresentata con un serpente gigante (simbolo di fertilità) avvolto intorno a lei con la testa riposta sul petto. Anche lei, come le altre sirene, cattura gli esseri umani e li porta sott’acqua nel suo paradiso, dando loro una nuova comprensione spirituale ma sembra che poi li riporti a riva … tra l’altro anche con i loro vestiti asciutti. Si dice che dopo questo incontro, gli Umani diventino migliori, più belli e prosperi nella vita.
L’elenco delle sirene potrebbe continuare, essendo presenti citazioni di queste creature marine in tutte le civiltà. Miti di luoghi diversi che hanno come fattore comune la capacità seduttiva di questi esseri antropomorfici e la loro volontà di ricercare gli Umani, in maniera benigna o maligna, quasi cercassero una complementarietà alla loro condizione. L’accoppiamento tra umani e sirene è però spesso letale e può essere spiegato dal fatto che in molte religioni antiche gli abissi erano assimilati agli inferi (non dimentichiamoci che Poseidone era il dio del mare e degli inferi) e solo pochi potevano fare ritorno da questo letale incontro.
Se non letale, molto triste come nel caso della sfortunata sirenetta la cui storia è raccontata nella favola La sirenetta di Hans Christian Andersen.
“Ricordati, una volta che ti sarai trasformata in donna, non potrai mai più ritornare a essere una sirena! Non potrai più discendere nel mare dalle tue sorelle e al castello di tuo padre; e se non conquisterai l’amore del principe, cosicché lui dimentichi per te suo padre e sua madre, dipenda da te per ogni suo pensiero e chieda al prete di congiungere le vostre mani rendendovi marito e moglie, non avrai mai un’anima immortale! e se lui sposerà un’altra, il primo mattino dopo il matrimonio il tuo cuore si spezzerà e tu diventerai schiuma dell’acqua!“
Ma, al di là delle versioni moderne, nella favola originale, il suo amore per il suo amato principe vincerà e, piuttosto di ucciderlo, al sorgere del sole si lancerà nelle acque, dissolvendosi nella schiuma di mare. Un riscatto della malevole fama delle sirene che, in fondo in fondo, non sono poi così malvagie.
Andrea Mucedola
in anteprima La sirena e il pescatore, 1893, capolavoro di Giulio Aristide Sartorio (1860–1932) – Galleria civica di arte moderna e contemporanea, Torino, Italy
Giulio Aristide Sartorio – La Sirena, 1893.jpg – Wikimedia Commons
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
… una lettura piacevole e interessante..
Grazie Teresa. Ti ticordo che tutti gli articoli possono essere stampati e usati per fini non commerciali. In caso di riproduzione vanno sempre menzionati autori e fonte di origine (www.ocean4future.org). Una buona giornata